Le ultime decisioni del governo tedesco

Anche se l’economia in Germania, lo Stato considerato leader dell’Unione europea, continua a tenere, nonostante l’impatto del conflitto di sei mesi e le difficoltà nella gestione della catena di fornitura, soprattutto con la Cina, le nubi all’orizzonte si fanno più scure. Sembra che la linea politica estera ed economica, che si è consolidata negli ultimi anni, tutto ad un tratto si stiano rivolgendo contro la Germania. Questo si nota soprattutto con la dipendenza della Germania dalla Russia in campo energetico così come anche il rapporto privilegiato fra l’economia tedesca e quella cinese.

L’elevata inflazione, che non riesce a essere contenuta in alcun modo, è il problema principale che preoccupa l’economia tedesca. Essa è dovuta all’aumento dei costi dei beni energetici importati dai paesi dell’unione e che si stanno propagando su tutti gli altri settori, specialmente su quello alimentare.

Per bloccare l’inflazione la Banca Centrale Europea ha deciso di modificare la propria politica monetaria con un aumento dei tassi d’interesse. L’ultimo aumento dello 0,75% risale a qualche settimana fa. Nonostante tutto, gli effetti non sembrano visibili. Da quanto comunica Eurostat, dalla fine di agosto l’inflazione, nonostante gli sforzi profusi, è in crescita rispetto al mese precedente (9,1 per cento contro l’8,9 per cento del mese di luglio) arrivando a fine settembre al 10 per cento, stabilendo il nuovo record per l’area tedesca. La componente principale di questo aumento è il settore energetico che ha trascinato verso l’alto anche gli altri settori in particolare quello alimentare.

Per quanto riguarda l’economia sono due i documenti che mostrano le difficoltà cui la Germania va incontro: il primo è della Bundesbank pubblicato verso la fine di agosto, il secondo del Business Climate Index rilasciato dall’istituto IFO il 25 agosto.

Nel documento della Bundesbank viene sottolineato come l’economia tedesca sia stata nel primo semestre del 2022 apparentemente stagnante, ma è molto interessante dove vengono sottolineati i futuri rischi economici cui la Germania va incontro, e cioè la dipendenza dal gas russo e la forte crescita dell’inflazione.

Per quanto riguarda la dipendenza dai russi, il documento parla chiaro: “Secondo gli esperti, lo sviluppo economico in Germania sarà influenzato nel terzo quarto (di quest’anno, n.d.r.) più oltre da sviluppi poco favorevoli sul mercato del gas. Quindi, gli economisti credono che la probabilità di un prodotto interno lordo in calo nell’ultimo quarto del 2022 e nel primo quarto del 2023 sia aumentata in maniera consistente”. Mentre, per quanto riguarda l’inflazione, dal documento si evince che l’inflazione sembra non volersi arrestare in alcun modo, arrivando a toccare vette acute in questo autunno: “Il tasso d’inflazione potrebbe raggiungere il 10 per cento circa nel prossimo autunno”, cosa che si è avverata in questi giorni. A peggiorare la situazione sarebbe l’andamento del rapporto euro-dollaro, con forte deprezzamento del primo.

Anche se normalmente un deprezzamento favorisce le esportazioni in medio periodo, in questo caso risulta problematico, a causa dell’aumento di prezzo dei prodotti esteri che fanno salire così il tasso d’inflazione. Un altro punto importante è che bisogna tener conto che i beni principali, da cui dipende non solo l’economia tedesca ma anche quella europea, sono legati alla valuta del dollaro, come per esempio i beni energetici.

Ciò che descrive invece il Business Climate Index (BCI) riguarda lo stato attuale e le aspettative da parte delle imprese per quanto riguarda l’economia, e rappresenta un indicatore fondamentale per capire lo sviluppo delle imprese. Infatti il dato tedesco mostra un continuo calo dall’inizio del conflitto e quello più importante risulta sulle aspettative per il futuro. Diversamente da quanto dichiarato dalla Bundesbank, secondo il BCI è previsto un calo del prodotto lordo interno tedesco già per l’ultimo quarto dell’anno e potrebbe prolungarsi fino al 2023.

Da giorni si dice: “ora bisogna fare in fretta”. La tanto discussa Gasumlage (contributo sul gas) deve essere eliminata, mentre è necessario un tetto al prezzo del gas. Visti questi dati, e dopo vari battibecchi i ministri di coalizione insieme al cancelliere Scholz hanno deciso di intervenire.

Le misteriose perdite nei gasdotti Nord Stream 1 e 2 potrebbero aver contribuito a far sì che il governo federale abbia ora annunciato un enorme programma di difesa per alleviare i consumatori e le imprese in crisi.

La questione del finanziamento è stata risolta in fretta e furia dalla coalizione, e da quanto è stato dichiarato da Lindner “la Germania prenderà in prestito fino a 200 miliardi di euro e li metterà in un fondo di stabilizzazione economica, dove il denaro dovrà essere utilizzato per uno scopo specifico. Il fondo di stabilità che si è usato per il superamento della crisi del coronavirus funge da modello”.

Con questo modello il ministro delle Finanze Christian Lindner non deve attenersi al freno dell’indebitamento (Schuldenbremse) e può quindi mantenere la sua promessa di non fare ulteriori debiti. D’altra parte, la Gasumlage del ministro dell’Economia Habeck è stata ritirata, e il regolamento per la tassa sul gas è stato bloccato immediatamente, altrimenti sarebbe entrato in vigore già il 1° ottobre. All’inizio il contributo era stato pensato per sostenere i grandi fornitori di gas, come per esempio l’acquirente di gas Uniper, che si è vista in difficoltà perché si affidava principalmente al gas russo. Visto che da Uniper dipendono molte imprese elettriche comunali, il governo federale aveva deciso di nazionalizzare Uniper – con i soldi delle tasse, e di imporre la Gasumlage ai singoli cittadini. Trovandosi il governo sotto pressione ha dovuto fare marcia indietro.

Un tetto al prezzo del gas è stato discusso da giorni. Ora Spd, Fdp e Verdi hanno raggiunto un accordo di base su tale strumento. Alla presentazione dei punti chiave in Cancelleria, il Ministro dell’Economia Robert Habeck e il Ministro delle Finanze Christian Lindner sembravano abbastanza conciliati. Allo stesso tempo però, si sono verificati attriti tra i politici dei Verdi e della Fdp, che potrebbero diventare ancora più difficili perché anche se sia stato raggiunto un accordo, la commissione per il prezzo del gas sta ancora discutendo la forma concreta del tetto massimo di prezzo, (la Commissione presenterà a breve delle proposte su come potrebbe essere strutturato il limite di prezzo).

Per quanto riguarda le centrali nucleari, probabilmente non è ancora detta l’ultima parola sul prolungamento della loro vita operativa. Il ministro dell’economia Habeck ha dichiarato che le due centrali nucleari nel sud della Germania, Isar 2 e Neckarwestheim 2, saranno attive oltre la fine della loro vita operativa precedentemente prevista per la fine del 2022, in prospettiva fino alla metà di aprile del prossimo anno. Anche se la Fdp ha approvato la proposta, i liberali ritengono che non sia sufficiente per garantire l’approvvigionamento elettrico. Il partito e il ministro delle finanze Lindner vogliono mantenere anche la centrale nucleare di Emsland facendo in modo che restino in funzione tutte e tre fino al 2024. “Questo non solo stabilizzerebbe la rete, come previsto dal Ministro dell’Economia, ma porterebbe anche più elettricità in rete e, nel migliore dei casi, abbasserebbe i prezzi” ha dichiarato Lindner.

Anche in questo caso è probabile che si verifichino dei problemi nella coalizione, i quali con questo massiccio schermo di difesa vogliono inviare un segnale di stabilità e sicurezza. Il messaggio è: “lo Stato non lascerà i cittadini da soli con la crisi energetica”. Allo stesso tempo, il pacchetto da 200 miliardi è anche un tentativo di liberazione per il Cancelliere Scholz che ha lasciato che la disputa sull’imposta sul gas si protraesse a lungo. Ora sta reagendo con un “doppio colpo” come lo chiama lui – che ricorda l’aiuto statale nella crisi della pandemia. Resta da vedere se il doppio colpo sarà efficacemente liberatorio.

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