Carlo Naya, Venezia, ca. 1875. Foto di ©StädelMuseum FfM

Esposizione di fotografie storiche a Francoforte

Non c’erano allora né il campionato di calcio né il festival di Sanremo, nell’Italia di quei tempi lontani, le automobili non sfrecciavano ancora sulle tangenziali, e le cucine italiane non erano allietate dalla presenza del frigorifero, della Bialetti e della Nutella. Ma i turisti non mancavano neanche allora, calavano a frotte dall’Europa settentrionale armati delle guide Baedeker ed erano fermamente intenzionati a raggiungere le loro mete. Il professor Morao ci ha già descritto in una serie di articoli pubblicati l’anno scorso su questo giornale il viaggio di Goethe in Italia il cui resoconto, pubblicato nel 1813, ebbe un effetto catalizzatore su tutto il movimento turistico d’oltralpe. Già a cominciare dal 1841 si registrarono i primi viaggi organizzati da Thomas Coock. Agli articoli del prof. Morao non abbiamo nulla da aggiungere, se non mettere in risalto un dettaglio importante: nei suoi viaggi Goethe si faceva sempre accompagnare a proprie spese da dei pittori a cui affidava il compito di raffigurare, o meglio „inquadrare“ i posti che visitava perché sentiva il bisogno di conservarne l’impatto visivo. Il suo primo artista prêt à porter fu il celebre Tischbein, Johann Heinrich Wilhelm per la precisione, che tra l’altro lo inquadrò nel famoso quadro disteso nella campagna romana. In Sicilia, invece, si portò come accompagnatore fisso Christoph Heinrich Kniep, che eseguì su suo ordine una serie di acquerelli tuttora conservati nell’Albertina di Vienna.

Quando Goethe si ritrovava in qualche posto interessante solo soletto, allora si arrangiava con degli schizzi di propria mano, benché non avesse talento per il disegno. Quello che mancava al suo genio, e continuerà a mancargli per tutta la vita, era una bella macchina fotografica.

È solo a partire dalla metà dell’800 che la fotografia comincia a fare le sue prime apparizioni in Italia e dopo un breve periodo d’incubazione conosce uno sviluppo enorme. Alcuni celebri nomi: a Firenze i tre fratelli Alinari fondano la celebre ditta fotografica che ancora oggi è la più antica ancora esistente al mondo. Ma essi non furono gli unici imprenditori nel campo: ricordiamo nell’ordine lo scozzese Robert Turnbull Macpherson (1814-1872), il piemontese Carlo Naya (1816- 1882) ed il francofortese Giorgio Sommer (1834-1914) il cui vero nome di battesimo era Georg.

Qui bisogna fare pure il nome di Johann David Passavant (1787-1861) pittore e storico dell’arte, che a cominciare dal 1840 era diventato Inspektor dello Städelchen Kulturinstitut di Francoforte (fondato già nel 1815). Benché di formazione classica, egli si rese immediatamente conto di tutte le possibilità aperte dal nuovo mezzo fotografico, ed a partire dal 1850 cominciò ad acquistare fotografie artistiche per l’archivio del museo. Si è formato così un archivio di fotografie storiche contenente oltre 50mila esemplari raffiguranti, in massima parte, paesaggi ed architetture del nostro paese, che per i ceti borghesi colti del Mittel- e Nordeuropa valeva sempre come il paese della Sehnsucht romantica, „il paese dove fioriscono i limoni“. Un archivio di immagini-ricordo die viaggi in Italia che avrebbe fatto la felicità di Goethe, se non fosse morto venti anni prima.

I primi fotografi erano spesso persone di educazione artistica legata alla paesaggistica romantica, e le loro foto erano spesso costruite di conseguenza, con un vasto panorama caratteristico inquadrato sullo sfondo ed qualche bozzetto pittoresco sul davanti un po’ di lato, inquadrato in primo piano: ad esempio il bacino di San Marco con un gondoliere che passa sul davanti. In realtà il gondoliere non sta affatto passando, ma si tiene immobile col remo conficcato sul fondo, perché i tempi di esposizione erano molto lunghi. In molte di queste fotografie antiche si vede come la gente sta posando in una sforzata immobilità. Per ottenere un’immagine perfetta della famosa torre di Pisa, il fotografo Enrico Van Lint (1808-1884) dovette tenere l’obiettivo aperto fino a 18 minuti.

Fotografare allora non era così facile come oggi. Il povero fotografo doveva portarsi in spalla un armamentario che pesava non meno di 8 kg tra camera oscura in legno, obiettivi, treppiedi, e le delicatissime e costosissime lastre che andavano infilate singolarmente, poiché le pellicole non erano state ancora inventate. Malgrado tutte queste difficoltà sul finire del secolo scorso la „nuova arte“ della fotografia esplose in tutta Europa e in America. Il banchiere parigino Albert Kahn inviò a sue spese fotografi in tutto il mondo con l’incarico di fissare testimonianze autentiche di tante culture locali prima che si estinguessero per l’avanzare della modernità. Ne è risultata una favolosa collezione di 72mila immagini perfettamente conservate nel cosiddetto Archive de la Planète, una specie di Louvre della fotografia etnica situato nel mezzo di un bellissimo „parco multietnico“ nel sobborgo parigino di Boulogne Billancourt, che è stato rimodernato e riaperto al pubblico nell’aprile dell’anno scorso: sicuramente un motivo in più per fare un nuovo salto a Parigi.

Lo Städel Museum, presenza architettonicamente dominante sulla riva sud del Meno, la cosiddetta „riva dei musei“ di Francoforte, quest’anno si è già profilato con un’esposizione monografica molto ricca e ben articolata dedicata al „divino“ Guido Reni, il pittore barocco che rivaleggiò con il Caravaggio e che, forse per questo, oggi è tenuto piuttosto in disparte. Ma questo è tutto un altro discorso. Nel corso della conferenza stampa il direttore dello Städel Museum Philipp Demandt ha dichiarato che l’esposizione intitolata Italien vor Augen, frühe fotografien ewiger Sehnsuchtsorte invita a seguire, tappa dopo tappa, il classico itinerario del turismo di classe che allora veniva chiamato „Grand Tour“ e che toccava Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli fino a Pompei. Qualcuno si spingeva fino in Sicilia. „Noi viaggiamo dietro quelle vedute“ ha spiegato Kristina Lehmke, curatrice dell’esposizione e direttrice della collezione fotografica del museo, illustrando la funzione sociale di quelle fotografie sui viaggiatori del secolo, da cui si è poi sviluppato l’odierno turismo di massa.

L’esposizione resterà aperta fino al 3 settembre – quando finisce il periodo turistico.

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