Nella foto: Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il Cancelliere della Repubblica Federale di Germania, Olaf Scholz. Foto di ©Gov.it

Si parla di emigrazione ma nemmeno una parola sul milione di italiani che vivono in Germania.

Ormai ci siamo abituati. Ogni volta che un Capo di Governo italiano visita ufficialmente la Germania, si parla degli “stretti legami d’amicizia”, degli “stretti interessi economici”, dell’indefesso “scambio commerciale”, delle cause “comuni da perorare in seno all’Unione Europea” e via dicendo.

Proprio come un copione già conosciuto, come andare all’opera e ascoltare per l’ennesima volta quello che canta “La donna è mobile, qual piuma ecc. ecc.”.

Molta cortesia, poco entusiasmo, e mai nessuno che schizza dalla sedia per aver sentito qualcosa di nuovo. Ovviamente, non mancano gli accenti personali attorno all’uno o altro Capo di Governo di turno… di turno sì poiché da noi in Italia l’impiego di Capo di Governo, negli ultimi decenni, è sempre stato a tempo determinato, una specie di contratto rinnovabile ogni sei mesi, durata massima due anni.

La stampa tedesca non riesce a fare a meno di attingere al miliardo e mezzo di pregiudizi e luoghi comuni sull’Italia e sul modo di gestire la politica a modo nostro.  

Ai tempi del Governo Monti, i tedeschi si entusiasmavano perché “finalmente una persona seria” teneva le redini di un Paese “economicamente allo sbando” con un gusto un po’sadico per le sferzate che quel governo impose agli italiani al servizio del Diktat europeo.

Poi Silvio Berlusconi, col telefonino in mano che faceva aspettare la Cancelliera Merkel, e partivano una serie di risolini tedeschi a dimostrazione di quanto maschilisti sono i soliti italiani. Ai tempi di Letta e Renzi tutti contenti di vedere questi soldatini in fila per quattro con l’uniforme dell’Unione Europea, e via dicendo.

Poi è venuta Giorgia Meloni, subito bollata come “Fascista addomesticata”. I tedeschi, parlano di fascisti addomesticati. Loro, nel frattempo, i neo fascisti, quelli veri, li hanno messi in Parlamento con una AFD al 15% dei consensi mentre i servizi segreti li tengono sotto osservazione perché sovversivi sospettati.   

Vabbè, ci siamo abituati, il piatto di spaghetti con la pistola automatica sul sugo dello Spiegel fa parte del bagaglio sulle nostre spalle di italiani in Italia e d’Italiani in Germania.

E, a proposito di italiani in Germania, siamo giunti nel frattempo a quota un milione.   

Il cancelliere Scholz e la Presidente del Consiglio Meloni, nella conferenza stampa del 3 febbraio, si sono messi a parlare anche di emigrazione.

Qualcuno di noi è sussultato. Caspita, parlano di noi?

Macché, qui quando si parla di emigrazione si parla dei barconi nel mediterraneo. Noi, emigrati dall’Italia in Germania ininterrottamente da settant’anni, noi non facciamo numero per nessuno, nonostante continuiamo a venire in Germania in cerca di lavoro e spesso in condizioni di disagio. L’etichetta di emigrati, che ci piaccia o no, è ancora azzeccata sulla nostra pelle.

E non c’è alcun bisogno di piagnucolarci sopra perché la nostra è anche una storia di orgoglioso successo. Siamo venuti qui in cerca di lavoro e nel frattempo siamo spesso noi a creare lavoro in Germania. Abbiamo influenzato il mondo dell’economia e della cultura tedesca come nessun’altra comunità di stranieri.

In poche parole ci siamo. Ed ecco il punto: ci siamo e nessuno se ne accorge, nessuno ci dice nemmeno ciao, come state?

Nessuno, che sia stato Prodi, Monti, Letta, Renzi, Berlusconi, Conte, nessuno di loro, ogni volta che hanno messo piede in Germania, ha mai detto pubblicamente: saluto i miei connazionali che in Germania vivono, lavorano e contribuiscono quotidianamente alla crescita di questa nazione che li ospita!”  

E che ci vuole? Quindici secondi rubati ai discorsi ufficiali. Un saluto, un gesto di attenzione, una semplice dichiarazione di riconoscimento.

E, devo essere sincero: non mi meraviglia che gli altri capi di governo non lo abbiano mai fatto. Mi meraviglia però che Giorgia Meloni non ci abbia pubblicamente e ufficialmente salutati.

Da una Giorgia Meloni me lo sarei aspettato perché una cosa è chiara: sin dai tempi di Mirko Tremaglia e di Gianfranco Fini al Dicastero degli esteri, l’approccio della “destra” verso gli italiani all’estero è stato sempre più sentimentale rispetto agli atteggiamenti “pragmatici e macroeconomici” degli altri. Sentimentale? Si sentimentale e sapete una cosa? Un po’ di sentimento non fa male a nessuno.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here