Presentazione annuale del Rapporto italiani nel mondo e riunione dei coordinatori e delegati delle Missioni cattoliche italiane in Europa

Il Rapporto Italiani nel Mondo 2018 della Fondazione Migrantes per la prima volta registra un fenomeno nuovo nei processi di emigrazione: “a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4 per cento) e i giovani adulti (25 per cento) ma le crescite più sostanziose si notano dai cinquant’anni in su”. Un trend per il quale in modo particolare le Associazioni e Federazioni degli italiani all’estero prestano grande attenzione. È stato inoltre sottolineato che “anche i flussi migratori del Sud sono caratterizzati da over 50enni che hanno perso il posto di lavoro a casa propria e vengono all’estero per trovare una nuova occupazione con incrementi tra il 35 e il 45 per cento nel giro di un paio di anni: +20,7 per cento nella classe di età 50-64 anni; +35,3 per cento nella classe 65-74 anni. In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni, scrivono i ricercatori della Migrantes. Con il passare del tempo e l’evoluzione della mobilità italiana stanno emergendo “nuove strategie di sopravvivenza tra i genitori-nonni che sono inizialmente il trascorrere periodi sempre più lunghi all’estero con figli e nipoti già in mobilità”, fino al completo trasferimento di tutto e buona parti e dell’anno solare (si tratta del “migrante genitore-nonno ricongiunto”). Un esempio ne è “La Mia Mamma”, un ristorante di cucina italiana dove a cucinare sono le mamme dei giovani italiani che hanno scelto Londra come meta del loro progetto migratorio. Le cuoche sono chiamate a fare un lavoro in turnover: ogni tre mesi, cioè, si alternano modificando i menù sulla base delle loro regioni di origine. Come leggere questi dati? Sicuramente ci si trova di fronte alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani dai 50 in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria (definiti nel Rapporto Italiani nel Mondo “migranti maturi disoccupati”). Si tratta di persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia. In quest’ultima, infatti, spesso si annida la precarietà a più livelli: la disoccupazione, cioè, può coinvolgere anche i figli, ad esempio, già pronti per il mondo del lavoro o ancora studenti universitari. In questo stato di cose si inseriscono gli anziani per risolvere o tamponare la precarietà: la famiglia, cioè, si amplia fino a comprendere i nonni”.

Secondo taluni osservatori diventa quindi necessario “adeguare le iniziative e le azioni riferite ai nuovi migranti italiani all’estero per soddisfare ogni esigenza. Noi offriamo – dice ad esempio il Presidente di Palazzo Italia nei Balcani Giovanni Baldantoni – consulenza, assistenza, servizi per favorire la formazione di piccoli imprenditori ed operatori economici che non devono per forza permanere tutto l’anno e in maniera continuata nei Paesi dei Balcani ma possono svolgere attività come pendolari fermandosi solo in alcuni periodi dell’anno. Questi nostri emigrati sono ancora più preziosi per l’economia locale in quanto possono favorire la vendita di prodotti italiani, specie dell’agroalimentare, all’estero o formare società miste che utilizzando i fondi dell’Ue hanno capacità di mercato e quindi di reddito”.

Ecco allora l’impegno importante che svolgono le Missioni Cattoliche Italiane nel Mondo, così come delineatosi nella riunione dei coordinatori e delegati d’Europa, a margine della presentazione del Rapporto. In modo particolare le Missioni in Europa vedono un nuovo flusso di gente bussare alle proprie porte in cerca di aiuto e non solo. Da qui l’urgenza di far comprendere ai Vescovi italiani, la necessità di inviare sacerdoti in missione per fare esperienza e dopo dieci anni tornare in diocesi per un cambio, ma portando un bagaglio nuovo di esperienze con gente che ha lasciato da anni la propria terra o con persone che per motivi lavorativi od affettivi, e per lo più giovani, hanno lasciato il proprio paese per fare nuove esperienze di vita, come coloro i quali per 6 o 12 mesi svolgono le attività di Erasmus all’estero. Ecco perché verso i migranti dobbiamo avere tanta attenzione, sia per chi parte che per chi accogliamo.

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