Nella foto: Sparo. Foto di © Stefan Schweihofer su Pixabay

La Germania sempre più luogo d’azione per le mafie (ma mancano gli strumenti legislativi)

Due notizie, nelle ultime settimane, hanno nuovamente scosso – purtroppo soltanto per pochi giorni – l’opinione pubblica tedesca. La prima risale a fine agosto, quando a Bad Urach, una piccola località nel distretto di Reutlingen (Baden-Württemberg), è stato arrestato un uomo di 59 anni, sospettato di appartenere alla n’drangheta e di aver ucciso 23 anni fa in Calabria un rivale in un’imboscata. L’accusato adesso si trova in Italia, dove lo attende un processo per omicidio e appartenenza a ad un‘organizzazione criminale. La polizia criminale del Baden-Württemberg (LKA) afferma che l’uomo in questione ha vissuto per quattro anni con la famiglia a Bad Urach, lavorando come cameriere e comportandosi „in modo del tutto discreto agli occhi del mondo esterno”.

La seconda notizia sembrerebbe una fotocopia, quasi. Valerio Salvatore C., un uomo di 44 anni, è stato arrestato tre settimane fa a Keitum, sull’isola di Sylt: lavorava, ovviamente sotto falso nome, come istruttore di fitness in un albergo. Tutti coloro che per motivi di lavoro lo frequentavano lo hanno definito una persona „gentile“, „simpatica“ e „affidabile“. Valerio Salvatore C., anche lui appartenente alla n’drangheta, era ricercato per una condanna all’ergastolo per omicidio ed era evaso dai domiciliari. Adesso sarà sottoposto ad un provvedimento di estradizione e, dunque, sarà ben presto la Giustizia italiana ad occuparsene. L’uomo, riferiscono i carabinieri, è ritenuto legato alla cosca Scofano-Martella-La Rosa di Paola (Cosenza) ed era ricercato dal novembre 2020, quando si sottrasse all’arresto in seguito alla condanna definitiva per un omicidio commesso il 27 maggio 2003.

Il capo della polizia criminale del Baden-Württemberg Andreas Stenger, non stenta ad affermare che la Germania ormai sia diventata un vero e proprio „spazio d’azione“ per le n’drine. Gli esperti in materia (italiani e tedeschi), tuttavia, sottolineano il fatto che alla Germania mancano ancora alcuni strumenti fondamentali per rendere più efficace la lotta contro le cosche mafiose: una delle misure più impellenti sarebbe quella di introdurre nel codice penale tedesco una norma paragonabile all’art. 416bis, vale a dire il reato di appartenenza ad un’organizzazione mafiosa. Questa norma permetterebbe agli investigatori di svolgere un lavoro di indagini „a tappeto“, servendosi anche delle informazioni che giungono dalle Procure italiane (tramite le rogatorie). Difatti entrambi gli arresti dimostrano che i mafiosi in Germania possono tranquillamente condurre una vita „normale“, senza rischiare di essere nel mirino di indagini – come invece accade in Italia. Senza i provvedimenti da parte delle Procure italiane, i due arresti riportati all’inizio dell’articolo non sarebbero avvenuti. Inoltre servirebbe una Procura federale che si occupa anche di mafia: attualmente la Procura federale tedesca (GBA) svolge indagini prevalentemente contro i vari fenomeni terroristici. Un vero e proprio „gap“ questo, che fa sì che le indagini non vengono coordinate da una sola Procura e le informazioni si perdono nel nirvana della burocrazia.