Nella foto in basso da sx: Pasquale Episcopo, Michele Loffredo, Rossella Cavigli, Isabella Droandi e Stefano Casciu - Foto ricevuta dal Museo nazionale di arte medievale e moderna Arezzo

Allontanatisi dal territorio di origine in tempi lontani e poi scampati ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, i dipinti, attribuiti al pittore Andrea di Nerio (e bottega), sono ritornati “a casa” e integrati nelle collezioni del Museo Nazionale di Arte medievale e moderna di Arezzo

Nelle foto: Le tavolette che rappresentano tre scene della passione di Cristo

Nonostante il mercato internazionale di arte antica abbia subìto, nelle ultime decadi, un’innegabile contrazione in termini di prezzi e di domanda, resta vivo l’interesse per quelle opere che, per qualità, provenienza e attribuzione, posseggono un alto valore artistico e un preciso significato storico. Tali opere suscitano tanto più interesse quanto più sono riconducibili al territorio nel quale hanno visto la luce.

Lo scorso 24 ottobre nel Museo Nazionale di Arte medievale e moderna di Arezzo sono stati presentati al pubblico tre dipinti, opera di pittori attivi nella seconda metà del XIV secolo, ascrivibili alla bottega di Andrea di Nerio, artista praticamente sconosciuto fino ad alcuni decenni fa. Le tre tavolette, che ora sono parte delle collezioni del museo aretino, sono state vendute al Ministero dei beni culturali, tramite una casa d’aste di Monaco, dagli eredi di Carl Neumann, collezionista d’arte tedesco che le aveva comprate a Düsseldorf prima dell’avvento del nazionalsocialismo. All’inaugurazione ha preso parte un folto pubblico e la presentazione è stata accompagnata da una introduzione del direttore del Museo, dott. Michele Loffredo, e da interventi del Direttore regionale dei Musei della Toscana, dott. Stefano Casciu, della restauratrice Rossella Cavigli, della storica dell’arte Isabella Droandi, e dello scrivente che ha potuto dare un contributo nella trattativa di rientro in Italia dei dipinti. È con grande piacere che, col presente articolo, diamo la notizia ai lettori del Corriere d’Italia.

Le tre tavolette rappresentano tre scene della passione di Cristo, andata al Calvario, crocifissione e deposizione dalla croce, e presentano una notevole unità stilistica nel racconto consecutivo. Questa la descrizione delle opere curata dalla dott.ssa Droandi.

L’Andata al Calvario è raffigurata in un paesaggio delimitato a sinistra da una porta urbica sormontata da una torre, davanti alla quale si accalcano, concitate, le Marie. La Vergine tende le braccia verso il figlio, ma viene respinta da un armigero. Il Cristo, che porta una croce a tau sulle spalle, volge la testa verso la madre, mentre i soldati lo spingono verso il Calvario. La Crocifissione manifesta un analogo equilibrio compositivo nei due gruppi di figure assiepati ai lati del Cristo. La croce si staglia contro il fondo oro alla convergenza tra due costoni rocciosi. A sinistra le pie donne gesticolanti sostengono la Vergine che si accascia nelle loro braccia; dietro di loro si accalca un gruppo di cavalieri in armi. A destra il giovane san Giovanni Evangelista allarga le mani in gesto di sconforto, mentre, dietro, un folto gruppo di armigeri a piedi e a cavallo, due dei quali col cappello a punta degli ebrei, sembra assistere senza stupore alla scena. La Deposizione dalla Croce propone minore affollamento di personaggi: gli astanti di prima, armigeri e curiosi, hanno abbandonato la scena della morte di Cristo. Ora ai piedi della croce ci sono soltanto la Vergine Maria e Maria di Magdala, Giuseppe d’Arimatea, sulla scala che accoglie tra le braccia il corpo morto di Cristo, Nicodemo che ancora sta rimuovendo con le tenaglie i chiodi dai suoi piedi, san Giovanni evangelista che stringe tra le sue la mano abbandonata di Gesù e un altro apostolo, con aureola, un po’ staccato sulla destra. Il fondo oro diventa qui più esteso e il piano roccioso più aspro e deserto. Il corpo piegato della Vergine verso il figlio imprime movimento e drammaticità alla rappresentazione, insieme alle membra abbandonate del Cristo e al buio apparso sul profilo del monte”.

Nel suo intervento, Isabella Droandi ha sottolineato la personalità artistica di Andrea di Nerio, riconosciuto maestro del celebre Spinello Aretino. Nonostante fosse già noto agli studiosi, Andrea di Nerio era stato praticamente dimenticato. Fortunatamente è stato riscoperto negli ultimi decenni e a ciò hanno contribuito anche le tre tavolette. La storica dell’arte ha poi mostrato una serie di analogie con le altre opere del pittore, documentato in Arezzo tra il 1331 e il 1387.

Il dott. Loffredo ha sottolineato che l’acquisizione dei tre dipinti rappresenta il coronamento di una serie di restauri e allestimenti fatti nel museo negli ultimi anni. Il dott. Casciu ha affermato che le tre tavolette rendono “più ricco e leggibile il percorso museale”. Ha poi voluto toccare l’aspetto, delicato e controverso, delle acquisizioni di opere d’arte da parte dello Stato italiano. “Non è affatto vero che lo Stato non compri opere di interesse culturale per le proprie collezioni. Certamente non lo fa come i musei stranieri che hanno una diversa impostazione. In particolare quelli americani hanno nel loro DNA la necessità di acquistare opere d’arte e, grazie alla maggiore disponibilità di fondi, si possono muovere nel vasto mercato internazionale dell’arte in modo diverso dai musei italiani. Noi abbiamo margini di manovra molto differenti e non possiamo comprare autonomamente, ma dobbiamo passare attraverso il vaglio del ministero. Una diversa prospettiva è quella dei musei autonomi, voluti dalla riforma Franceschini (ministro della cultura, ndr), che hanno un proprio bilancio grazie al quale possono acquistare opere d’arte, anche partecipando ad aste”.

Rossella Cavigli, restauratrice della Direzione regionale dei musei della Toscana, ha successivamente descritto le fasi del restauro. Queste sono state condizionate dai restauri precedenti, non sempre eseguiti correttamente e, in particolare, dalla sostituzione dei supporti lignei originali e dal trasferimento degli strati pittorici su nuovi pannelli di legno.

Concludo l’articolo con un estratto del mio intervento nel quale ho dato informazioni su Carl Neumann. La fonte è il volume “Der expressionistische Impuls” relativo alle collezioni d’arte tedesche dell’area di Wuppertal prima del secondo conflitto mondiale.

Nella foto: Van Gogh – Autoritratto senza barba – da Wikipedia.

Le tre tavolette furono acquistate da Neumann nel 1931 come opere di Taddeo Gaddi, allievo di Giotto. Due anni dopo, nel 1933, Adolf Hitler avrebbe preso il potere. Carl Neumann, imprenditore tessile, fu un collezionista che predilesse la qualità. Oltre a diverse opere di arte antica collezionò dipinti dell’impressionismo francese (tra cui un Monet), del post-impressionismo (tra cui opere di Cézanne e Signac e tre dipinti di Van Gogh) e dell’espressionismo tedesco (tra cui opere di Marc, Macke e Nolde).

Nel maggio 1943 durante un bombardamento su Wuppertal gran parte della collezione andò perduta. Fortunatamente Neumann aveva precedentemente messo in salvo alcune delle sue opere, tra cui le tre tavolette medievali e i tre dipinti di Van Gogh, portandoli in una località vicina al confine con la Polonia, dove aveva una fabbrica. Nel 1945 perse l’intera azienda: le sue fabbriche, scampate alla guerra quasi senza danni, furono espropriate dai sovietici. Dopo la guerra, Neumann si impegnò nell’aiuto dei profughi e nel reinsediamento degli agricoltori sfollati. Solo grazie alla vendita di alcuni suoi dipinti poté riprendere la sua attività di imprenditore. Vendette anche i tre Van Gogh, uno dei quali era l’ultimo autoritratto, l’unico senza barba, che l’artista aveva donato alla madre come regalo di compleanno. L’artista lo aveva dipinto nell’autunno del 1889, in seguito alla mutilazione all’orecchio e dopo il suo ricovero in ospedale, quando venne anche rasato. L’acquisto da parte di Neumann avvenne nel 1928, tre anni prima delle tavolette. Nel 1998 il dipinto è stato venduto a New York per 71,5 milioni di dollari. All’epoca fu il terzo dipinto più pagato.

Carl Neumann non vendette le tre tavolette medievali. Dopo la sua morte (1966) la proprietà è passata in successione agli eredi. Tre anni fa la figlia ha pensato di affidare la vendita dei dipinti ad una casa d’aste di Monaco. Se non fossero state acquistate dallo Stato italiano, le tavolette sarebbero state ereditate dalla nipote di Neumann che vive nel Sud Francia. Avrebbero dunque perso ogni collegamento con il territorio in cui sono nate.

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