Illustre signor direttore, sono un’iscritta all’Aire che, dopo il pensionamento, vive in Germania, e che nel 2012, come molti altri italiani residenti all’estero, ha dovuto pagare l’Imu su di un immobile in Italia, con tariffa prevista per la “seconda casa”, in base alla legge 44 del 26 Aprile 2012.
Tale legge prevede – come noto – quote differenziate di tassazione da applicare alla “prima casa” (o abitazione principale) ed alla “seconda casa” (abitazione secondaria). Sebbene le quote originariamente previste siano state altresi’ pari rispettivamente al 4 ed al 7,6 per mille, soprattutto nelle grandi città, è stata tuttavia applicata – salvo rare eccezioni per la prima casa – la quota più alta (rispettivamente al 5 ed al 10,6 per mille).
La legge nr. 44 del 26 Aprile 2012 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazione tributaria , di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”) all’ art. 4, comma 5, lettera f) prevede infatti quanto segue: “ I comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscano la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, nonché l’ unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata”.
Nelle grandi città, ma anche in vari comuni italiani, tale disposizione risulta applicata solamente per gli anziani o disabili, residenti presso istituti di ricovero, mentre per molti cittadini residenti all’ estero non è stata volutamente recepita, non solo, ma è stata usata anche la facoltà di applicare le quote più alte. A parte le iperboliche cifre che in molti casi sono state pagate per una abitazione, ereditata o acquistata a seguito di sacrifici di ogni genere, allo scopo di avere un punto di riferimento in Italia ed un legame con la madrepatria, con la “ discrezionalità“ della legge Monti, è stata creata altresì una grave discriminazione fra connazionale e connazionale, a seconda del comune dove si trova l’ abitazione. Secondo i media e varie testimonianze raccolte, le cifre pagate per l’Imu variano pertanto dai 900 ai 1.300 € nei piccoli/medi comuni, mentre per es. a Roma e a Firenze si è arrivati a pagare anche un importo fra 1.650 e 1.800 € per appartamenti di due-tre stanze, superando di gran lunga la tredicesima mensilità.
Per i connazionali più fortunati, vale a dire per coloro ai quali l’abitazione in questione è stata considerata come “prima casa”, il relativo importo oscilla fra i 70 ed i 250-300 €! Ho seguito per questo con interesse quello che il Vostro giornale ha pubblicato su tale problematica, in particolare nei numeri di gennaio e febbraio 2013, che riguardavano anche l’iniziativa di un esposto alla Commissione UE. Anche ad una ipotetica vendita della propria abitazione in Italia, che eliminerebbe alla base il problema (a parte l’ovvia dolorosa separazione ) – costa – se non si è disposti a vendere a prezzi stracciati – il blocco del mercato immobiliare conseguente alla crisi ed al pagamento esorbitante dell’ Imu, anche, ed in particolar modo, sulle seconde case. A tale blocco contribuisce altresì – per motivi vari che per brevità non si elencano – l’indisponibilità delle banche per la concessione di mutui.
Con un recente decreto del Governo è stata bloccata la prima rata di giugno per la prima casa in attesa di una riforma, attinente a tale tematica, entro il 31 di agosto 2013. Purtroppo i comuni, che l’ anno passato hanno considerato come seconda casa l’ abitazione non locata degli italiani iscritti all’Aire, hanno mantenuto questa impostazione – senza tenere conto di una eventuale revisione della normativa – e pertanto sussiste attualmente l’obbligo del pagamento della prima quota. Nel numero di maggio del Corriere d’ Italia, a pag. 14, è stato pubblicato l’ intervento congiunto dei presidenti dei Comites (Intercomites) e Cgie Germania in occasione della loro riunione annuale a Berlino (19-20. Aprile 2013) a favore di un rafforzamento delle sedi consolari.
Il Suo giornale non riporta relazioni su altri problemi importanti che avrebbero potuto e dovuto essere affrontati nella riunione predetta; ciò lascia presumere che nulla è stato affrontato in tal senso. Nella stessa pag. si trova tuttavia l’ intervento “solitario” ed encomiabile (già altre volte riportato dal Suo giornale) del sig. Ardizzone (Comites di Norimberga), che, accennando a varie tematiche d’ interesse per la collettività italiana in questo Paese, sottolinea anche l’ applicazione iniqua dell’ Imu agli italiani iscritti all’ Aire.
L’ Imu era un tema preponderante della campagna elettorale, la cui soluzione era auspicata, anche parzialmente, per la prima casa, da tutti i partiti; era pertanto doveroso stilare un documento adeguato, o più semplicemente adottare quello più generale ed appropriato del sig. Ardizzone, intervenendo su tale tema , proprio in occasione della riunione annuale di Berlino, in vista del pagamento della prima rata Imu di giugno. Sarebbe auspicabile ed opportuno pertanto che il Cgie e soprattutto i Comites e tutti gli Enti ed associazioni italiani in Germania intervenissero immediatamente sui partiti della maggioranza e/o sul Consiglio dei Ministri in tempo utile, affinché da parte del Governo si possa tener conto delle legittime rivendicazioni degli italiani iscritti all’ Aire, nell’ambito dell’annunciata revisione della normativa entro il 31 di agosto p.v, chiedendo un’ applicazione equa di tale “patrimoniale”; nel caso particolare, che la legge su citata venga emendata e preveda l’ obbligo di considerare da parte dei comuni l’abitazione non affittata degli italiani iscritti all’ Aire come “abitazione principale”, eliminando l’applicazione discrezionale delle tariffe previste per la “seconda casa”, che non trovano giustificazione, anche alla luce dei modesti redditi di questi concittadini, che in quanto residenti all‘ estero, non possono essere certo considerate persone con situazione economica di privilegio.