Ricordiamo ai lettori che dopo petizioni, interrogazioni parlamentari, manifestazioni di protesta in massa per impedire la chiusura dei consolati nelle due città, il Ministero degli Affari esteri ha concesso la grazia degli sportelli consolari in queste due circoscrizioni dove vivono, lavorano e tengono alto il nome dell’Italia due collettività che insieme contano quasi 60.000 connazionali. È valsa la pena lottare? Sembra di si. I Comites delle due circoscrizioni hanno alzato la voce seguiti in coro dai Parlamentari eletti nella circoscrizione estero. I soliti, ma efficaci nomi: Micheloni, Narducci, Garavini e il più insistente e caparbio di tutti Aldo Di Biagio. Per le strade di Norimberga, Mannheim, Saarbrücken e Amburgo abbiamo invece cercato invano nei cortei di protesta le facce  dei consiglieri CGIE eletti in Germania, ad eccezione di Mauro Montanari.
 Questa la sintesi del retroscena. Vediamo ora la situazione attuale. Da un giro di telefonate nelle due circoscrizioni a Comites, enti gestori, associazioni ed altre entità italiane sul posto, l’impressione è univoca: gli sportelli funzionano. Gli impiegati a contratto in servizio a Saarbrücken e Norimberga raccolgono le domande di rilascio dei passaporti e delle carte d’identità, si occupano degli atti notarili (ad eccezione delle procure speciali e generali e non si capisce il perchè, visto che altrove si fanno) dello stato civile, dell’ anagrafe, della cittadinanza  e, soprattutto, sono sul posto per l’assistenza di ogni genere ai connazionali in situazioni d’emergenza.
 Lavoro molto intenso, ma svolto con serenità (ce lo conferma anche Giovanni Di Rosa, presidente del Comites di Saarbrücken). In queste due nuove entità consolari sembrano  emergere in maniera più evidente, capacità, preparazione e  routine degli impiegati a contratto (italiani e tedeschi assunti sul posto). A Norimberga e Saarbrücken sembra inoltre particolarmente riuscita la formula dello sportello polifunzionale. Visto che la massa del lavoro consiste nelle richieste di rilascio della  carta d’identità e del passaporto, tutti gli impiegati sono incaricati a ricevere queste domande, evitando lunghe  file e snervanti attese. Il sistema dei reparti stagno ancora in atto (purtroppo) presso vari consolati “veri” è decisamente fallimentare.
Questa breve indagine dimostra per il momento  due cose: che vale la pena lottare per il mantenimento dei servizi consolari e che  la presenza di impiegati in carne ed ossa è inevitabile.
 Ma, come Martin Luther King, anche l’Ambasciatore Massolo, segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, ha un sogno. Il suo sogno è quello del consolato digitale, a distanza, tutto telematico. L’alto funzionario sogna l’Italiano in Germania che esce dalla fabbrica o dal cantiere, o la pensionata settantenne  con il Laptop sotto il braccio pronti a chiedere a distanza il proprio passaporto, la carta d’identità, la delega o un sussidio. Ma nemmeno l’Ambasciatore Massolo è riuscito a spiegare come si fa a   prelevare a distanza la prescritta impronta digitale per i passaporti. A sua eccellenza  forse sfugge anche  l’obbligo di firmare la propria carta di identità in presenza del funzionario addetto. Nemmeno mister Spock, quello con le orecchie appuntite dell’astronave Enterprise, riuscirebbe a smaterializzare il proprio dito per spedirlo via internet al consolato più vicino. Come ci devono riuscire i lavoratori all’estero? Chissà, forse il sogno dell’Ambasciatore  Massolo si avvererà, ma dovranno passare ancora alcuni lustri e nel frattempo andremo tutti in giro con carte di identità in cui è trascritto “Europea”  alla voce cittadinanza.
Lo sportello consolare, cioè la presenza fisica dell’ufficio consolare é pertanto al momento indispensabile e, se proprio vogliamo, lo strumento ideale verso la realizzazione di questi ministeriali sogni.
Certo è che questi due primi sportelli consolari in Germania rappresentano per ora  due ragionevoli compromessi che evitano agli italiani dolorose trasferte di centinaia di chilometri.  Tanto più il rammarico di non aver fornito anche Mannheim di uno sportello consolare. Tanto più la meraviglia che non sia fatta fin da ora chiarezza su strutture alternative ad Amburgo, se la chiusura è veramente (cosa che dubitiamo) ritenuta inevitabile e necessaria.