Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale la Germania ebbe una crescita economica straordinaria: l’economia tedesca assorbiva ogni anno più di un milione di lavoratori. La manodopera arrivava dalla Germania dell’est ma, con la costruzione del muro, questo flusso migratorio si esaurì del tutto. Così arrivarono in Germania milioni di lavoratori provenienti dall’Italia, dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Turchia. Questi lavoratori svolsero i lavori più umili, sporchi e pesanti e permisero a milioni di tedeschi di salire i gradini della scala sociale e divenire, da operai quali erano, impiegati nei piani superiori delle aziende.
In conclusione, l’economia tedesca ha tratto, e trae ancora oggi, vantaggi enormi da questa immigrazione. Nessun politico pensò mai che queste persone dovessero imparare il tedesco e la loro religione non rappresentava un problema: si trattava tutto sommato di “lavoratori ospiti” (Gastarbeiter) e la parola “integrazione” non la conosceva nessuno. Col passare del tempo e con l’arrivo di mogli e figli, i “lavoratori ospiti” divennero “stranieri” che vivevano in Germania, e di integrazione non parlava ancora nessuno. Il numero degli stranieri è così aumentato costantemente, anche perché i figli nati in Germania, anche quelli della seconda o terza generazione, rimanevano “stranieri”.
Complessivamente, degli oltre quattro milioni di italiani che nel corso della loro vita hanno lavorato in Germania, circa 600.000 vivono ancora nel paese. Con il tempo gli stranieri sono divenuti “concittadini con un background straniero” o semplicemente “migranti”. I figli dei migranti ancora oggi conseguono diplomi e qualifiche scolastiche più scadenti. Il fenomeno di coloro che addirittura interrompono la carriera scolastica colpisce quasi per intero i bambini dei migranti. Ma perché è così? Sono per caso meno capaci e intelligenti di quelli tedeschi?
La risposta è che i bambini dei lavoratori stranieri venivano messi in massa in scuole scadenti che il più delle volte portavano ad una emarginazione sociale. Il fatto che i cittadini di origine straniera siano meno qualificati e abbiano più difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro è quindi il risultato di questa politica scolastica altamente selettiva. I cittadini di origine straniera, anche se naturalizzati, per molti versi non vengono ancora accettati come pari dalla popolazione autoctona. Dal canto loro, essi avvertono questo senso di distacco, quindi non si identificano con la società in cui vivono e cercano un’identità nelle loro origini.
Questo spiega il fenomeno per cui tanti giovani, pur essendo nati in Germania, si sentono legati alle loro nazioni di origine anche se non le conoscono e non vi hanno mai vissuto. Ed ecco che la Germania scopre che c’è qualcosa che non va con la “integrazione”. Poi arriva un tal “Sarrazin” che si scaglia contro questa gente, accusandola di non volersi integrare. Invece di analizzare il fenomeno, alimenta pregiudizi, risentimenti primordiali e razzismo, senza offrire alcuna soluzione. Ma è vero che gli stranieri non vogliono integrarsi? Ma l’integrazione cos’è? Si è integrati quando si diventa come i tedeschi? Ma i tedeschi come sono?
La Germania non è omogenea, e i tedeschi si distinguono notevolmente tra loro. Quindi come si dovrebbe essere? Io penso che in tutta la discussione sia andato perso qualcosa di molto importante. La cosa più preziosa che hanno i tedeschi: la Costituzione. L’art. 2 della Costituzione recita: “Ognuno ha il diritto di sviluppare liberamente la propria personalità”. All’art 3, comma 2, c’è scritto che “gli uomini e le donne hanno pari diritti”, mentre nel comma 3 è stabilito che “nessuno può essere avvantaggiato o discriminato per motivi di entità sessuale, origine, razza, lingua, Patria o provenienza, credo, religione o orientamento politico”. A chi dovrebbe interessare lo stile di vita, le abitudini alimentari o il modo di vestire di un individuo?
Quello che è rilevante è che si rispetti e si riconosca ogni singola persona nello spirito della Costituzione. Questo bisogna pretendere da tutti quelli che vivono in Germania. Presupposto essenziale per poter parlare di integrazione è quello di consentire che la quota di coloro che raggiungono la maturità, e quindi terminino con successo il percorso scolastico, sia uguale per i bambini tedeschi e per i bambini con un background straniero. Le premesse per realizzare questi obiettivi sono nelle mani dei tedeschi stessi. Cosa si sta aspettando?