Sono tutti accusati di tacere o minimizzare le news che non fan comodo all’establishment. Anziché fornire notizie preferiscono dare delle lezioni

Il 60 per cento dei tedeschi non ha fiducia, o non del tutto, su quanto legge o sente alla radio e alla tv.
«I temi che mi stanno a cuore non vengono più presi sul serio dai media». In un sondaggio d’opinione, uno su quattro è d’accordo, uno su tre in parte, in totale quasi il 60per cento non ha fiducia o non del tutto su quanto legge o sente alla radio e alla tv. Dove? Non in Italia, ma in Germania, che è ancora il paradiso della stampa, almeno in rapporto al resto d’Europa. Artus Krohn-Grimberghe, 37 anni, non legge più da tempo la “Frankfurter Allgemeine”, uno dei più autorevoli quotidiani d’Europa, da cinque anni ha disdetto l’abbonamento allo “Spiegel”, e confessa di seguire molto di rado il “Tagesschau”, il telegiornale. Un qualunquista? No, è un giovane professore all’Università di Paderborn e insegna Analystiche Informations system und Business Intelligence, non occorre tradurre. Uno specialista, un addetto ai lavori. «Sono stufo, invece di informarmi, tutti cercano di spiegarmi cosa dovrei pensare», dichiara. Anche in Germania, i mass media non sono più quelli di una volta.

Per fair play bisogna subito dire che leggo le sue dichiarazioni proprio sullo “Spiegel”, che fa una sorta di esame di coscienza professionale, in un lungo articolo intitolato «Die Wut der klugen Köpfe», la rabbia delle menti intelligenti. I lettori ce l’hanno con noi? Tutti i temi più recenti, dalla crisi in Grecia alla Siria, all’esodo dei profughi, al populismo crescente in Europa, Germania compresa, sui giornali e in tv non hanno alcun rapporto con la realtà.

Lügenpresse, stampa bugiarda, l’accusa è vecchia. Ma non è condivisa dal professore: è una questione di qualità professionale. Da sempre, chi informa cerca di comunicare le sue idee, e volutamente o no tende a manipolare il lettore. Il problema è come lo fa. Oggi, ci si rivolge a un pubblico che è cambiato in modo radicale. Ci si informa sul web, su Facebook o altrove, e si lamenta il trionfo delle fake news, ma i giornalisti dovrebbero contrastare il trend con ben altra autorevolezza.

Il sondaggio è stato compiuto dall’Istituto Gutenberg dell’Università di Magonza. Alla domanda «i media hanno perso il contatto con la gente?», il 18 per cento risponde di sì, il 34 è d’accordo in parte, il 45 risponde di no. Una percentuale soddisfacente? Ma anni fa la fiducia nei media era sopra il 70 per cento. Alla domanda «la mia percezione di quanto avviene è diversa da quanto viene riferito dai media?», il 36 per cento è d’accordo, il 35 in parte, e solo il 26 risponde di no.

La stampa cerca di assecondare i politici, invece di riferire i fatti. Inevitabile, riconosce Krohn-Grimberghe, che ognuno interpreti gli avvenimenti secondo le sue idee, ma non si dovrebbe manipolare quanto avviene, o addirittura censurarlo. Il 27 dicembre a Kandel, 10mila abitanti nel Palatinato, una quindicenne è stata uccisa a pugnalate da un profugo afgano di 17 anni, accolto a casa dai genitori. Il telegiornale non ne ha parlato, poi per rispondere alle proteste, il direttore ha cercato di giustificarsi sostenendo che non si parla di fatti di cronaca. Ma, ribatte il professore di Paderborn, quattro anni prima si era dato enorme risalto a Tugce, ragazza turca uccisa dai familiari perché voleva vivere all’occidentale.

A Kandel si è accertato che l’afgano non è minorenne ma ha almeno 22 anni (37 mila sono i profughi minorenni ma almeno un quarto mente sull’età, e non viene controllato) e quasi ogni week end nella cittadina avvengono manifestazioni di estremisti contro la politica dell’accoglienza. Solo un esempio. Si preferisce non riferire fatti che potrebbero far aumentare il consenso dei movimenti populisti. Lo “Spiegel” nell’articolo dà ampio risalto alla protesta di un lettore, Hartmut Richter, 67 anni, che spiega perché non compra più il settimanale. Un redattore è andato a trovarlo, abita a Sergen, 400 abitanti, nella ex Germania Est, dove non è stato accolto neanche un profugo. Perché gli abitanti sono razzisti? «A Sergen non abbiamo un medico, non abbiamo un negozio di alimentari, non c’è un’osteria, e internet è lentissimo. Per un profugo condizioni di vita inaccettabili», spiega ironico Richter, «hanno ragione, ma nessuno si preoccupa di noi tedeschi che viviamo qui». I media dovrebbero raccontare, informare, riportare i fatti e le varie versioni, invece di impartire lezioni, o accusare di razzismo, populismo, comunismo chi non segue la linea di pensiero dominante.

Una buona lezione di giornalismo da parte dello “Spiegel”, che fa autocritica. Ma oggi, mentre Trump lancia missili contro la Siria, sulla rivista non troviamo un articolo che si chieda se è credibile che Assad abbia usato i gas, o se si tratta di una fake news. Perché porsi il dubbio non è politicamente corretto?

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