Nella foto: Un momento della celebrazione nella Bebelplatz. Foto di ©PCB

MCI di Berlino – Festa del Corpus Domini in piazza

Il vento sulla Bebelplatz muoveva le fiammelle sotto le teglie di pasta rendendo difficile mantenerle calde con grande preoccupazione di Rosalba, che aveva preparato tre enormi teglie di pasta rossa con polpette, e che temeva non si mantenesse calda fino alla fine della celebrazione. Allo stand della comunità cattolica italiana per la festa del Corpus Domini c’era anche la pasta con il pesto e una con zucchine e melanzane. Più insistente del vento erano però le persone che volevano gustare la pasta italiana prima che la processione fosse finita. Le specialità italiane e delle comunità cattoliche portoghesi e africane non sono bastate a rifocillare i tanti fedeli che hanno partecipato alla celebrazione del Corpus Domini con l’arcivescovo Heiner Koch: più di duemila le persone raccolte nella centralissima Bebelplatz dove si affaccia la cattedrale Santa Edvige.

Non poco se si pensa che a Berlino la giornata del Corpus Domini non è festiva e un impegno non indifferente organizzare uno stand gastronomico in mezzo alla settimana lavorativa in una città dove le distanze da coprire sono enormi. Ma per la MCI di Berlino è un appuntamento immancabile, dice Rosalba, che fa parte da decenni del Consiglio pastorale. Molto del lavoro pastorale e sociale è affidato ai volontari laici. Alla missione italiana nella Hildegardstrasse l’organico è composto da don Stanislaw Maciak e dal segretario Pietro Castellino a part time. Una volta erano in sette a lavorarci a tempo pieno fino al fallimento dell’arcidiocesi all’inizio degli anni 2000, racconta Luca Farese, presidente del Consiglio pastorale.

Oggi la missione ha molto potenziale, vista la notevole presenza di italiani nella città. Quelli che pagano la tassa del culto a Berlino sono 11.000, un numero importante in una città tradizionalmente evangelica e dove l’80% della popolazione si dichiara non religiosa.

Luca Farese, chi frequenta la missione italiana di Berlino?
Esiste uno zoccolo duro di over 70enni emigrati negli anni ’70-’80 e sono il 30% ma la loro presenza in comunità è fortemente diminuita dopo il covid. Poi c’è un manipolo altamente fluttuante di studenti Erasmus che vanno e vengono con una velocità inaudita. Si fermano soprattutto a Est della città ma risultando molto lontani dalla missione non vengono spesso a messa. Poi c’è la prima “new wave” (nuova ondata) di immigrati a fine ‚900, a cui appartengo anch’io, e siamo circa il 5%. C’è poi la seconda new wave a partire dal 2010, la parte più consistente di immigrati con moltissime giovani coppie che frequentano i corsi matrimoniali, infatti siamo passati da quattro-cinque coppie annuali a 40!

Foto al centro: Allo stand della Mci con Luca Farese in seconda file. Foto di ©PCB

In missione fate la catechesi in preparazione ai sacramenti o è affidata alla parrocchia tedesca con la quale condividete i locali. C’è buona convivenza?
Facciamo la catechesi per tutti i sacramenti. Il “povero” don (Stanislao) si fa in quattro ma si avvale di volontari per garantire tutti i corsi. Abbiamo poi un serio problema di spazi. La città è enorme e non consente di spostarsi facilmente da una parte all’altra in mezzo alla settimana, per questo i corsi si tengono per lo più il sabato e la domenica, e le due sale e mezza a disposizione si esauriscono rapidamente. La capiente sala parrocchiale è usata dalla comunità tedesca come fonte d’introito. Siamo arrivati qui in parrocchia nel 2010 (per cenni storici sulla missione si vada a mciberlin.org/cenni-storici), non avevamo potuto partecipare alla suddivisione e ci avevano consegnato solo gli spazi vuoti che nessuno voleva. È stata una vera battaglia durata 7-8 anni. C’è stato in passato anche un boicottaggio delle prenotazioni delle sale ai nostri danni, che denunciammo a suon di lettere. In conseguenza di ciò saltarono teste della segreteria tedesca e come compensazione del maltolto conquistammo il diritto di celebrare la messa alle 10:00 invece che alle 12:15 dove ci avevano relegato. Ora i rapporti sono piuttosto stabili ma bisogna sempre tenere d’occhio la segreteria tedesca.

Da qualche anno celebrate la messa anche nel nord della città dove vivono migliaia di italiani, siciliani di Palma di Montechiaro. Come è nata questa presenza? Come fate per i sacramenti?
È una enclave di seconda generazione, fondata negli anni ‘80 dagli allora immigrati siciliani, prettamente dediti alla gastronomia. Il prete di St. Martin dove abbiamo aperto questa seconda sede era molto contento perché la comunità italiana non frequentava proprio la chiesa tedesca. Erano abituati a frequentare la missione quando questa si trovava a Mierndorffplatz, nel nord di Berlino. Trasferitasi la missione a sud, i „siciliani del nord“ (strana allocuzione possibile solo a Berlino) si sono trovati a più di 20 chilometri dalla missione e hanno smesso di frequentare qualsiasi chiesa. Per anni sono rimasti lassù dimenticati, fino a quando pochi anni fa, parlando con Mario Ferrera, siciliano, imprenditore in gastronomia ma anche membro del consiglio pastorale per molti anni, e con Don Stanislaw ci è venuta l’idea di ritornare a Nord. La prima santa messa nel dicembre del 2017 la facemmo in „sordina“ (non potevamo dirlo al vescovo) eppure con il solo passaparola arrivarono inaspettatamente 100 persone. Fino ad ora abbiamo centralizzato il catechismo nella sede principale della missione, passato il covid, cercheremo di aprire il corso di prima comunione anche a nord.

Ci sono altri progetti di “espansione” della missione?
La diocesi ci aveva già invitato anni fa a curare la presenza dei turisti italiani in estate, prospettandoci di ritrasferire la missione in centro, com’era una volta nel ‚600-‘700 a St. Edwigs (la cattedrale). Trattandosi di turisti italiani di passaggio a Berlino non si andrebbe ad intaccare la presenza di fedeli nelle delle comunità locali e quindi per la diocesi sarebbe un progetto senza ostacoli. Occorrerebbe solo raccogliere le forze… Un problema resta invece la copertura delle zone dei ragazzi Erasmus che vivono prevalentemente ad est. Avevamo un progetto di aprire una sede in collaborazione con la missione spagnola. La santa messa domenicale sarebbe stata alternativamente in italiano ed in spagnolo, lingue facilmente interscambiabili dai ragazzi. Il progetto però faceva storcere il naso alla diocesi perché avrebbe drenato fedeli dalle chiese tedesche ma con l’improvvisa scomparsa del missionario spagnolo Don Exiquio, il progetto naufragò.

Ma don Stanislaw ce la fa a stare dietro a tutte queste celebrazioni?
Ce la mette tutta ma ci vorrebbe un secondo sacerdote. La questione in diocesi trova sempre ostacoli, i sacerdoti sono pochi e devono essere distribuiti senza fare torto a nessuno.

Come comunità di altra madrelingua esiste un organismo che vi rappresenta a livello diocesano, il Rat der muttersprachlichen Gemeinde. Vi sentite bene e sufficientemente rappresentati?

Il RAT-MG per noi è un modo „per arrivare direttamente al vescovo“ e funziona bene sia in questo senso ma anche in senso inverso perché è un punto di riferimento dell’arcidiocesi per illustrare e proporre attività ai fedeli in maniera molto efficace. Ad ogni riunione intervengono rappresentanti delle diverse realtà cattoliche a presentare iniziative che poi noi riproponiamo in missione. Si va dall’assistenza sociale/lavorativa della Caritas (in tutte le lingue) ai pellegrinaggi in Terra Santa, ai raduni per i giovani nei quattro angoli del mondo, alla partecipazione ai Katholikentag. Il RAT-MG ha dei posti riservati anche nel Diözensanrat e quindi al massimo livello decisionale della diocesi.

Ha la sensazione che il vostro arcivescovo valorizzi la presenza delle comunità di altra madrelingua?

L’arcivescovo Heiner Koch viene regolarmente a trovare il RAT-MG e ha dimostrato in più occasioni di fondare le attività della diocesi proprio con il supporto delle comunità di madrelingua. Ogni volta che viene da noi sta bene e si trova a suo agio. L’esistenza delle missioni straniere era stata fortemente voluta dal cardinale Sterzinski, si appannò durante il periodo del cardinal Rainer Maria Woelki, per poi ritornare in auge con Koch. Tuttavia dobbiamo sempre combattere con l’accezione comune che gli stranieri si devono forzatamente integrare nelle comunità locali. Probabilmente questo va bene per le piccole città. A Berlino le persone vanno e vengono, non c’è tempo di imparare il tedesco per inserirsi in una comunità tedesca.

Con il prossimo anno farete parte delle parrocchie territoriali tedesche. Pensi che ciò possa far diminuire lo spazio di manovra e di iniziativa della missione?

Il tema è stato dibattuto per anni in sede RAT-MG. In effetti ci eravamo opposti a questo modello perché le missioni non hanno un carattere locale come le parrocchie tedesche, ma spaziano sull’intera città. Il problema è molto evidente con due sedi che ricadono sotto due parrocchie diverse. Prima le missioni dipendevano direttamente e univocamente dal vescovo ed era un modello che avremmo voluto conservare ma il Diözesanrat, in cui allora non eravamo rappresentati, cassò senza sentire il parere delle parti in causa, cioè noi. Lo statuto del RAT-MG, approvato dal vescovo, garantisce alle missioni una rappresentanza di diritto nei consigli pastorali di zona, ma come al solito il buon funzionamento dipende dalla volontà di entrambe le parti, alcune missioni si trovano bene, altre molto male.

Siete fisicamente vicini all’ambasciata italiana. Ci sono collaborazioni fra la missione e l’ambasciata?
Non di rado l’ambasciata ci segnala casi sociali disperati, irresolubili con le armi della burocrazia, perché l’ambasciata/cancelleria consolare ha pochi fondi e funzionari, ma non persone sul campo mentre la missione dispone invece di (sempre troppo pochi) volenterosi. Recentemente ci è capitato di dare assistenza ad un italiano anziano, solo e senza famiglia, non autosufficiente, rimasto intrappolato in una casa di riposo dell’orrore. Con un amico abbiamo preso un’auto e un furgoncino a noleggio per trasportare lui e le sue cose in una casa di riposo più degna. Ora le signore della missione lo vanno a trovare regolarmente per portarlo fuori a fare qualche compera.
Prima del covid, abbiamo riaccompagnato in treno in Italia, una giovane mamma 23enne napoletana con cinque figli, rincorreva il marito nella metropoli tedesca. Scappato il marito, finiti i soldi, si è ritrovata in un bilocale a carico di altri quattro immigrati che hanno segnalato il caso all’ambasciata. L’ambasciata si è offerta di pagare il viaggio ad un ragazzo di Napoli che accompagnasse la giovane donna e i suoi figli, abbiamo preparato delle borse di viveri per i bambini e qualche gioco e abbiamo riportato la famiglia in Italia.
I rapporti con l’ambasciata italiana sono molto stretti anche perché molti impiegati sono da decenni attivi frequentatori della missione. Ci sono anche molti altri tipi di collaborazione, più istituzionali, come le ricorrenze della S. Messa in onore dei caduti di tutte le guerre e quella per l’eccidio di Treuenbrietzen.

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