Spetta ora agli automobilisti tedeschi pagare il conto dell’arroganza dei manager dell’auto e della miope politica del governo di Berlino. Profitti record e primati di produzione sono stati i due precetti che negli ultimi vent’anni hanno ispirato la politica dei tre grandi gruppi automobilistici tedeschi. Il rispetto dell’ambiente? Un fattore secondario

L’irresponsabile manipolazione dei gas di scarico nei motori diesel Volkswagen scoperta più di due anni fa negli Usa ha indotto ora il tribunale amministrativo federale di Lipsia ad autorizzare le città tedesche a proibire ai fini della difesa della salute dei suoi cittadini la circolazione delle vecchie auto diesel. L’inappellabile decisione, presa su richiesta dell’organizzazione “Deutsche Umwelthilfe” è destinata modificare radicalmente la struttura e la strategia dei trasporti individuali con l’ auto. Il ministro tedesco dell’Ambiente, Barbara Henricks, aveva recentemente precisato che la modifica del software dei motori diesel sarebbe stata soltanto un primo passo verso propulsori in grado di garantire il rispetto dei limiti di tossicità previsti dalle leggi comunitarie europee. Immediatamente dopo però si sarebbe andati obbligatoriamente “al sodo”. Puntualmente, la vera e propria bastonata sulle vecchie auto diesel molto inquinanti è arrivata a fine febbraio con una sentenza del Tribunale Amministrativo Federale di Lipsia che impone alle città tedesche di assicurare ai suoi cittadini un’accettabile qualità dell’aria che respirano, se necessario anche con il divieto della circolazione delle auto diesel. Di riflesso il Tribunale di Lipsia chiede anche all’industria automobilistica una più adeguata e responsabile messa a punto meno inquinante dei suoi motori diesel.

Disinteresse ambientale

Il diesel non ha più pace ormai dall’autunno del 2015 da quando le autorità americane, convinte di avere in mano le prove del software truccato nei motori diesel Volkswagen, hanno inflitto alla Volkswagen multe miliardarie. Una svolta preoccupante nel clima dei rapporti economici con gli Usa e che però in Germania e in Europa almeno fino al febbraio di quest’anno ha avuto soltanto modeste ripercussioni. Il gruppo Volkswagen, il quale per quanto concerne gli automobilisti europei continua a rifiutare qualsiasi forma di risarcimento finanziario, si dichiara disponibile a modificare e ad aggiornare il software dei motori diesel soltanto se saranno i proprietari a pagare il conto. Le auto diesel sarebbero così messe in grado di garantire gas di scarico con un livello di biossido di azoto (NO2) rispettoso delle norme previste che l’Unione Europea sin dal 2010. Norme che nella sostanza sono state sinora ignorate da tutti gli Stati europei ma in modo particolare dalla Germania dove circola il maggior numero di auto diesel. Abbiamo a che fare con un inaudito scandalo di una potente importante e influente industria che nell’ultimo ventennio ha sempre reagito con un’alzata di spalle ai segnali d’allarme lanciati dalle istituzioni ecologiche che denunciavano un preoccupante e insostenibile trend per l’ambiente. Un’industria che sostenuta dalla potente lobby continua a giurare sui vantaggi di un diesel “evidente vittima di una campagna denigratoria messa in atto da alcuni locali fanatici ecologisti” e “sostenuta dagli industriali americani perché sarebbe un prodotto tipicamente europeo”. Comunque sia, i divieti di circolazione nelle varie città tedesche (le prime saranno probabilmente Amburgo, Düsseldorf, Stoccarda e Monaco) scatteranno presto perché la sentenza del Tribunale di Lipsia è definitiva e non lascia spazio a possibilità di appello. Le varie amministrazioni comunali hanno già oggi carta bianca qualora volessero passare dalle parole ai fatti. Si può dare quindi per scontato che molte grandi città tedesche al più tardi prima dell’inizio dell’estate attueranno, chi prima e chi dopo, divieti di circolazione nelle strade e nell’aree di loro competenza.

Imperdonabile arroganza

Naturalmente, al fine di evitare il prevedibile pericolo di quello che in tedesco si definisce un “Flickenteppich”, vale a dire una soluzione disorganica a un problema che ogni città tedesca potrebbe essere tentata di risolvere a modo suo, anche il governo di Berlino non starà inattivo ma sosterrà e coordinerà a livello federale gli sforzi e le iniziative comunali. Compito non facile, stando alle affermazioni di un portavoce della polizia che avrà il compito di controllare se le auto diesel in transito in un strada o zona ad alto inquinamento di NO2 siano debitamente aggiornate (Euro 6 o Euro 5) e in grado di rispettare i limiti d’inquinamento previsti dalle leggi dell’Unione Europea. Gli organi di polizia delle 66 città tedesche, che stando alle statistiche denunciano un alto tasso d’inquinamento , sono stati concordi nell’affermare di non disporre assolutamente di personale cui affidare l’incarico della sorveglianza. Il compito potrà essere eventualmente agevolato da un ben visibile “bollino blu” (blaue Plakette) applicato sul parabrezza delle auto. Ne avranno diritto soltanto quelle equipaggiate con un motore diesel norma Euro 5, debitamente aggiornata, e le auto con motore Euro 6. Resta chiaro, dopo la sentenza del Tribunale di Lipsia, che la decisione su un divieto di circolazione in una strada o in una zona molto inquinata può essere presa sin d’ora sulla base di un’ordinanza comunale, che però farà riferimento non a una legge tedesca bensì a una legge dell’Unione Europea.

Eliminazione dei vecchi diesel

La sentenza del Tribunale di Lipsia del 27 febbraio resterà una “giornata nera” nella storia del motore diesel e quindi anche in quella dell’industria automobilistica tedesca che nel successo di questo motore negli ultimi decenni aveva puntato le sue migliori carte. Un successo al quale aveva contribuito anche la Fiat con il brevetto del common rail, brevetto che poi fu ceduto alla Bosch la quale se ne servì per aumentare potenza e ridurre consumi e pericolosità dei gas di scarico dei motori diesel. Il brevetto del motore diesel risale invece al 1892 e porta il nome del suo inventore Rudolf Diesel il quale ebbe la geniale idea di sfruttare il principio della compressione per l’accensione del combustibile, eliminando così il complicato meccanismo delle candele dei motori a benzina. Fu poi nel 1936 la Daimler a produrre la 260 D Mecedes-Benz che fu la prima vettura con motore diesel prodotta in serie. Bisogna però arrivare fino alla metà degli anni Settanta per assistere al boom dell’auto diesel con l’arrivo sul mercato della Volkswagen Golf diesel, la prima ad adottare il turbocompressore. Tempi passati, è il caso di dire, perché oggi dopo il “dieselgate” tutti i produttori non escludono di cessare la produzione del diesel, un motore che nel migliore dei casi continuerà a essere utilizzato eventualmente soltanto in vetture ibride. Naturalmente gli ingegneri tedeschi faranno l’impensabile per salvarlo ma la probabilità che il diesel sparisca dalle autovetture è però piuttosto alta.

Ondate di risarcimenti

La sentenza di Lipsia avrà anche in Europa un effetto “all’americana”, nel senso che anche nel vecchio continente si moltiplicheranno le richieste di danni da parte degli automobilisti ingannati sulle caratteristiche ecologiche della vettura diesel acquistata e che sul mercato dell’usato accusano già forti perdite di valore. VW & Co., dal canto loro, avranno non poche difficoltà qualora dovessero rifiutarsi di pagare il costo delle modifiche ai motori diesel norma Euro 5 che oscillerà tra 1500 e 3300 euro. Morale: di motori diesel e di dieselgate si continuerà a parlare ancora per parecchio tempo. I grandi imprenditori tedeschi, noti per la loro atavica propensione ai cartelli (accordi tra le imprese per limitare la concorrenza), questa volta l’hanno fatto grossa e la macchia resterà di fatto indelebile ancora per parecchio tempo. Se ne parlerà molto a a Ginevra dove dall’otto al diciotto di marzo si svolge il primo importante Salone dell’Auto dell’anno.

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