Nella foto: Gli attori Gregory Peck e Brock Peters in una scena del film Il buio oltre la siepe (1962)

Ultimamente si parla molto di razzismo o antirazzismo, di quello che in passato furono situazioni spiacevoli, ma che facevano parte di una determinata epoca e storia; ma poco si parla di quei paesi dove il razzismo è esercitato al contrario o di quelle copertine di libri o giornali dove si raggiungono limiti davvero sorprendenti.

Quando da ragazzi fummo colpiti dal romanzo di Harper Lee “Il buio oltre la siepe”, che raccontava e denunciava le discriminazioni contro i neri negli Stati Uniti d’America, oggi in molte scuole americane e non solo, dalla California al Canada, quest’opera di denuncia razziale è stata però messa al bando. Motivazione?  Nel romanzo la parte dell’eroe la fa un bianco, l’avv. Atticus Finch, e non il protagonista Tom Robinson, un giovane di colore condannato ingiustamente. Siamo veramente all’assurdo… nel mentre in uno dei paesi simbolo dell’apartheid si è passati appunto dalla deprecata (e deprecabile) apartheid, alla negazione dei diritti costituzionali ai sudafricani bianchi.

La stessa figlia dell’ex premier Mandela, Makaziwe Mandela, in occasione della giornata internazionale intitolata al padre ha pesantemente attaccato l’African National Congress (il partito in cui Mandela si era sempre identificato), richiamando l’attenzione del mondo sulla difficile situazione sudafricana, dominata dalla corruzione che contraddistingue la politica e la gestione del paese. Tra l’altro – al termine di una lunga vicenda giudiziaria – si è arrivati recentemente all’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma che aveva raccolto il potere dopo Mandela rimanendo in carica come presidente sudafricano dal 2009 al 2018. L’arresto di Zuma, motivato dall’accusa di frodi e corruzione, ha scatenato la piazza tanto che nei giorni scorsi il governo sudafricano è stato costretto a dispiegare oltre 20.000 soldati per supportare la polizia nella gestione delle proteste scoppiate a seguito dell’incarcerazione dell’ex presidente. Nei disordini che ne sono conseguiti il bilancio delle vittime è salito – secondo il governo – ad oltre 200 morti, con più di 2.300 arresti. Il problema è che in Sudafrica ci sono etnie diverse (i “neri” non sono tutti uguali!) che si combattono da sempre tra loro e la politica è gestita per interessi tribali con i partiti politici.

Il Sudafrica travolto dalle peggiori violenze dagli anni ’90 sta affrontando la peggiore crisi degli ultimi decenni e le proteste per l’incarcerazione di Zuma, hanno portato a una spirale di violenza e saccheggi. L’arresto dell’ex presidente è stata la miccia del caos che ha portato a oltre 200 morti e centinaia di arresti. Ma le radici della rabbia affondano altrove: dai fallimenti dell’African National Congress, il partito al potere dal ’94, fino alla pandemia, visto che il Paese è nel pieno della terza ondata e la campagna vaccinale non decolla. Le manifestazioni iniziate il 10 luglio si sono trasformate in disordini diffusi anche per sottolineare le disuguaglianze e le povertà che scuotono il paese, con migliaia di aziende che sono state saccheggiate o costrette a chiudere i battenti per paura delle violenze. Finora oltre 200 centri commerciali in tutto il Paese sono rimasti chiusi a causa delle violenze, dopo che i beni esposti – dalle scorte di cibo e medicine, alle TV a schermo piatto – erano stati rubati durante incendi e saccheggi.

Scarseggiano intanto anche i beni di prima necessità e lunghe code davanti ai negozi sottolineano i pesanti contingentamenti imposti dalle autorità sui beni di prima necessità. La discriminazione contro i bianchi è palpabile, ma mentre la minoranza anglofoba si allontana dal paese, soprattutto i più giovani e professionalmente preparati, la Cina ha acquistato aziende, miniere ed una miriade di attività commerciali, controllando oggi l’economia di buona parte del paese. La comunità bianca si sente accerchiata, negli anni si sono moltiplicati gli attacchi alle fattorie isolate e soprattutto nelle zone boere cresce la protesta del “Boer Lives Matter”, il movimento che vuole tutelare la minoranza bianca che – se pur rappresenta ormai solo meno del 10% della popolazione – soprattutto nella zona “afrikaner” controlla ancora parte dell’economia e dei territori agricoli più produttivi.

È intanto fallita la riforma agraria con il conseguente spezzettamento delle proprietà assegnate ai neri che – anziché favorire la coesione nazionale – ha sottolineato le divisioni etniche e tribali con reciproche accuse di corruzioni e favoritismi. Difficile per chi non segue queste vicende rendersi conto che il Sudafrica è una nazione molto complessa e che raccoglie lingue, popoli, religioni, etnie profondamente diverse e da sempre in contrasto tra di loro.

Il periodo di supremazia bianca, che è durato oltre trecento anni, a loro volta divisi tra anglofoni e boeri, aveva sicuramente conculcato i diritti dei neri, ma aveva portato il Sudafrica alla guida economica del continente mentre oggi il paese sta sprofondando nel caos più totale e la povertà ha coinvolto la grande maggioranza degli abitanti, oltre ad un visibile decadimento delle infrastrutture. Mentre si susseguono le scelte esteriori di rottura sul passato (dal cambio dei nomi delle città a riforme costituzionali prettamente anti-bianche) la realtà è fatta di una povertà sempre più diffusa e da una violenza incredibile che purtroppo cresce incontrollata in tutto il paese. Tutto ciò dovrebbe aiutare a farci riflettere su quanto potrebbe succedere anche nelle nostre nazioni nei confronti del mancato rispetto verso le minoranze, qualunque esse siano.

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