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Riarmo in Europa – Vertice Nato – Parlamento europeo: risoluzione, art. 167 su attuazione politiche di sicurezza e di difesa comune.
Scuole di pace – Scuola di pace di Verona – Scuola di pace di Monte Sole – Arena di Pace – Marcia Perugia Assisi – Obiezione di coscienza – Papa Leone XIV e papa Francesco.


Che cosa sta succedendo? Tutti i giorni sentiamo parlare di guerra. Le guerre sono in atto, anche vicino a noi, l’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina, stato sovrano, il massacro della popolazione palestinese di Gaza ad opera del governo di Netanyahu. Per non parlare di altri conflitti nel mondo. Quanti sono? 56 sono le guerre in atto oggi nel mondo. L’Europa, che qualcuno ha chiamato con amara ironia, Europa-Nato, si arma: i paesi Nato (32) si sono accordati al vertice dell’Aia di fine giugno di aumentare le spese militari al 5% del loro Pil entro il 2035 (3,5% armi, soldati, equipaggiamento; 1,5% per le infrastrutture, la cyber sicurezza le telecomunicazioni). Ingentissime somme di denaro sta sbloccando il governo tedesco (partiti dell’Unione e socialdemocratici) per creare “il più forte esercito convenzionale d’Europa” – ha detto il cancelliere Friedrich Merz. La Germania lo deve per popolazione, importanza economica, per posizione, ha aggiunto il cancelliere, tirando una riga sulla lunga, fondata e solida politica pacifista del Paese che ha trovato largo sostegno nella popolazione, dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale, causata da Hitler.
Per ricordare qualche coordinata storica: il partito dei Grüne, fondato nel 1980, aveva nel pacifismo uno dei suoi cardini.

Per non parlare dell’Italia dove, secondo i recenti dati Istat, il deficit è allo 8,5% del Pil (+0,3% rispetto al 2024) e, in base agli accordi Nato, la spesa militare dovrebbe arrivare ai 100 miliardi all’anno. Nel 2024 è stata di 35 miliardi, il che significa aumentarla ogni anno di sei, sette miliardi. In un Paese, dove la sanità, la scuola, il dissesto idrogeologico, i danni ambientali, alle persone, alle case e alle infrastrutture, dovuti a eventi climatici estremi sono sempre più frequenti, e sono urgenti e necessari interventi strutturali, lungimiranti e a lungo termine, in un Paese dove gli stipendi sono i più bassi fra i Paesi occidentali dell’UE e c’è molto lavoro precario e povero, dirottare enormi somme di denaro per il riarmo e la difesa non può che significare un taglio al welfare e un rischio reale di ulteriore impoverimento della popolazione. In entrambi i Paesi, Italia e Germania l’ipotesi di reintroduzione del servizio militare obbligatorio non è più remota.

C’è un altro aspetto che probabilmente farebbe rivoltare nelle tombe i padri fondatori del progetto europeo: la campagna di informazione militare entra nelle istituzioni scolastiche. È successo con l’articolo 167 della risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile scorso dove si “chiede di mettere a punto programmi di formazione dei formatori (cioè degli insegnanti) e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell’UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili”.

C’è chi vede in tutto questo, un incentivo della cultura della difesa, resa necessaria in un mondo multipolare e instabile. L’idea sottostante è che il riarmo sia un deterrente contro possibili aggressioni.
C’è chi invece vi teme una normalizzazione dell’idea di guerra, un legittimare il militarismo a scapito dei valori di pace, di non violenza, di risoluzione dei conflitti con le armi della diplomazia, valori che sono a fondamento della Costituzione della Repubblica italiana e Federale tedesca e dei trattati dell’Unione europea. Senza contare che, come ci insegna la storia, il riarmo innesca una spirale pericolosa di sfiducia reciproca fra i paesi vicini.

Questo repentino cambio di passo in Europa sta passando un po’ in sordina, senza dibattito politico nelle istituzioni. Sia ha la sensazione che l’Europa abbia abdicato a una realpolitik di reazione impaurita e paralizzata.

E che effetto fa su di noi tutto questo?
Ci stiamo abituando all’idea che la guerra sia prima o poi inevitabile?
Stiamo cominciando a pensare che gli ottant’anni di pace invece di essere un buon inizio, siano una eccezione?
Le nostre coscienze si stanno militarizzando?

È probabile. Il mantra che sta penetrando nelle menti è che una guerra sia possibile in Europa. E come funziona questo meccanismo? Con il modo più semplice che esiste: infondere paura. Infondere paura in un nemico alle porte.

Su questi temi, due suggerimenti. La relazione del professore Rainer Mausfeld “Warum schweigen die Lämmer?” su Youtube sul generare paura come tecnica di dominio. Intervento non recentissimo che si tenne presso la scuola di cultura DAI, Deutsch-Amerikanisches Institut di Heidelberg! ma un tema così non invecchia anche se sembrano trascorsi anni luce. Molto più recente, di pochi giorni fa è l’intervista della Neue Zürcher Zeitung al professore Jörg Baberowski, storico dell’Europa dell’Est, docente alla Humboldt di Berlino: “Haben Sie Angst vor Russland, Jörg Baberowski?”. L’intervista è anche podcast su Spotify.

Allora che fare? Non si tratta qui di fare geopolitica o di demonizzare il tema difesa, ben sapendo quanto la destabilizzazione dei Paesi, e anche nei nostri europei ben sappiamo, avviene sul piano della cyber sicurezza e della propaganda antieuropea che si veste di sovranismo. Qui si vuole parlare di cultura del dialogo e cultura della pace, una via che è un’alternativa reale per uscire da un orizzonte di pensiero sempre più plumbeo e che alimenta in tutti noi un grande senso di impotenza e di sfiducia. Imparare la pace, a gestire i conflitti in maniera non violenta, coltivare la pace. Tutto ciò non è utopia, moltissimi sono i soggetti che operano in questo modo. Non hanno potenza mediatica ma sono tutt’altro che irrilevanti.
Esistono in Italia molte scuole di pace, molte associazioni che operano per la pace.

Arena di Pace

A Verona si tiene periodicamente l’Arena di pace. L’anno scorso vi hanno partecipato 12.000 persone, oltre 200 movimenti, associazioni, reti attive nella costruzione della pace attraverso la non violenza. Ne citiamo alcuni: Medici Senza Frontiere, Emergency, molte comunità cristiane di base, Pax Christi, Fondazione Finanza Etica, Rete dei Comuni per la Pace, Beati costruttori di pace, Azione cattolica, Acli, Anpi, Mediterranea Saving Humans, Comunità di Sant’Egidio, Movimento non violento, Rete Pace e Disarmo. Il 30 maggio di quest’anno papa Leone XIV ha incontrato i rappresentanti dei movimenti pacifisti e nonviolenti, inclusi quelli che avevano partecipato all’Arena di Pace lo scorso anno, ribadendo la nonviolenza come stile di vita e di azione, in sintonia perfetta con il suo predecessore.

L’anno scorso a Verona era stato invitato papa Francesco che disse: “se c’è vita, se c’è una comunità attiva, se c’è un dinamismo positivo nella società, allora ci sono anche conflitti e tensioni. È un dato di fatto: l’assenza di conflittualità non significa che vi sia la pace, ma che si è smesso di vivere, di pensare, di spendersi per ciò in cui si crede”.

Sulla scia di questa Arena della pace a Verona (2024) e su richiesta di Francesco è nata una Scuola di pace e di non violenza.
Tre sono i soggetti fondatori e promotori di questa scuola: la diocesi di Verona, con il vescovo Domenico Pompili, la Fondazione Toniolo (istituzione culturale della diocesi di Verona), con don Renzo Beghini, e il Movimento non violento italiano (una delle più importanti associazioni italiane che promuove la non violenza su esempio di Ghandi), con il presidente Massimo Valpiana.
I cardini della scuola sono che la pace si impara e che si debba insegnare perché la buona volontà non basta e come tutte le scienze e le arti umane anche la pace va studiata dal punto di vista storico, giuridico, ecologico eccetera. Da gennaio a marzo si sono svolti i primi corsi su pace e non violenza. Questa estate i corsisti andranno in Lituania a studiare i casi di obiettori di coscienza bielorussi, rifugiati nella repubblica baltica. La scuola di pace e di non violenza per l’autunno sta organizzando un convegno su Alexander Langer, nel trentennale dalla morte, ricordando il suo operato nella guerra della ex Jugoslavia (in questi giorni ricorrono 30 anni dal genocidio di Srebrenica).

La pace non è starsene con le mani in mano, è la cosa più attiva che si possa fare. Pacifismo non è un’attitudine passiva. Parte da una presa di coscienza ben precisa di non agire per la guerra e contribuire a mettere fine ai conflitti con azioni di mediazione, di dialogo, di diplomazia.

Oggi più che mai la pace non è scontata e il pacifismo opera concretamente. Si lavora per la pace quando si riconosce il conflitto. Un altro esempio: la Scuola pace di Monte Sole.
Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 si compì la strage di Marzabotto dove per rappresaglia i soldati della Wehrmacht, le SS e fascisti con divise da truppa tedesca, uccisero 1.830 persone. Marzabotto fu il paese più colpito, la strage è conosciuta anche come eccidio di Monte Sole. Nei luoghi di quella strage efferata, nei boschi di Monte Sole sorse nel 2002 una scuola di pace, per educare alla memoria e alla cittadinanza, per educare ai diritti umani e alla trasformazione non violenta dei conflitti. Nel Consiglio di amministrazione fanno parte rappresentanti delle istituzioni locali, della regione Emilia-Romagna e del Land Hessen, gemellato con la Regione italiana.

La scuola di pace di Monte Sole organizza corsi per giovani e per adulti. Uno dei punti centrali per costruire il dialogo è la decostruzione degli stereotipi sull’altro e di comprendere come si formano i pregiudizi. Un punto di vista “monolitico” sull’altro è “uno dei più potenzi meccanismi potenziali di violenza”.

Movimento non violento
Fondato da Aldo Capitini (1899 – 1968), considerato il padre della non violenza in Italia, fondatore oltre che del suddetto movimento, anche della marcia di pace Perugia – Assisi che si tiene ogni anno a ottobre. Tra le attività concrete e attuali del Movimento attualmente c’è il sostegno ai giovani russi, ucraini e bielorussi che scelgono l’obiezione di coscienza. Molti sono costretti a lasciare il loro paese per non essere perseguiti come disertori. In Bielorussia, paese non in guerra, l’obiezione di coscienza è punita con la morte. Il Movimento, come ha detto recentemente il presidente Massimo Valpiana ai microfoni Rai di Uomini e profeti, opera per “il riconoscimento dello status di rifugiati politici per questi giovani che sono costretti a fuggire dal loro Paese e l’Europa ha il dovere di ospitarli perché ha riconosciuto come principio cardine fondamentale dei diritti umani, l’obiezione di coscienza. Le istituzioni europee non hanno ancora approvato un decreto di accoglienza e sarebbe facile farlo”. Dopo il 7 ottobre 2023 questa campagna si è allargata sul fronte della Palestina per sostenere gli obiettori e disertori dell’esercito di Israele e dei resistenti non violenti palestinesi.

Questi giovani sono i pionieri dei futuri accordi di pace. La pace passerà attraverso testimonianze di questo tipo. Per fermare la guerra bisogna non farla, per non uccidere bisogna non sparare. Loro sono i testimoni che già questo avviene, ha aggiunto Valpiana.

Obiezione di coscienza

In una lettera al presidente della Repubblica 7.471 (al 13 giugno) cittadini e cittadine italiani hanno espresso obiezione di coscienza: no al riarmo, al rispristino del servizio militare, ai nuovi obiettivi Nato e ReArmEU. https://www.azionenonviolenta.it/obiezione-alla-guerra-ce-chi-dice-no-5306-dichiarazioni-per-mattarella/.

In Germania la DFG-VK, la Deutsche Friedengesellschaft che, come il Movimento non violento italiano fa parte della rete internazionale WRI (War Resisters’ International), ha sulla homepage informazioni su come scrivere una lettera di obiezione di coscienza, nel caso giovani fossero chiamati al servizio militare in Germania.
L’organismo della chiesa evangelica EAK (Evangelische Arbeitsgemeinschaft für Kriegsdienstverweigerung und Frieden) ha pubblicato in primavera una brochure scaricabile dal titolo “Finde dein Weg” (trova la tua strada), per aiutare i giovani a scegliere consapevolmente, a seguire la propria coscienza e che cosa fare nel caso si scelga l’obiezione di coscienza.

Pace disarmata e disarmante

Nei giorni scorsi è rimbalzata sui media, la domanda che una giovane donna e madre, Zaira, ha rivolto a papa Leone XIV: “Cosa ne sarà se tutto verrà travolto dalla guerra?”, una domanda angosciosa che tutti abbiamo. La pace disarmata e disarmante, parole del Papa nel primo discorso nel giorno della sua elezione al Soglio pontificio, diventa nella risposta alla giovane Zaira un appello “al dialogo ad ogni livello, per promuovere una vera cultura dell’incontro e non dello scontro”. “Saper coniugare la preghiera con i gesti coraggiosi necessari e con la pazienza faticosa dei piccoli passi”.

Gesti coraggiosi e necessari pazienza faticosa dei piccoli passi.