Si potrebbe oggi più che mai parafrasare la famosa frase: “Carneade! Chi era costui?” come ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un “libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata”. “Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?” Tanto il pover’uomo era lontano dal prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo! Così per chi utilizza un’arma impropriamente e senza cognizione di causa, proprio perché ci sono i numeri che danno ragione ed i numeri dell’ultima sparatoria in un liceo americano, in Florida, sono spaventosi: 17 morti e 15 feriti.

L’autore, un diciannovenne con problemi comportamentali, era stato da poco espulso dall’istituto. E davanti all’ennesima strage, l’America torna a dibattere sulla questione del porto d’armi, un diritto tutelato dalla Costituzione, e sui suoi numeri. Quelli, soprattutto, che riguardano le vittime delle “shooting mass”. Un esempio? Gli Stati Uniti non si distinguono da altri Paesi per quanto riguarda il numero complessivo degli omicidi. Ma tutto cambia se consideriamo le morti causate da armi possedute da civili.

• Gli Stati Uniti registrano un numero di omicidi da arma da fuoco sei volte maggiore rispetto al Canada e quasi 16 volte maggiore rispetto alla Germania;

• In America vive il 4,4% della popolazione del mondo. Ma anche circa il 50% dei civili che possiedono un’arma;

• Sono passati poco più di 5 anni dal massacro all’interno della “Sandy Hook Elementary School”. Anche allora fu un ventenne a sparare, Adam Lanza, causando la morte di 27 persone di cui 20 bambini tra i 6 e i 7 anni. Da allora negli Usa ci sono state più di 1.500 sparatorie di massa;

• In media, in tutto il Paese, si registra più di una sparatoria di massa al giorno;

• Gli Stati che hanno adottato leggi più severe sul controllo delle armi, soprattutto del nord-est del Paese, hanno registrano un numero inferiore di decessi correlati alle armi da fuoco;

• In America tutti gli omicidi, anche quelli da arma da fuoco, sono in diminuzione negli ultimi decenni;

• Quando si parla di morti da arma da fuoco si registra ancora un numero maggiore di suicidi rispetto a quello degli omicidi. Com’è facile da intuire, il numero cresce negli Stati dove è più facile ottenere un’arma;

• I programmi che limitano l’accesso alle armi constatano una diminuzione netta del numero dei suicidi. Uno studio, in questo caso fatto in Australia, mostra numeri assai sorprendenti;

• Negli Stati dove è più facile procurarsi un’arma, infine, si registra anche una quantità maggiore di agenti di polizia uccisi in servizio.

Ecco allora che da questa prima analisi riprodotta da Vox, si comprende come non è possibile tollerare l’uso delle armi come soluzione a qualsiasi problema, un qualcosa che dovrebbe far riflettere tanto anche nel nostro paese (l’Italia è nel gotha mondiale della controversa classifica della produzione, vendita e acquisto di armi) in vista delle elezioni e di chi vorrebbe, anche con argomentazioni giuste ma sicuramente eticamente non accettabili, farsi giustizia come ai tempi del Far West. Si calcola, ad esempio, che 89 americani su 100 posseggono armi leggere.

Gli Usa sono il primo paese al mondo, sia come esportatori che importatori, di armi civili. Il 50% delle vittime sono afroamericani, poi giovani tra i 18 e i 35 anni, un terzo sono giovanissimi, sotto i 20 anni. In 40 dei 50 stati d’America è garantito il diritto di possedere e usare armi, come scritto nel secondo emendamento della Costituzione. Una frase celebre e orribile del gerarca nazista Joseph Goebbels riassume bene quel che accade ai giorni nostri, nelle famiglie americane: “Possiamo fare a meno del burro ma, nonostante tutto il nostro amore per la pace, non possiamo fare a meno delle armi. Non si può sparare con il burro”.

Negli Stati Uniti si verificano omicidi con armi da fuoco più che in ogni altro paese sviluppato. E il numero di americani che possiedono 10 o più armi in casa è maggiore del numero di abitanti dell’intera Danimarca. Negli Stati Uniti ogni anno oltre 30.000 persone rimangono uccise dalle armi da fuoco. La media giornaliera è di 30 vittime. L’omicidio, negli Usa, è la seconda causa di morte tra i giovani con età compresa tra i 15 e i 24 anni e la principale per gli afroamericani di quella stessa fascia di età. Tale sovrabbondanza di armi costituisce un ottimo supermercato per la delinquenza, che si rifornisce in vario modo. Non va dimenticato, per altro, che ad esempio il primo cliente italiano nell’export di armi leggere sono proprio gli Stati Uniti, presso i quali i narcotrafficanti latinoamericani riforniscono i propri arsenali, passando la frontiera meridionale con ingenti partite di droga. Quindi armi = delinquenza = violenza = terrorismo = morte.

Ecco perché è opportuno agire il prima possibile per contenere il fenomeno e soprattutto per rendere il sistema dei controlli più efficace di quanto sia ora. Forse, però, il problema più complicato da risolvere non è soltanto giuridico, o politico, ma soprattutto e principalmente sociale. Ciò su cui bisognerebbe agire è l’idea stessa della necessità di avere armi.

La sfida maggiore che gli Stati Uniti, ma non solo, anche altri paesi del mondo, hanno di fronte oggi. Bisogna capire che il possesso di armi non garantisce maggiore sicurezza, anzi esso stesso aumenterà i rischi e il numero di vittime, portando solamente dolore su dolore e sofferenza non indifferente in tantissime famiglie nel mondo, garantendo solo la ricchezza e “felicità” di pochi e non la felicità e lo sviluppo della famiglia umana.

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