“La solitudine dei numeri primi” di Saverio Costanzo racconta le storie parallele di Alice e Mattia, vittime durante l’infanzia di eventi traumatici, che si incontrano e cercano di amarsi, portandosi dietro ciascuno i propri fantasmi psicologici. I due protagonisti sono interpretati da Alba Rohrwacher e Luca Marinelli. Nel cast figurano anche Isabella Rossellini e Filippo Timi.
Costanzo ha adattato l’omonimo bestseller di Paolo Giordano (che ha collaborato alla sceneggiatura) modificando l’impianto narrativo: nel film il racconto che va dal 1984 fino al 2007 non viene presentato secondo un lineare andamento cronologico ma attraverso ripetuti salti temporali tra il presente e il passato. Abbiamo incontrato Saverio Costanzo nella conferenza stampa successiva alla proiezione ufficiale del suo film.
Quando si decide di ricavare un film da un romanzo la prima domanda che sorge spontaneo porsi è relativa al modo in cui si è lavorato. Come si è posto di fronte al libro di Paolo Giordano?
In linea di massima con fedeltà. Però ho voluto spostare la domanda non su “cosa” accade, ma sul “perché” accade. Perciò ho dovuto creare dei piani di lettura incrociati. Le immagini dei loro traumi, in apertura del film sono un archetipo del dolore originario, delle ferite da cui cerchiamo di emanciparci e questo mi è sembrato miracoloso nel libro di Giordano.
Ci sono modelli ai quali si è ispirato?
Mi sono rivisto “Inferno” di Dario Argento e dello stesso Dario Argento si riconosce anche un brano della colonna sonora di Ennio Morricone tratto da “L’uccello dalle piume di cristallo”. Ma nel film ci sono anche echi di “Shining” di Kubrick e di “Carrie” di Brian de Palma.
Ha citato film classici del genere horror. Come mai ha deciso di prendere a modello proprio quel tipo di film?
Nel romanzo di Paolo Giordano il filo conduttore è senz’altro il dolore. Entrambi i personaggi sono segnati da una cicatrice, da un dolore interiore indelebile che li porta a condividere una strada comune, ad essere quasi una persona sola. L’unico modo per rappresentare visivamente questo dolore è stato rifarmi al genere horror che mi ha permesso di sdrammatizzare, di rendere accessibile al pubblico la sofferenza.
È impressionante vedere come i due attori protagonisti nel corso del film modificano il loro corpo: Alba Rowacher dimagrisce fino a farsi scheletrica, mentre Luca Marinelli ingrassa molto. Cosa c’è dietro questa scelta?
Questo film mi ha permesso di raccontare una piccola epica dei corpi, ovvero la trasformazione fisica di due persone nel corso di un ventennio. Gli attori hanno avuto così la possibilità di fare un lavoro sul corpo senza trucchi cinematografici. Il cambiamento del corpo è un modo per esprimere la loro sofferenza.
Perché ha deciso di fare un film centrato sulla tematica della sofferenza?
Tutti noi abbiamo delle ferite originarie a cui cerchiamo di emanciparci. E poi l’idea di mettere in scena una storia d’amore non era nelle mie corde.