Gentile direttore, sorprende leggere sul Suo giornale una serie di considerazioni che investono il funzionamento dei servizi consolari in Germania, che partendo da reali disagi dei cittadini italiani che di quei servizi hanno bisogno, si riducono nella migliore delle ipotesi ad un coacervo di luoghi comuni e battute populistiche non certo utili alla causa.
In alcuni articoli ci si lamenta per esempio di richieste di documenti che all’utente possono sembrare assurde (p. 12) – come la presentazione di un documento che giustifichi la richiesta dei diritti d’urgenza (del passaporto), o gli atti d’assenso dell’altro genitore, o la compilazione di un modulo che poi verrà inserito nel Sifc -, ma alle quali gli impiegati allo sportello si devono attenere perché così prescrivono le leggi e le procedure per il rilascio dei documenti d’identità. Le stesse leggi che non consentono di rilasciare un documento provvisorio di viaggio se non per il rientro nel luogo di residenza.
Le procedure creano disagio? Probabile, ma a quelle il lavoratore si deve attenere, e la via maestra per risolvere il problema è la loro riforma in via legislativa, altrimenti si rischia di ricadere nel solito vizio italico del cercare scorciatoie, se non del chiudere direttamente un occhio sul rispetto delle regole. È questo che si vuole? I lavoratori che noi rappresentiamo sono ben consapevoli delle difficoltà e dei disagi con cui spesso i nostri connazionali si devono misurare per avere un servizio, magari dovendosi sobbarcare lunghi viaggi per raggiungere gli uffici consolari e, possiamo in coscienza assicurare, che si adoperano senza risparmio per tentare di fornire un servizio degno di questo nome.
Ma sono pochi, con risorse scarse e in costante diminuzione per effetto dei continui tagli al bilancio o ai declassamenti dei consolati in Germania, contro cui, anche su questo la possiamo rassicurare, le nostre organizzazioni sindacali si sono opposte con forza. Ma anche questo fatto, che è molto semplice da verificare, non serve a indirizzare la discussione del problema verso una soluzione razionale. Dall’intervento peggiore (“Ministero Esteri, questi gli sprechi”) pubblicato dal suo giornale a pagina 13, sembra emergere che il problema non sia la mancanza di risorse, ma i diritti “quisiti” (?) di quei pochi lavoratori che si ritrovano soli a dover far fronte a un bacino d’utenza larghissimo.
Stupisce la povertà di idee, la faciloneria, a maggior ragione quando a firmare è un membro del Cgie per il quale i Suoi lettori, nonché i suoi elettori, dovrebbero aspettarsi una maggiore conoscenza della materia e soprattutto dei contributi che, al di là delle boutades populistiche, contribuiscano alla soluzione del problema. Ci consenta infine una parola sugli insulti veri e propri (“scansafatiche”, “inettitudine”, “scarsa cultura e preparazione”, “scarso senso dello Stato”, “incapacità professionale”), contenuti nello stesso articolo e lanciati in modo scomposto e indiscriminato contro “funzionari e dipendenti” (nei quali, evidentemente bisogna includere tutti, ma proprio tutti), ai limiti della diffamazione, se non oltre.
Questi insulti non aggiungono nulla alla discussione e alla ricerca di una soluzione ai problemi reali: essi servono solo a definir meglio chi li formula, piuttosto che coloro cui sono rivolti. Rappresentanza sindacale unitaria – Berlino