Tutto inizia alla fine del liceo, quando per qualcuno arriva il momento di cominciare l’università. Poco cambia per chi vive già in una città universitaria, a meno che non decida di studiare in un altro ateneo per ragioni qualitative o magari perché la facoltà prescelta si trova solo altrove.
Per quelli che vivono comunque lontani da un polo universitario, diventare fuorisede è invece un passo obbligato. Il frutto di queste scelte in Italia provoca ogni anno una gigantesca migrazione che coinvolge oltre 700 mila studenti. Si muovono per lo più da sud verso nord, dove si dice ci siano più possibilità. E comunque, non si scende mai al di sotto di Roma. Per alcuni il viaggio può essere anche di solo cento chilometri e il fine settimana ci si concede il rito del ritorno a casa.
Per altri, può arrivare anche a duemila e il ritorno in famiglia si restringe alle sole vacanze estive, di Natale o Pasqua. Per tutti, però, tra nostalgia ed eccitazione, rimane l’esperienza di lasciare casa e vecchi amici ed inaugurare l’era di una nuova esistenza, quella “cara” dello studente fuorisede! L’affitto della camera è il primo scoglio da superare. Pesa sul bilancio dal 50 all’80%. Roma è la città più cara, seguita da Milano. Meglio allora scegliere delle città più piccole; meglio anche escludere a priori l’affitto di un appartamento tutto per sé.
Vivere al centro, poi, neanche a parlarne: per una stanza singola nella periferia romana si arriva a spendere in media 400 euro al mese contro gli oltre 700 del centro storico. Tutt’altri prezzi a Catania, altro polo universitario importante, dove per una camera singola al centro ce la si cava anche con 200 euro mensili. Più si risparmia, però, meglio è, e allora molti scelgono di dividere le spese della camera con qualcun altro, sperando che il proprio compagno abbia più o meno le proprie stesse abitudini. Per quello, a Roma, si può arrivare a spendere 300 euro a persona in periferia, contro i 150 di Catania. Un terno al lotto per i proprietari, visto che il prezzo della camera non è calcolato al metro quadro ma in base al numero dei posti letto.
Il contratto è ovviamente un optional ed è già un bene se il proprietario decide di dichiarare anche solo una parte della quota d’affitto. Facendo un po’ di conti, quindi uno studente fuori sede spende, quindi, in media all’anno 4.104 euro per una camera singola e 2.718 per una doppia al nord, 4.236 o 2.886 al centro Italia e 2.844 e 1.882 euro al sud. Ma poi ci sono anche le bollette, la spesa alimentare, i libri, le tasse universitarie…E che dire dei trasporti? Per un abbonamento, a Roma, ci vogliono 30 euro al mese e l’unica riduzione prevista è paradossalmente quella per i giovani residenti.
E poi ci sono anche le spese di viaggio per il ritorno a casa, i cui prezzi arrivano anche a triplicare in prossimità delle ricorrenze. Insomma, per le solo spese basilari dei propri figli fuorisede, le famiglie italiane arrivano a spendere anche oltre 8.000 euro l’anno, circa 650 euro al mese, cioè 7.000 euro in più rispetto a quelle con un figlio che studia vicino casa.
E questo senza contare le classiche spese extra per la salute o i rari “lussi” che al proprio figlio non si possono certo negare. Ma lo sapete quanto guadagna mediamente una famiglia italiana? Il 70% ha un reddito netto medio di poco più di 2.000 euro al mese, mentre il 20% non arriva neanche a 1.300. In virtù di questi numeri e del caro vita post crisi, sempre meno studenti si possono quindi permettere il lusso di andare fuori a studiare, mentre sono sempre di più quelli che dichiarano di avere problemi economici. Nel 2009, la metà degli studenti universitari italiani svolgeva anche un lavoro.
Cameriere per pub o ristoranti è quello che permette meglio di conciliare gli orari con lo studio, almeno per chi ha seriamente intenzione di laurearsi in tempo. Si lavora a chiamata, di sera e quando decide il proprietario, e soprattutto ci si accontenta di una paga di 35 euro al sud e 50 euro al centro Italia, per otto ore di lavoro. Da lettori italiani, anche voi fuori sede, vi starete probabilmente domandando perché fino ad ora non si è ancora parlato di borse di studio o alloggi per studenti. Perché in Italia, nonostante il ben più alto tasso di aventi diritto, il numero dei posti letto convenzionati copre solo il 5% degli universitari fuori sede, contro il 10% di Francia e Germania e il 20% di Danimarca e Svezia.
E con gli ultimi tagli all’università, lo studente nostrano adesso dice addio anche alla possibilità di una borsa di studio, grande conquista italiana del lontano ‘46. In due anni, i finanziamenti nazionali sono stati ridotti del 90%, raggiungendo per il 2011 una misera quota di 26 milioni di euro. Questo vuol dire che l’80% degli studenti meritevoli e poveri d’Italia non riceveranno quest’anno quella boccata d’aria che alleggeriva le famiglie. Stessa cosa vale per le convenzioni con teatri o simili. In alcune città, gli studenti hanno dovuto rinunciare anche a questo. Questa è la storia di oltre 700 mila studenti, la cui scelta universitaria plasma irreversibilmente la propria esistenza futura.
In virtù di questo potere, a quel lettore che adesso starà pensando che lo studiare fuori sede è un capriccio più che una necessità, rispondo che questo è uno di quei sicuri casi in cui la discriminazione per fattori economici è un esempio di gestione difettosa di un Paese.