La Stampa titola: „Un Compromesso ragionevole“. Renzi vince, il PD decide, in Parlamento si vedrà, recita invece il corsivo di Stefano Folli sul Sole 24 ore (che non ho letto perché a pagamento, ma il titolo dice già qualcosa). E fino a qui siamo ai giornali del ceto medio o del ceto benestante, ammesso che queste divisioni ci siano ancora. Anche l’Unità, giornale fondato da Antonio Gramsci, ha parole di lode per il giovane segretario PD: „Quella che sembrava una mission impossible ora è a portata di mano.
Bisogna riconoscere a Renzi che pur muovendosi in un campo minato – tra la volubilità di Berlusconi e il rischio che un accordo largo potesse terremotare il governo – è riuscito a riprendere quel filo delle riforme che troppe volte si è spezzato“ – ci racconta l’editorialista Spataro, che subito dopo però ammonisce Renzi a non lasciarsi dietro un pezzo del partito (l’ala sinistra) per seguire Berlusconi. Dalla parte avversa, il direttore di Libero, Maurizio del Pietro avverte: „Le riforme di Renzi? Tanto fumo e poco arrosto!“.
Il giudizio è quindi negativo. Il Fatto Quotidiano, giornale barricadiero e spesso coraggioso, si mantiene invece piuttosto sulla cronaca, in posizione di surplace. Interessante tra i settimanali l’Espresso (di sinistra), che dipinge un PD gattopardesco: „La Direzione democratica approva (come immaginabile) l’accordo raggiunto dal segretario sulla legge elettorale, eppure è in qualche modo una riunione epocale. Fino alle sei e mezza, orario nel quale interviene Dario Franceschini con un accorato appello all’unità che fa da preludio all’esito, vanno infatti in streaming due modi diversi di intendere il mondo. Quello di Renzi, e quello di Cuperlo.
Intorno, il vecchio Pd che sta a guardare, e alla fine – culturalmente più affine allo sconfitto – prende politicamente le parti del vincitore (da Franceschini a Veltroni, passando per Marini).“ Interessante, infine, anche ciò che dice Panorama, settimanale del gruppo Mondadori, quindi di area berlusconiana: „Così Renzi ha rotto tutti i tabù. Il sindaco si è dimostrato un leader. Ma non perché è un formidabile comunicatore, né per quella superiorità camuffata del primo D’Alema. No, Renzi è un leader perché ha la spregiudicatezza di dire cose impopolari dentro il suo partito“. Insomma, il giudizio è in genere positivo, vuoi perché dato in maniara strumentale, vuoi perché dato in maniera convinta, comunque sembra che il neosegretario PD esca rafforzato dal progetto, almeno fino ad ora.
Quello che accadrà domani non lo sappiamo. Tuttavia, pur dando atto al giovane segretario PD di avere mosso non poco le acque stagnanti e puzzolenti della politica italiana, la domanda non è se la riforma progettata avvantaggia questo o quello, bensì se essa è un vantaggio per il Paese. Anche perché in detta riforma manca un pezzo fondamentale: quello delle preferenze. Però bisogna anche aggiungere che i punti trattati sono importanti, a cominciare da un sistema a doppio turno con preferenza che de facto diventa un maggioritario.
Un maggioritario che renderebbe finalmente governabile il Paese. Nel suo inciaspicare continuo esso sta perdendo infatti pezzi e rischia grosso. Finalmente la futura maggioranza potrebbe avere la stabilità necessaria per altre riforme altrettanto coraggiose; magari anche all’introduzione delle preferenze.
Post Scriptum.
Nei giorni antecedenti alla chiusura redazionale assistiamo ai giochetti per assicurarsi il maggior numero di vantaggi possibili. Da vomitare. Ma se alla fine risultasse una legge elettorale almeno accettabile, ameno non avremmo vomitato invano.