Non è un caso che nel 2014 le sia stato conferito il premio delle artiste della città di Heidelberg. Nei suoi lavori letteratura, musica classica e sonorità quotidiane, interagiscono e si fondono, trasportando l’ascoltatore in un mondo dalla visione artistica tutta particolare. L’abbiamo incontrata in occasione dei suoi due ultimi lavori in Germania: la messa in scena di Myse in Abyme presso al Semperoper di Dresda e del suo Esame di mezzanotte al Nationaltheater di Mannheim.

Quale è la storia della tua emigrazione?

Ho avuto una lunghissima formazione rispetto agli altri compositore della mia generazione dovuta al fatto che in Italia non ci sono molte possibilità. Ho studiato sia al conservatorio che all’ università (musicologia), e finiti gli studi di composizione musicale mi sono resa conto che c’erano più possibilità per me di lavorare come bibliotecario musicale nell’ambito della musica antica. Per diverso tempo ho studiato manoscritti di musica antica, paleografia musicale per arrivare a fare una serie di concorsi per ottenere un certo posto di lavoro. Prima di arrivare in Germania ho avuto un lungo periodo formativo a Parigi, dove ho conseguito un Dottorato in Musicologia (con François Le Sure) sull’influenza di Wagner nella musica francese del fine ottocento. Un percorso un po’ complesso, forse. Nel frattempo sono riuscita ad avere un posto come insegnante di Conservatorio perché per me era improponibile vivere come compositore. Alla fine di questo lungo percorso, quando avevo già 35 anni, ho provato a fare un concorso in Germania per una residenza in Germania, a Stoccarda, e l’ho vinto. Ho avuto la possibilità di ricevere una borsa di studio per un anno solo per realizzarmi nel mio lavoro di compositrice. Da questo soggiorno è nata anche l’amicizia con Christine Fischer, la manager del gruppo Neue Vocalsolisten, con cui collaboro da più di 15 anni. Forte di questa bellissima esperienza tedesca ho partecipato al concorso della DAAD e sono stata la prima donna compositrice italiana a vincere la borsa nel 2005, che mi ha permesso, per un anno di vivere e lavorare a Berlino ricevendo una borsa di studio mensile ed avendo a disposizione una casa. Ma non solo: il team del DAAD mi ha dato una grande mano di aiuto nel capire con chi un compositore può relazionarsi e a che tipi di progetti si può lavorare. Da quel momento, il mio rapporto di collaborazione con diverse istituzioni tedesche non si è mai interrotto.

Il tuo amore per la musica quando e come è nato?

Vivevo, alla periferia di Roma, in una grande famiglia, non proprio agiata, in una casa senza alcun libro, tappeti o quadri. Ma anche in questo contesto ho avuto una grandissima fortuna, perché avevo come vicini di casa una coppia straordinaria. Mario Bevilacqua, era un compositore violinista che, da giovane aveva avuto un grande successo ma che con l’età non era riuscito a mantenere la visibilità. Quando li ho conosciuto io potevo avere 3-4 anni e loro ne avevano almeno 70. Era ridotto talmente male che doveva fare l’orologiaio, riparando orologi antichi, tanto per sopravvivere. Non mi ricordo come, ma alla fine mia sorella Paola- che ora è cantante di musica antica- ed io siamo state informalmente adottate da questa coppia senza figli. Quasi tutti i giorni eravamo da questa coppia e facevamo musica con tutto quello che restava a questa persona: suonavamo su strumenti mezzi rotti leggendo da partiture mangiate dai topi. Una situazione tragica e romantica allo stesso tempo. Per me il tutto era semplicemente una situazione fiabesca: mi faceva dimenticare tutto il resto perché ero una persona felice. Studiare musica, storia della musica e riuscire a comunicare con generazione così distanti dalla mia era una situazione affascinante per delle bambine come me e mia sorella. All’età di 16 anni era chiaro per me il fatto di voler diventare un compositore. Ho trovato un maestro del conservatorio di Santa Cecilia, che con poche lezioni mi ha preparato per essere ammessa al conservatorio. Allora mi sono resa conto che, tutto sommato, il mio primo maestro, Mario Bevilacqua, per quanto fossero state informali e scoordinate le lezioni, mi aveva però messe nelle condizioni di essere ammessa al corso di composizione. Tuttavia seguire gli studi di composizione è stato un trauma: una durata di 10 anni non è proprio irrisoria. Sono gli anni che ho trascorso per fare imitazione stilistica con delle prove che non lasciavano alcuno spazio alla libera composizione. È stato molto faticoso anche perché, in un certo senso, era provinciale e distaccato dalla rivoluzione musicale in corso in Europa. Ripensandoci adesso posso dire che ho trascorso gli anni decisivi per la mia formazione in un mondo buio, chiuso, senza sapere nulla di quello che accadeva il che, forse, mi ha anche protetta perché mi ha permesso di mantenere l’entusiasmo e la curiosità verso nuovi aspetti. Qualcuno riderà, ma io sono sempre felice come una Pasqua quando mi arriva una nuova commissione, perché per me conserva ancora il fascino della novità e della sperimentazione. Ogni lavoro che faccio è un lavoro voluto, commissionato e che si realizza.

Come si struttura un lavoro su commissione?

Normalmente, come compositore, sarei io l’anima creativa. Ci sono sempre i momenti in cui preparo dei progetti che vorrei realizzare. Facile da intuire che le idee sono sempre in numero maggiore rispetto ai progetti che poi, effettivamente, realizzo. Sono cosciente che alcuni di loro rimarranno irrealizzabili, perché ci vorrebbero tempi compositivi eccessivi. Negli ultimi anni, per mia fortuna, le persone che mi hanno dato delle commissioni mi hanno sempre chiesto quali progetti avessi in mente io. Sono stata davvero fortunata per il fatto che, pur trattandosi di lavori su commissione, in qualche modo realizzavano dei progetti che avevo già strutturato a linee generali. Le persone che, negli ultimi 10 anni mi hanno commissionato dei pezzi, sono state, spesso, le stesse persone o istituzioni. Si crea tra committente e compositore, quando c’è questa esperienza che si rinnova nel tempo, una complicità diversa che permette di parlare e di discutere insieme. Capitano anche però dei progetti che non fanno parte delle mie idee: ma quando sono fatti bene, articolati e immaginati per le mie capacità che accettarli è quasi un obbligo.

Ci puoi dire qualche cosa in più su Myse in Abyme e sull’Esame di mezzanotte?

Sono due progetti importanti ed è la prima volta nella mia vita che nella stessa parte della stagione ho due prime quasi contemporanee. Questi due lavori mi hanno tenuta impegnata negli ultimi 3-4 anni. Nonostante fosse tutto pronto a inizio anno, c’è poi stata la fase di adattamento con il regista, il librettista e i cantanti.

Altri progetti?

C’è un progetto molto interessante commissionato da Deutschlandradio Kultur, prodotto da Marcus Gammel che sarà trasmesso per la prima volta proprio a dicembre. Si tratta di un “film audio”, della durata di circa 60 minuti che ho realizzato assieme alla giornalista italiana Aureliana Sorrento. Il titolo sarà Fiore di campo, da un poema di Peppino Impastato. Sarà la storia di Peppino Impastato e della sua lotta contro la mafia: si parlerà della paura della città di Cinisi soggiogata dal boss Tano Badalamenti e della battaglia del giovane giornalista e poeta che è diventato un martire per la libertà di espressione e di pensiero. Una voce narrante in lingua tedesca introdurrà e commenterà il film audio aiutando gli ascoltatori tedeschi a capire le sfumature e l tessuto delle musiche e del dialetto siciliano.

Informazioni sui progetti attuali e futuri su www.luciaronchetti.com