"La democrazia è un evento che, solitamente, provoca sbadigli nei Paesi in cui esiste uno stato di diritto e i cittadini godono di libertà di movimento e d’espressione” direbbe il premio Nobel Mario Vargas Llosa. Nei Paesi, invece, dove sono forti le ingiustizie sociali e regna l’arroganza dei potenti, l’esasperazione del popolo può portare a gesti estremi.
Mohammed Bouaziz era un giovane tunisino di ventisei anni. Laureato in Economia, di mestiere faceva l’ambulante occasionale. Il 17 dicembre 2010 Mohammed si è dato fuoco davanti alla prefettura di Sidi Bouzid, una città nel cuore della Tunisia. La polizia gli aveva sequestrato il banchetto di frutta e verdura grazie al quale riusciva a malapena a sfamare i suoi figli. Il suo gesto disperato ha innescato la rivolta dei giovani tunisini che ha costretto il presidente Ben Ali alla fuga in Arabia Saudita dopo ventitré anni di governo. La rivoluzione tunisina ha contagiato la vicina Algeria e poi l’Egitto di Mubarak.
Le rivolte sono state violente. Solo in Egitto l’ONU parla di 300 morti e più di 3000 feriti. Il malessere è stato covato per decenni e la crisi economica ha accentuato le disuguaglianze sociali. Il 72 per cento dei disoccupati tunisini e il 75 per cento degli algerini ha meno di ventinove anni. Non chiedono solo condizioni economiche e sociali migliori, pretendono rispetto e dignità da autorità che hanno abusato del potere per decenni. Vivono sotto regimi dittatoriali e corrotti e mettono in gioco la loro vita perché è l’unica cosa che gli è rimasta.
Anche in Europa i giovani stanno manifestando segni di disagio profondo e i livelli di disoccupazione giovanile sono preoccupanti. Il 25 per cento dei giovani londinesi tra i quindici e i ventiquattro anni è disoccupato. In Italia, nella stessa fascia d’età, lo è il 29 per cento. Quasi il 40 in alcune aree del Mezzogiorno. Poco prima di Natale il governo inglese ha deciso di triplicare le rette universitarie. Decine di migliaia di studenti, alcuni giovanissimi, hanno trasformato le strade attorno al Parlamento e a Westminster in un campo di battaglia.
Anche in Italia i giovani hanno protestato in massa. Negli stessi giorni in cui Londra viveva momenti di tensione, migliaia di studenti italiani si sono mobilitati contro i tagli decisi dal ministro Gelmini. L’Italia ha bisogno di un governo che si occupi dei problemi del Paese. Che si occupi di scuola e lavoro. Che faccia investimenti seri e programmati e che non chiami “riorganizzazione del sistema scolastico” un piano di tagli che rende il presente e il futuro dei giovani italiani ancora più precario.
I giovani europei non lottano più per un futuro migliore come avevano fatto i loro padri nel 1968. Ormai si battono per un presente dignitoso. La loro protesta è diventata purtroppo un atto di necessità.