Nella foto: Mappa di Gerusalemme al tempo dei crociati - XII sec. - Biblioteca Reale dei Paesi Bassi, L’Aia. Foto di ©Episcopo

Le drammatiche immagini che ci giungono dalla Palestina riflettono l’odierna incapacità di raggiungere un accordo di pace tra popoli con diverse fedi religiose. Otto secoli fa l’impresa riuscì a Federico II imperatore e al sultano Malik al Kamil

Pochi luoghi al mondo sono ricchi di storia come Gaza. Grazie alla sua posizione geografica, la città è stata abitata fin dal terzo millennio prima di Cristo. Tra le popolazioni che la dominarono ci furono i Cananei, le genti che precedettero gli Ebrei in Palestina. Poi vennero gli Egizi, gli Assiri e i Babilonesi, poi i Filistei. Alessandro Magno la conquistò nel 332 a.C. Poi arrivarono i Romani, i Bizantini, i Mongoli, gli Ottomani. Gli antichi egizi la governarono per oltre tre secoli. Sotto l’Impero Romano, Gaza fu un importante porto del Mediterraneo orientale. Nel 635 d.C. fu conquistata dall’esercito dei Rashidun, uno dei quattro califfati che seguirono le orme tracciate da Maometto.

Il 13 novembre del 1239, Gaza fu teatro di una sanguinosa battaglia tra cristiani e musulmani Ayyubidi, la dinastia fondata da Saladino. Erano appena trascorsi i 10 anni del trattato di pace grazie al quale Federico II aveva ottenuto dal sultano Ayyubide d’Egitto Malik al Kamil la restituzione alla cristianità di Gerusalemme, di Betlemme e di Nazareth. Malik era morto nel 1238, lasciando l’intera area in preda alle lotte per la successione.

La battaglia di Gaza fu la conseguenza della chiamata alle armi di papa Gregorio IX: nel settembre del 1239 un esercito di crociati sotto la guida di Teobaldo I di Navarra conte di Champagne arrivò ad Acri dove ricevette rinforzo dagli Ordini militari (Templari, Ospedalieri e Teutonici) e dai Baroni del Regno di Gerusalemme. La battaglia si svolse in più fasi nelle quali l’esercito crociato subì numerose perdite e circa 80 uomini furono fatti prigionieri. Quando l’esercito musulmano si ritirò a Gaza Teobaldo di Champagne rinunciò all’inseguimento, temendo l’uccisione dei prigionieri in caso di attacco. Soltanto due anni dopo i crociati catturati furono finalmente rilasciati.

Le vicende che portarono alla battaglia di Gaza del 1239 si prestano a dei confronti con l’attuale crisi in Palestina? Dare una risposta netta a questa domanda è alquanto difficile, se non impossibile. Tuttavia, una riflessione su ciò che furono le crociate possiamo farla chiedendoci, in aggiunta, come mai l’unica che si svolse senza bagno di sangue e che produsse un accordo di pace duraturo fu quella di Federico II, passata alla storia come la “crociata degli scomunicati”.

Le crociate furono un fenomeno complesso, sociale, religioso, politico e militare, che ebbe luogo dall’XI al XIII secolo e produsse conseguenze che si manifestarono nei secoli successivi. Furono pertanto uno dei maggiori avvenimenti della storia. Oggetto di studio da parte di schiere di storici, a distanza di secoli rimangono avvolte da controversie e pregiudizi. La parola “crociata” fu coniata nel XIV secolo quando ormai i viaggi in Terra Santa si erano esauriti. Essa deriva da “croce”: è dunque legata alla morte di Cristo sul Golgota, la collina fuori le mura di Gerusalemme dove ebbe luogo la crocifissione. Le spoglie mortali di Cristo vennero poste nel Santo Sepolcro. Paradossalmente il primo e più importante luogo sacro della cristianità è una tomba vuota.

La prima crociata ebbe luogo nel 1095. Fu voluta da Urbano II e rappresentò l’inizio di una rivoluzione dottrinale. Per la prima volta la Chiesa passava dal rifiuto della violenza alla giustificazione dell’uso delle armi, dal pacifismo alla guerra santa. Prima delle crociate la posizione della Chiesa era stata fondamentalmente pacifista, basata sulla parola di Gesù, che aveva professato l’amore verso il prossimo e verso il nemico.

Inizialmente, non ci fu una chiara distinzione tra crociati e pellegrini. La trasformazione avvenne nel XII secolo allorché la contesa per il possesso di Gerusalemme infiammò la scena politica e sociale tra Europa e Medio Oriente. Papi, sovrani, nobili, signori, cavalieri, pellegrini videro nella difesa del Santo Sepolcro il loro obiettivo principale e ciò ancor di più allorquando Saladino si impossessò di Gerusalemme il 2 ottobre 1187.

Quando, nel 1194, Federico II viene al mondo, la principale preoccupazione dei papi è quella di gestire i rapporti con i regnanti, in primis con gli imperatori del Sacro Romano Impero, in modo da salvaguardare il primato e gli interessi della Chiesa. Le crociate diventano uno strumento formidabile nelle loro mani. I papi contemporanei di Federico II – Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX e Innocenzo IV – ne sono agguerriti sostenitori. Federico non può sottrarsi all’obbligo di organizzare e guidare una crociata, ma lo farà a modo suo. Vediamo.

Il 25 luglio 1215, ad Aquisgrana, alla presenza dei principi elettori tedeschi che lo incoronano Re di Germania, Federico II giura solennemente di voler portare a termine l’impresa che suo nonno Federico I Barbarossa non è riuscito a compiere (nel 1190 era morto annegato nel fiume Saleph in Turchia). Neanche suo padre Enrico VI c’era riuscito. Entrambi imperatori del Sacro Romano Impero della dinastia sveva degli Hohenstaufen, avevano fallito i rispettivi tentativi di riconquistare Gerusalemme. Ora tocca al successore.

Dopo otto anni, trascorsi in Germania, il 22 novembre 1220 a Roma, nella Basilica di San Pietro, Federico viene incoronato Sacro Romano Imperatore da papa Onorio III. Nella solennità della cerimonia presta giuramento come “protettore e difensore della Chiesa Romana”. Poi viene unto con il sacro crisma dal vescovo Ugolino dei conti di Segni, cardinale di Ostia, futuro papa Gregorio IX, dalle cui mani riceve la croce. È qui che pronuncia la promessa di inviare in Egitto un contingente nella primavera seguente, e di partire egli stesso in agosto. Tre mesi dopo, il 10 febbraio 1221, da Salerno invia una lettera circolare a tutte le città della Toscana e della Lombardia, ordinando di preparare uomini ed equipaggiamenti per l’imminente viaggio in Terra Santa. Il 13 febbraio, per la prima volta in vita sua, mette piede nella Puglia. Visita Troia, Foggia, Trani, Barletta, Bari, Brindisi. È chiara l’intenzione di conoscere i luoghi da cui inizierà il viaggio che lo condurrà a Gerusalemme. Ma non partirà subito. Prima dovrà sedare la rivolta dei Saraceni di Sicilia. A cominciare dal 1223 li trasferirà in massa a Lucera, vicino Foggia, sua futura residenza preferita.

Nel frattempo, la quinta crociata, ordinata da Onorio III già nel 1218 e guidata dal legato pontificio Pelagio, fallisce miseramente sotto le mura di Damietta, in Egitto (fallisce, per inciso, anche il tentativo di Francesco di Assisi di convertire il sultano Malik al Kamil). Onorio accusa Federico di aver contribuito al fallimento non avendo mantenuto la promessa fatta in San Pietro. Dopo la morte di Costanza d’Aragona, nel 1225 Federico sposa Jolanda di Brienne, erede del Regno di Gerusalemme. Come nuovo termine per la crociata viene concordato l’anno 1227, ma subito dopo la partenza da Brindisi, un’epidemia scoppiata sulle navi costringe Federico a interrompere il viaggio e a far ritorno a Otranto. Il 29 settembre 1227 Ugolino, divenuto papa col nome di Gregorio IX, scomunica Federico. Incurante della scomunica nel giugno 1228 Federico parte per la crociata. Giunto in Terra Santa, il 18 febbraio 1229 sigla col sultano il trattato di pace decennale di cui abbiamo già parlato. Il 18 marzo si autoincorona Re di Gerusalemme.

Ecco la descrizione dell’accordo resa dallo stesso Federico: (Coronatio hierosolymitana, in Monumenta Germaniae Historica): «Ci è stata restituita Gerusalemme e tutto il contado tra essa e Giaffa, Nazaret e il contado fino ad Acri, la terra di Tibnin che è ampia, larghissima e utile ai Cristiani, Sidone con tutta la pianura e il contado, un luogo utile ai Cristiani e ai Musulmani che lo ritenevano fruttuoso per il porto dove custodivano le armi e da dove portavano frequentemente quanto necessario a Damasco e Babilonia. Inoltre, a noi è consentito riedificare le mura della santa città di Gerusalemme, il castello di Giaffa, Sidone, Cesarea e quello costruito dai teutonici nella montagna di Acri, cosa che mai fu permessa ai Cristiani durante la tregua. Il sultano, invece, fino al termine della nostra tregua decennale, non deve edificare o costruire alcun nuovo castello […] Sappiate, infine, che il sultano dovrà restituire quei prigionieri non ritornati al tempo della perdita di Damietta secondo il patto avuto tra lui e gli altri cristiani, e quelli catturati dopo».