Foto fornite ed autorizzate dalla Dr. Alessandra Penzo, Event Manager Castello san Salvatore s.r.l.

Da Treviso, puntando a nord verso Conegliano, appena passato il Piave, si profilano subito sulla sinistra, al sommo di un poggio, una torre svettante e tratti di mura merlate, che s’inseriscono con discrezione tra le dolci colline digradanti verso le rive del Piave. Ma avvicinandoci per una stradina immersa nel verde, tra alberi e vigneti, cogliamo subito i caratteri di un autentico castello medievale. Ed è un vero piacere fare a piedi l’erta salita, accolti dalla dott.ssa Alessandra Penzo, maestra di ospitalità, che fa le veci della principessa Isabella di Collalto. Perché si tratta di una residenza privata, anche se aperta a persone amanti del bello e della storia.

Gli scorci che si intravvedono dal basso, la scarpata rocciosa su cui incombono le mura fanno pensare alla fortezza inespugnabile di un tempo, capace di resistere ad ogni assedio, persino a quello degli Ungari nel 1378 od a quello tremendo delle orde di Pippo Spano, vincitore dei Turchi, nel 1412. Perché i Collalto, divenuti una delle più potenti famiglie nobili del Veneto, erano riusciti con Rambaldo VIII nel 1312 a costituire un loro principato indipendente sulle contee di Collalto e di San Salvatore, sottoposto solo all’autorità imperiale,.

Salendo per un viale acciottolato incontriamo una prima cerchia di mura, che abbraccia il borgo stretto attorno al castello, una porta medievale che consente l’accesso al borgo e quindi, tra mura merlate e torri scudate, un ponte levatoio ed una seconda cerchia di mura, che difendeva la rocca del castello. Siamo già in un’altra dimensione, fuori del tempo: affascinanti rovine medievali di Palazzo Ottaviano e dei palazzi Comitali, scenografiche terrazze pensili, squarci di orizzonte aperti sulla pianura veneta ed un maestoso palazzo settecentesco, il palazzo Odoardo.

Alessandra, la nostra guida, ci accompagna con la leggerezza propria di chi da tempo ha il privilegio di vivere quegli ambienti, con brevi ed opportune notazioni e pause di silenzio per consentire le espressioni della nostra ammirazione. E ci introduce nella reggia dei Collalto.

La dinastia dei Collalto

Gli interni, restaurati dopo i bombardamenti della Grande Guerra con sapienza ed amore dal conte Manfredo, padre dell’attuale principessa Isabella, conservano gli echi dell’antico splendore, nel susseguirsi di sale che custodiscono i cimeli di famiglia, l’imponente albero genealogico, le armi e le armature antiche ed i quadri degli antenati più illustri. Illustri come Rambaldo I, “Conte di Treviso” dal 958 d. C., con autorità sulla zona tra il medio Piave e il Brenta, o Rambaldo II, vero costruttore delle fortune del casato, od i loro successori, fondatori di abbazie e di castelli, o il già ricordato Rambaldo VIII od ancora Rambaldo XIII (1579-1630), che per contrasti con la Serenissima passò all’armata imperiale e salì ai vertici delle gerarchie (guidò l’esercito imperiale nella guerra di Mantova).

Foto fornite ed autorizzate dalla Dr. Alessandra Penzo, Event Manager Castello san Salvatore s.r.l.

Non solo valorosi condottieri i Collalto, ma, anche generosi mecenati: nel ‘500 il castello di San Salvatore divenne una delle più famose corti rinascimentali, frequentata da pittori, poeti, musicisti e letterati. Si distinse Collaltino, conteso dai salotti più in voga di Venezia, che fece innamorare perdutamente la più famosa poetessa del tempo, Gaspara Stampa.

Non mancano nelle storie di famiglia personaggi religiosi, come santa Giuliana (1186-1262), suora benedettina canonizzata da papa Benedetto XIV, né protagonisti di tragiche vicende, come Bianca, vittima della folle gelosia della moglie di un Collalto, che la murò viva, facendo nascere la leggenda del fantasma di Bianca, ancora aleggiante in particolari momenti, gioiosi o tragici, della vita dei Collalto.

Collalto e Hohenzollern

Nella tradizione dei Collalto si vantano comuni ascendenze medievali con il casato degli Hohenzollern, dinastia tedesca di principi, re ed imperatori, ascendenze suffragate dalle comuni insegne con lo scudo inquartato di bianco e nero, da affinità etimologiche dei nomi e dalle disposizioni testamentarie di Rambaldo XIII, che, in caso di estinzione del ramo veneto, dispose che tutti i beni dovessero passare agli Hohenzollern. Con lui ha infatti inizio il ramo austriaco dei Collalto, in seguito alle concessioni imperiali, per acquisiti meriti di guerra, di tre castelli e di un vasto territorio in Moravia. Da allora i suoi discendenti si trasferirono negli Stati dell’Impero e sposarono nobildonne austriache, mettendo piede anche a Vienna (Palais Collalto in piazza Am Hof).

Perciò, come cittadino austriaco, il principe Manfredo VII (1870-1940), all’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, dovette trasferirsi in uno dei castelli di proprietà in Bassa Austria, per tornare poi in possesso della proprietà italiana, una volta divenuto cittadino italiano, solo nel 1924, con l’obbligo di non rivendere la tenuta e di provvedere alla ricostruzione dei fabbricati distrutti dai bombardamenti. Il ramo austriaco dei Collalto riuscì a mantenere i possedimenti in Moravia fino alla primavera del 1947, quando il principe Ottaviano fu costretto dal nuovo governo cecoslovacco a tornare in Italia.

La nobile tradizione del vino

Difficile uscire dalla suggestione di tanti riferimenti storici, dal fascino degli eleganti spazi del castello e dei suoi antichi segreti, che ci accompagnano nella discesa dal colle. Per dare continuità a quell’indefinibile stato d’animo, su consiglio della nostra ineffabile guida, concludiamo la visita nella grande cantina del castello, costruita in perfetto stile asburgico nel 1904 dal conte Ottaviano Antonio, che alla fine dell’Ottocento trasformò la vasta tenuta agricola di famiglia in una delle maggiori e più moderne aziende agricole del Veneto, che produce oggi 850.000 bottiglie di vino all’anno con 20 etichette.

E sorseggiando l’Isabella Rive di Collalto o il San Salvatore o il Collalto rosé o il Prosecco Superiore ci troviamo a “discorrer piacevolmente di donne, di cavalier, d’arme e di amori”, grati alla famiglia Collalto per aver saputo riportare in vita il castello e le adiacenze e per consentirci di assaporare le prelibatezze del territorio, nel nome di una tradizione millenaria.

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