Il vuoto di potere che si crea attorno alla cancelliera Angela Merkel diventa sempre più evidente e preoccupante. Il 2010 si rivela sempre di più l’anno di un’epidemia politica che ha decapitato la Cdu nel suo ruolo più importante: quello di guida dei Länder più popolati ed economicamente più potenti della Germania federale. Ole von Beust ad Amburgo, Roland Koch in Assia, Jürgen Rüttgers nel Nordreno Westfalia e Christian Wulff ad Hannover: tutti via!
Ad eccezione di Christian Wulff che è stato accomodato dalla cancelliera sulla poltrona della presidenza della Repubblica, le altre dipartite sono state tutte apparentemente inspiegabili ed hanno creato un evidente imbarazzo ai vertici del partito democristiano tedesco. Osservando però da vicino queste eccellenti dimissioni, è azzardabile un comune denominatore. Tutte queste uscite, più o meno improvvise, dalla vita politica sono state accompagnate da un senso di rassegnazione. La rassegnazione prima, ed il rifiuto dopo, di dover convivere con una cancelliera che somiglia sempre più ad un polipo dai mille tentacoli. Onnipresente, onnisciente ed accentratrice.
Sembra proprio che l’uno o l’altro capo dei Länder con una maggioranza Cdu si sia visto condannato per i prossimi 10 anni ad una mancanza di prospettive in un gioco di potere in cui la Merkel e solo la Merkel sembra avere un futuro assicurato. La fattura per ambizioni e critiche troppo evidenti, esternate in passato contro il Capo della Cdu, è stata sempre prontamente recapitata. Basti pensare all’ormai quasi dimenticato Friedrich März, colpevole di una costante presenza mediatica e di critiche aperte nei confronti dei vertici della Cdu, al quale è stato presentato il conto salato del congelamento politico.
Si potrebbe trattare di ordinaria amministrazione nelle vicende di un partito come l’altro guidato da una forte personalità. Il caso Germania è però diverso proprio per il suo sistema federale. L’indipendenza dei Länder ha sempre costituito un’ulteriore valvola di controllo sul potere centrale esercitato da Berlino. I capi dei governi dei Länder, veri e propri baroni della politica locale, hanno sempre avuto la possibilità di dare bacchettate sulle mani dei governi centrali, anche se dello stesso colore, nel momento in cui questi intaccavano troppo gli interessi locali. Il sistema bicamerale che pone il Bundesrat, la camera dei Länder, in un posizione di filtro alle decisioni del Bundestag, il Parlamento federale, ha sempre limitato l’egomania dei cancellieri.
Ricordiamoci che il Gerhard Schröder fu costretto a scegliere la via delle elezioni anticipate quando, di fatto, il Bundesrat a maggioranza Cdu gli legò mani e piedi nella gestione della politica quotidiana. L’esito delle elezioni sfornò un nuovo cancelliere: Angela Merkel. La stessa Merkel che si vede ora implodere attorno il suo partito, e non solo. Il quotidiano di Stoccarda “Stuttgarterer Zeitung” di qualche giorno fa titolava un articolo dedicato ai travagli della Fdp “Si accumulano i sintomi del declino”. Il declino del maggior alleato di Angela Merkel. Soprattutto il declino del suo Leader Guido Westerwelle. È sempre più evidente la sua incapacità di guidare contemporaneamente il partito liberale e di occuparsi di politica estera.
La Cancelliera tace e Westerwelle aggiunge una papera all’altra. Ha gelato anche le simpatie dei suoi sostenitori quando in un’intervista alla Bildzeitung si è dilungato nelle sue teorie di macroeconomia con la richiesta di riduzione delle tasse, brillando con un sonoro silenzio su questioni impellenti di politica estera. Non una parola sulla catastrofe in Pakistan e sulle sue conseguenze politiche internazionali. Poi la riunione del gabinetto indetta prima della pausa estiva, in assenza della cancelliera. Il Westerwelle si è voluto sedere almeno una volta sulla poltrona del capo ed ha presieduto una riunione del governo con all’ordine del giorno inezie banali, come il permesso di guida ai diciassetteni, che ha rasentato il ridicolo. Il potere rende notoriamente soli.
Ma il potere gestito in solitudine è pericoloso e non fa bene nemmeno a chi lo gestisce. Il primo tentativo di colmare il vuoto di teste pensanti al vertice della Cdu è già fallito con il “no” di Peter Müller, capo del Governo del Saarland, alla proposta della cancelliera di assumere la vice presidenza del partito. Probabilmente il Müller non ha dimenticato di essere stato messo da parte quando la Merkel nominò il suo primo Governo e fece spazio all’alleato liberale. Ed è così che tornano i conti ed anche la Merkel dovrà pagare i suoi. Forse con ritardo, ma li dovrà pagare.