Nella foto: Il feretro della regina durante il corteo funebre del 14 settembre 2022; sulla bara, avvolta con lo stendardo reale britannico, vi è la Corona Imperiale di Stato. Foto di © Di Katie Chan - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=123011081

Ritratto (parziale) di un personaggio apparentemente imperscrutabile che ha segnato un’era. In un discorso tenuto in occasione dell’ultima visita di Stato in Germania, il suo lascito a favore dell’unità dell’Europa

Il 19 settembre 2022, giorno dei solenni funerali della Regina Elisabetta II d’Inghilterra, il mondo ha assistito in diretta a un capitolo di storia di cui gli stessi spettatori sono stati parte integrante. Questo ha riguardato in primis milioni di cittadini britannici e in modo particolare quelli, in maggioranza londinesi, che hanno potuto vedere il corteo funebre passare davanti ai propri occhi. Con la morte di Elisabetta è terminata un’era. È esagerato dire che è stata la regina di tutti? Sì, se consideriamo la questione in termini strettamente politici e sociali, meno se lasciamo spazio all’immaginario collettivo e cioè a quel meccanismo che permette a ciascuno di noi di sentirsi parte di una comunità allargata. Una comunità che a seconda dei casi cambia dimensioni, assumendo quelle di una città, di una regione, di una nazione, di un continente. Con Elisabetta II i confini dell’immaginario collettivo erano cresciuti a dismisura, arrivando ad abbracciare il mondo intero. Lo dimostrano i circa 500 capi di Stato, presidenti, primi ministri, dignitari e notabili vari, coronati e non, presenti ai funerali e provenienti da ogni angolo del pianeta.

Ma chi era Elisabetta II?

Paradossalmente la persona più fotografata e omaggiata della terra è rimasta per molti aspetti del tutto imperscrutabile. Forse lo è stata anche per gli stessi membri della famiglia reale, a cominciare dal principe Filippo d’Edimburgo, fedele compagno di tutta la vita. Se essere imperscrutabile fosse un merito, oppure no, della regina (ma anche della donna che si celava in lei), se rappresentasse un suo punto di forza o di debolezza, sarà la storia a dirlo. La narrazione ufficiale dei 70 anni del suo regno afferma che non poteva essere diversamente. Le innumerevoli situazioni che Elisabetta, in qualità di Capo di Stato, ha dovuto affrontare imponevano la sua assoluta neutralità perché soggetta al vincolo, stabilito dalla costituzione, di non ingerenza nella politica del regno. Il Regno Unito è, infatti, una monarchia costituzionale in cui il monarca regnante non prende, per lo meno apertamente, decisioni politiche. Tutte le decisioni sono prese dal governo e dal parlamento.

Questo assetto costituzionale è il risultato di una storia secolare che ha visto la progressiva contrazione del potere politico del monarca, cominciato nel 1215 con la Magna Carta Libertatum strappata dai baroni a Re Giovanni Senzaterra colpevole di imporre tasse troppo esose. Questa caratteristica della monarchia inglese ha certamente contribuito ad avvolgere di mistero la Regina Elisabetta nei lunghi anni di regno aumentandone il fascino, ma anche esponendola al rischio di critiche e cali di consenso. Una cosa è certa: al di là della facciata patinata rappresentata dalla sontuosa cornice dei palazzi e dei castelli che erano la sua dimora, il ruolo della regina è stato oltremodo difficile e scomodo. Solo per citare alcuni degli episodi che suscitarono critiche e giudizi severi nei confronti della Corona potremmo evocare i comportamenti repressivi della politica post-colonialista che il governo inglese tenne negli anni successivi alla seconda guerra mondiale nei confronti dello Yemen, dove furono soffocati i moti indipendentisti (Operazione Nutcracker, 1964). Stessa cosa accadde in Kenia (rivolta dei Mau-Mau), mentre in Nigeria la sanguinosa guerra civile, detta anche guerra del Biafra (1967 – 1970), fu sostenuta diplomaticamente (ma anche militarmente) dal Regno Unito che aveva grandi interessi petroliferi in quell’area geografica.

Tralasciando di dilungarci su episodi ormai lontani nel tempo (ma le cui conseguenze sono visibili ancora oggi) in questo articolo vogliamo approfondire un tema più recente e che da vicino ha interessato le nazioni e i cittadini dell’Unione europea: la Brexit. Ora che la regina è morta uno dei quesiti che resteranno aperti, forse per sempre, è cosa veramente pensasse Elisabetta dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. Prima di dare una risposta a questa domanda riassumiamo gli eventi che portarono al referendum del 23 giugno 2016. La vittoria di chi sosteneva la Brexit avvenne con un margine esiguo (52% Leave – 48% Remain), un risultato che di fatto spaccò a metà il popolo e la società nel Regno Unito. Solo poche settimane dopo, il 29 luglio, il parlamento inglese pubblicò un rapporto intitolato “Disinformation and fake news” che rese pubblici i risultati di un’inchiesta indipendente che accertò illeciti nella raccolta di dati e nei finanziamenti per la campagna referendaria pro-Brexit. L’uscita formale del Regno Unito dall’Unione Europea è avvenuta il 31 gennaio 2020. Sul piano economico la sterlina si è svalutata di circa il 20% rispetto all’euro. Ma le ricadute più negative potrebbero esserci sul piano politico con la possibilità che la Scozia chieda autonomamente di rientrare nell’Ue, uscendo di fatto dal Regno Unito. Toccherà al Re Carlo III scongiurare, eventualmente, questo rischio per il Regno Unito e per la Corona.

Oggi è possibile affermare che la Brexit fu il risultato delle scelte dissennate di alcuni politici che utilizzarono a fini elettorali la questione della permanenza o meno nella Ue del loro paese. Il capofila di questi politici è stato il laburista David Cameron che nel 2014, dopo aver promesso il referendum in cambio della rielezione a primo ministro, mise la questione migratoria al centro della campagna elettorale creando di fatto un corto circuito tra elezioni e referendum. A ruota segue Boris Johnson. L’allora sindaco di Londra prima contribuì alla caduta di Cameron schierandosi a favore della Brexit, poi riuscì a diventare ministro degli esteri nel governo conservatore di Theresa May. Ma Johnson puntava a diventare primo ministro e fece della Brexit il suo cavallo di battaglia per far cadere la May e per sostituirla nel ruolo più alto della politica britannica. Sappiamo come sono andate le cose. Diventato primo ministro Johnson ha avuto comportamenti indegni della sua posizione (i festini in piena emergenza Covid e alla vigilia del funerale del principe Filippo di Edimburgo) e irrispettosi nei confronti della regina. Risultato: ennesima crisi di governo, dimissioni e successiva elezione di Liz Truss che si è insediata al n. 10 di Downing Street dopo la nomina avvenuta il 6 settembre nel castello di Balmoral, solo due giorni prima che la regina morisse.

A tutti i suddetti episodi della storia britannica recente, Elisabetta ha assistito senza muovere ciglio, senza tradire un’emozione, senza una sola affermazione che potesse rivelare i suoi pensieri e il suo stato d’animo in merito alla Brexit. Questo in patria. C’è tuttavia un episodio che è passato in sordina, che i media non hanno messo (o forse non hanno potuto e voluto mettere) in evidenza. Esattamente un anno prima del referendum la regina aveva manifestato pubblicamente il suo pensiero, solo che non l’aveva fatto in patria. Nel corso dell’ultima sua visita in Germania, il 24 giugno 2015 davanti alle massime autorità tedesche tra cui la cancelliera Angela Merkel e il presidente Joachim Gauck, Elisabetta aveva pronunciato un discorso memorabile. Un discorso in cui aveva esortato a non dimenticare la lezione della storia, “a combattere la divisione dell’Europa vigilando, per scongiurarla, sia ad Occidente sia ad Oriente del continente, a mantenere i benefici realizzati dopo la guerra”. Parole allo stesso tempo di allarme e di monito. Pochi giorni dopo Elisabetta si sarebbe recata in visita, prima volta nella sua vita, in un ex-campo di concentramento, quello di Bergen Belsen, uno dei tanti in cui si è consumata l’immane tragedia dello stermino degli ebrei. Forse il pensiero di quella visita deve averla ispirata nel pronunciare il discorso pro-Europa qualche giorno prima.

Ora che Elisabetta non c’è più e che l’Europa è nuovamente teatro di una guerra le sue parole rappresentano un lascito quanto mai prezioso.

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