Prof.ssa Dondolini, da circa un anno Lei è presidente dell’ADI. Che cosa è l’ADI e quali sono i suoi compiti principali?

L’ADI è l’Associazione dei Docenti di Italiano in Germania, nata dieci anni fa. L’idea di base è la convinzione che la lingua italiana in Germania si trova di fronte ad una serie di sfide che possono essere affrontate solo concentrando le forze e l’esperienza di tutti. La posizione dell’Italiano si può ridefinire e consolidare solo uscendo dalla settorialità dei vari ambiti d’insegnamento. Siamo attivi nella formazione docenti, nella promozione dell’insegnamento dell’Italiano e anche nella difesa dell’Italiano nei casi in cui l’insegnamento della nostra lingua è in pericolo. Per essere informati della nostra attività i docenti interessati possono seguire il nostro sito www.adi-germania.org e iscriversi alla newsletter. I nostri prossimi eventi saranno il 15 e il 16 novembre l’Incontro sul bilinguismo presso la Scuola Leonardo da Vinci di Monaco e il 22 e il 23 novembre il nostro convegno annuale che quest’anno sarà dedicato alla produzione orale e si terrà presso l’Istituto italiano di Cultura di Amburgo.

Ci parli di Lei. Quali sono state le Sue esperienze professionali?

Ho studiato germanistica, italianistica e interpretariato e traduzione a Roma e a Heidelberg, ho insegnato Italiano in varie università e dal 1975 al 2012 ho lavorato a Erlangen, dove ho diretto la sezione di Italiano dello Sprachenzentrum e ho coordinato vari progetti europei di didattica. L’insegnamento della lingua e cultura italiana è stata sempre una passione, condivisa con molti colleghi che insegnano nelle università bavaresi. Quando è nata l’idea di fondare l’ADI, ho partecipato con entusiasmo al progetto e sono stata tra i soci fondatori.

Cosa significa, all’estero, essere insegnanti di lingua italiana e quali requisiti deve possedere un buon insegnante di Italiano.

Ogni area linguistica in cui si insegna l’Italiano all’estero ha problematiche specifiche e spesso molto differenti, quindi mi riferisco qui alla situazione dell’Italiano in Germania. Un ingrediente fondamentale è la passione per l’insegnamento, a cui si aggiungono, oltre a una profonda conoscenza costantemente aggiornata della lingua e della cultura italiana e della didattica dell’Italiano LS (Lingua Straniera, ndr), un’ottima conoscenza della cultura tedesca, una grande sensibilità interculturale e eccellenti competenze comunicative.

Il successo del Made in Italy all’estero vale senz’altro per la moda, il design e la gastronomia. Vale anche per la cultura?

Sicuramente la cultura italiana ha un suo pubblico particolare e costante. Tra le lingue europee l’Italiano, pur essendo decisamente inferiore come numero di parlanti ad altre lingue, ha una sua forza d’attrazione ed è fondamentale in alcuni settori della cultura, come ad esempio la storia dell’arte, l’archeologia, la musicologia, la lirica, il design, la gastronomia e la moda. Per chi si avvicina a queste tematiche l’interesse per la lingua e la cultura italiana continua a rimanere notevole. Nel corso degli anni l’attrazione per la cultura italiana ha subito degli alti e bassi, spesso legati all’immagine proiettata dal paese all’estero nel corso di alterne vicende politiche. Per compensare questi squilibri sarebbe di grande aiuto il sostegno di una politica culturale forte, differenziata per aree geografiche e affidata a un’istituzione dedicata, sul modello del Goethe Institut o dell’Istituto Cervantes.

Nel 2014 e nel 2017 a Firenze hanno avuto luogo gli “Stati generali della lingua italiana nel mondo” che hanno rimarcato che la promozione e la diffusione linguistico-culturale costituiscono obiettivi prioritari della politica estera del nostro Paese. Nonostante ciò gli Istituti italiani di cultura, che nel 2000 erano 94, si sono ridotti a 83 e i finanziamenti per sostenere i corsi di lingua sono risibili.

Le lodevoli intenzioni espresse negli “Stati Generali” indicano chiaramente che esiste la piena consapevolezza dell’importanza di questa tematica per la politica estera. Alle intenzioni tuttavia non sempre seguono le azioni, i tagli continuano e non abbiamo fino ad oggi, a differenza di altri paesi, un’istituzione dedicata preposta solo a questo compito e con finanziamento adeguato. Per competere ad armi pari con paesi che in fatto di politica culturale dispongono di strumenti ben più agguerriti dei nostri e per realizzare gli obiettivi espressi negli Stati generali la creazione di un organismo di questo tipo dotato di un’autonomia finanziaria commisurata ai compiti sarebbe indispensabile.

Il libro bianco “L’Italiano nel mondo che cambia” presentato a Firenze durante gli Stati generali del 2014 affermava che la nostra lingua è la quarta più studiata a livello planetario. Era una esagerazione?

Più che un’esagerazione è una notizia non fondata su dati certi e comparabili. Certamente vengono assunti a intervalli regolari dati sul numero di persone che studiano l’Italiano nelle varie aree linguistiche, ma non è mai stata fatta nel mondo alcuna indagine che raccolga i dati di tutte le principali lingue studiate e li confronti tra loro. Questa affermazione, che compare a intervalli regolari sui media, in realtà non si basa su riscontri oggettivi.

Anche in Germania ci sono state due edizioni “tedesche” degli Stati generali, a Monaco nel 2016 e a Berlino nel 2018. Nella prima il prof. Luigi Reitani, ex direttore dell’Istituto Italiano di cultura di Berlino, ha sottolineato l’importanza di capire qual é la domanda di competenza linguistica e di raccogliere dati per comprendere chi sono i frequentatori dei corsi e perché scelgono l’Italiano. È stata mai condotta un’indagine di mercato, approfondita e seria, che fornisse i dati fondamentali della domanda di Italiano in Germania?

Un’indagine di questo tipo, condotta con metodi scientifici, esula decisamente dalle possibilità di un’associazione come la nostra, ma per la manifestazione di Berlino del 2018 sono stati considerati i dati ufficiali dello Statistisches Bundesamt riguardanti le scuole tedesche, i dati delle VHS e, dove possibile, delle Università. D’altronde i dati in sé non dicono molto se valutati isolatamente. Sicuramente soffriamo per la concorrenza di altre lingue considerate ‘più utili’ come lo spagnolo e il cinese, la diffusione nei vari Länder a livello scolastico è molto disomogenea e alcune cattedre di italianistica sono minacciate dalla chiusura. La nostra lingua regge invece bene nei corsi per adulti. Per sostenere l’Italiano è importante fare rete e cercare di intensificare la presenza di corsi in modo capillare soprattutto nelle scuole, per rafforzare poi la domanda di Italiano anche nelle università. Quello che in seguito a eventi come gli Stati generali sarebbe importante fare è la creazione di un osservatorio permanente che permetta di valutare sia il quadro generale che le situazioni delle varie istituzioni in successione temporale. Abbiamo avuto in merito promettenti contatti con il Prof. Reitani prima del suo rientro in Italia e speriamo di poter perseguire questo progetto con il suo successore.

Tra le varie misure da adottare per contenere la chiusura di corsi è stato raccomandato di attuare un maggior coordinamento tra le molteplici e svariate istituzioni italiane che operano in Germania. A che punto siamo?

Per quanto riguarda l’ADI posso dire che molte delle nostre misure di formazione si basano su cooperazioni con istituzioni e Università italiane e tedesche e che su questo ci impegniamo molto. Per quanto riguarda altre istituzioni, sicuramente va anche detto che le cooperazioni di successo si basano su un intenso lavoro di pubbliche relazioni e di comunicazione che non tutti, spesso a causa di carenza di personale e di difficoltà logistiche, sono in grado di affrontare. Molto dipende quindi dalla situazione delle singole istituzioni e dall’impegno e dall’iniziativa delle singole persone.

Tra i motivi dello scarso coordinamento possiamo includere atteggiamenti “baronali” dei responsabili delle svariate istituzioni, soprattutto a livello universitario e nelle grandi città, e la loro gestione delle medesime come centri di potere?

Bisogna tener presente che in molte grandi città coesistono numerose istituzioni universitarie in concorrenza tra loro sia per attrarre studenti che per aggiudicarsi fondi pubblici per i loro programmi, quindi è possibile che ci si concentri primariamente sulla gestione della propria istituzione. E’ tuttavia auspicabile che nasca in tutti gli attori la consapevolezza che la cooperazione e la creazione di sinergie sono importanti per consolidare la situazione dell’Italiano, iniziando dalle scuole, che sono un punto di partenza imprescindibile. In questo senso stiamo lavorando per raggiungere in modo più mirato e capillare i docenti delle scuole e per estendere ulteriormente la rete dei nostri soci, attualmente rappresentata maggiormente da colleghi che lavorano nelle università.

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