Secondo l’Onu, oggi più di cento paesi sono privi di una legislazione specifica contro la violenza domestica. Nel mondo, più del 70% delle donne sono state vittime nel corso della loro vita di violenza fisica o sessuale da parte di uomini. Dati per certi versi confermati dalle statistiche italiane, secondo le quali nell’ultimo anno i “femminicidi” sono stati più di 150.
Secondo suor Eugenia, responsabile dell’Ufficio tratta dell’Unione superiori maggiori italiane (Usmi) e autrice dei libri Schiave (2010) e Spezzare le catene (2012), c’è però un altro fenomeno altrettanto grave e allarmante. “La maggior parte delle violenze ai danni delle donne – sottolinea la missionaria – colpisce persone povere e vulnerabili portate nei paesi ricchi per essere messe sul mercato, per lo più allo scopo dello sfruttamento sessuale”.
Da inizio anno suor Eugenia presiede Slaves No More, un’associazione che aiuta giovani arrivate in Italia dalla Nigeria o dall’Europa dell’est. Grazie al contributo di volontari, laici e religiosi, sono stati avviati numerosi progetti per la reintegrazione sociale e lavorativa delle vittime di tratta, sia in Italia che nei paesi di provenienza delle immigrate.
Un impegno, questo, nato anche dai 24 anni trascorsi da suor Eugenia in Kenya. “In Africa – dice la missionaria – le donne sono il perno della vita della società e della Chiesa, il palo centrale della capanna, quello che la tiene in piedi”. Un ruolo, questo, che i paesi cosiddetti “sviluppati” devono capire e imparare a rispettare. “Da noi – dice suor Eugenia – c’è la forma di schiavitù più subdola, fondata sullo sfruttamento delle persone povere; dobbiamo renderci conto che non tutto è sempre e solo compravendita”.