Berlino Kreuzberg, foto Bundesarchiv - Wikimedia

Il vescovo Joachim Wanke ha guidato la diocesi di Erfurt-Meiningen dal 1994 al 2012. Aveva otto anni quando, il 7 ottobre 1949, nel settore sovietico di Berlino, venne proclamata la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), che cessò di esistere il 3 agosto 1990. Orfano di padre, fu educato all’interno del rigido regime comunista. Nominato vescovo ausiliare di Erfurt-Meiningen da Giovanni Paolo II (1980), prima di ritirarsi per motivi di salute, diede alle stampe: Date testimonianza della vostra speranza. Incoraggiamenti per cristiani, un centinaio di pagine che sono il suo testamento.

Si costruisce il muro

Quando lo incontrai, gli chiesi che ricordo avesse di quegli anni della DDR. «Erano anni caratterizzati dall’espulsione e dalla fuga dalla Slesia. La mia famiglia abitava a Breslavia. Mia madre dovette farsi carico della famiglia dopo la morte di mio padre. La città fu evacuata e molte donne, rimaste senza marito, si comportarono da autentiche eroine. Prevaleva la lotta per la sopravvivenza quotidiana. Andammo in Turingia e non si poteva prevedere che cosa sarebbe avvenuto dopo la caduta del nazionalsocialismo».

Nel 1953 scoppiò la prima rivolta contro il regime poliziesco della DDR. Nel 1955 la Repubblica Democratica fu riconosciuta dall’Unione Sovietica.

Wanke aveva sedici anni e veniva rigorosamente educato e indottrinato all’interno del regime comunista. «La rivolta operaia del 1953 aveva messo in luce quanto deboli fossero le basi su cui poggiava la struttura del nuovo Stato. Ciononostante i carri armati sovietici garantirono fino ai tempi di Gorbaciov il dominio del Partito socialista unificato tedesco (SED) sotto Ulbricht e poi sotto Honecker. La speranza che la situazione cambiasse radicalmente si spense definitivamente in seguito alla costruzione del Muro il 13 agosto 1961».

Una piccola Chiesa impara a sopravvivere

«La nostra piccola Chiesa cattolica, in situazione di diaspora, si rendeva conto della necessità di sopravvivere. Non c’era che la parrocchia, che rappresentava l’unico luogo libero entro cui esercitare limitatamente una pastorale ecclesialmente strutturata, ovviamente con le limitazioni imposte dal famigerato controllo dei servizi di sicurezza del regime».

Quali le priorità pastorali? «Garantire i fondamenti della vita ecclesiale: celebrare le festività dell’anno liturgico e assicurare un’adeguata offerta formativa e catechetica nell’ambito delle povere strutture parrocchiali. Ovviamente la priorità pastorale era costituita dalla necessità di difendersi dall’ideologia del materialismo dialettico e storico (il cosiddetto Diamat), che riteneva la fede in Dio superata, addirittura reazionaria. Singoli fedeli, che non intendevano sottomettersi alla pressione ideologica onnipresente, subivano continue misure di persecuzione e discriminazione.

C’era però un fatto che dava coraggio ai fedeli: il clima di familiarità. I cattolici si conoscevano tra di loro, anche al di là dei confini della propria parrocchia. Sacerdoti e fedeli costituivano un’unità di vita attorno ai loro vescovi, impegnati a difendere l’unità e la libertà della Chiesa nei confronti di uno Stato preoccupato di occupare ogni spazio vitale.

Avevamo chiaramente presente la situazione delle Chiese locali che gli altri Stati dell’Est avevano profondamente diviso nel loro interno promuovendo, ad esempio, la Pacem in terris in Cecoslovacchia, l’Opus pacis in Ungheria, Pax in Polonia. Sapevamo che cosa avrebbe potuto significare la divisione all’interno della Chiesa nella DDR. A sostenerci soprattutto furono, da un lato, la consapevolezza di appartenere a una Chiesa cattolica di dimensioni universali, rappresentata dal papa a Roma e, dall’altro, la recezione del concilio Vaticano II e dei suoi insegnamenti».

La resistenza al partito

I cattolici condividevano con coloro che abitavano quella parte della Germania compresa tra i fiumi Warra e il Neisse la necessità di difendersi dal meccanismo brutale di repressione e di restrizioni attuato dal vecchio Stato-Partito. Vi era sotterraneamente una forma di resistenza all’onnipotenza del Partito, sempre tenendo presente il rischio che un tale meccanismo si rivolgesse contro la vita dei cittadini. «Si viveva allora – confessa Wanke – come all’interno di una grande prigione: chi si adattava veniva premiato, chi resisteva veniva escluso».

Ancora un ricordo dei tempi del Muro: «Tra i grandi meriti della generazione dei vescovi di allora vi è senza dubbio quello di avere garantito l’unità e la compattezza della Chiesa. L’apparato statale continuava nel tentativo di guadagnare anche tra i cattolici dei simpatizzanti del sistema socialista. In quest’ambito rientravano la Conferenza di Berlino (Berliner Konferenz) con la sua rivista mensile Incontro, mentre tra gli evangelici si affermò il Circolo di Weissensee o dei Cristiani per il socialismo.

Questi tentativi andavano però perdendo la capacità di attrazione a mano a mano che la classe politica andava dimostrando la propria incapacità di rendere attrattivo il socialismo. Ben presto un regime costruito su un sistema di menzogne e di mezze verità si avviò inesorabilmente verso la sua fase finale. Il desiderio di realizzare il “tentativo di vivere nella verità” (Vaclav Havel) aveva preso il sopravvento».

Si aprono nuovi orizzonti

L’11 marzo 1985 apparve sulla scena dell’URSS Mikhail Gorbaciov, che si circondò di uomini della perestrojka e della glasnost. Si stavano aprendo nuovi orizzonti.

Nella DDR la rivista sovietica Sputnik venne messa al bando dal regime. La ragione fu che parlava continuamento di perestrojka (ristrutturazione) e di glasnost (apertura). Il regime di Berlino era su tutte le furie. Il pensiero di Gorbaciov incideva sempre più sull’opinione pubblica a partire dalla fine del 1988 sino ai fatti dell’autunno 1989.

Era sempre più evidente che tra la realtà e la pretesa ideologica del sistema comunista si era aperto un solco incolmabile. Era arrivato il tempo delle riforme. Le Chiese e le comunità riunite nell’Associazione d’intervento delle Chiese cristiane promossero nel 1988/89 tre importanti riunioni, che definirono gli orientamenti che prevalsero nella “ rivoluzione pacifica” del 1989-90.

Il Muro, costruito sessant’anni fa, cadde il 9 novembre il 1989. Era alto 3,6 metri. Molti vi trovarono la morte nel tentativo di scavalcarlo.

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