Il quadro che ne esce è quello di una società che tende lentamente a spaccarsi e dove la forbice tra ricchi e poveri si apre sempre di più. Lo sviluppo è molto preoccupante, e tra l’altro colpisce non solo la Germania: in tutto il mondo occidentale assistiamo ad una polverizzazione del ceto medio, che tende ad impoverire, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. Per tornare al Rapporto, possiamo vedere che nello spazio di tempo che va dal 2006 al 2013, c’è stato una aumento uniforme in tutto il territorio federale della povertà. Nell’insieme – dice il Rapporto – sono 12,5 milioni i poveri in Germania, vale a dire il 15,5% della popolazione totale. La povertà sale ovunque, a parte Brandenburgo e Sachsen-Anhalt, che sono, per ragioni interne, le eccezioni di un panorama complessivo che va nel segno opposto. In Sassonia il livello rimane lo stesso.
Ma cosa si intende per povertà? La definizione non è semplice. Intanto bisogna distinguere tra povertà assoluta e relativa. Una persona è assolutamente povera quando non ha accesso all’acqua potabile e al cibo. Uno stato economico, questo, che in Germania è piuttosto raro. La Germania, come tuttal’Europa, è interessata invece al fenomeno della povertà relativa. Per definirla, il rapporto del Paritätische Gesamtverband prende a prestito la definizione del Oecd (Organisation for economic cooperation and development), secondo la quale la povertà è un processo dinamico. Ciò significa che essa non è sempre uguale e deve essere comparata con il livello medio di ricchezza.
Insomma, per dirla in parole semplici, in una comunità dove tutti mangiano con un panino, chi ha un pasto caldo è ricco. Quella stessa persona che ha un pasto caldo, diventa invece povera in una comunità dove tutti vanno al ristorante di lusso. Per quello che riguarda la Germania, l’Oecd ha stabilito un tetto di 892 euro per menages familiari di singole persone, il che corrisponde al 60% o meno del guadagno nazionale medio di un manage corrispondente. Un menage familiare formato da quattro persone è considerato povero se non arriva 1873 euro al mese. Naturalmente, man mano che ci si avvicina a quella quota, si parla di “rischio di povertà” e non di povertà vera e propria. Curioso il fatto poi che, negli stessi giorni nei quali a Berlino veniva presentato il rapporto sulla povertà, a Londra l’organizzazione corrispondente inglese, la Oxfam, illustrava alla stampa alcuni dati che riguardano l’andamento mondiale del quoziente di ricchezza.
Nel rapporto Oxfam viene spiegato che, nel mondo, l’uno per cento della popolazione detiene ormai il 50% della ricchezza. Nel 2009, quell’uno per cento deteneva “soltanto” il 44% della ricchezza mondiale. Nel 2012, sempre quell’uno per cento deteneva già il 48% della stessa. Insomma, la questione non è soltanto tedesca. In una velocità e in una progressione inimmaginabili soltanto un decennio fa, il ceto medio scompare in tutto il mondo occidentale, ingoiato dalle acque scure della povertà e della sopravvivenza. La ricchezza si concentra nelle mani di pochi, mentre gli Stati nazionali, nonostante le roboanti dichiarazioni delle varie classi politiche, hanno sempre meno la facoltà di redistribuirla attraverso una politica fiscale equa. Chi sa leggere le cose della storia sa che questa è una situazione estremamente esplosiva.
Ma torniamo alla povertà di casa nostra. Anche in questo caso, le curve statistiche che il Rapporto presenta, confermano il dettato della Oxfam. La povertà aumenta insieme alla ricchezza. A partire dal 2006 la curva della povertà segue di pari passo quella del prodotto interno lordo. Soltanto nel 2005/6 la crescita economica ha portato ad una diminuzione della povertà. L’impressione si conferma anche con la curva della distribuzione della povertà nei vari Länder. Il ricco Baden-Württemberg, pur essendo il Land con la minore povertà, stupisce con una quota del 11,1 % che si avvicina molto a quella dell’intera Germania. Brema e i Nuovi Stati federali chiudono la classifica con quote che superano il 20% (Brema, ultima, arriva al 23,1%). Interessante infine, è il confronto tra la curva della disoccupazione e quella della povertà, che hanno andamenti contrastanti. La quota della disoccupazione è discesa in tutto il Paese, tra il 2005 e il 2013, da quasi il 12% al 6,8%. Al contrario, la curva della povertà è cresciuta nello stesso periodo dal 14% al 15,2 di cui si parlava sopra.
Ciò significa che molte persone, pur lavorando, non sono tuttavia in grado di arrivare ad un pieno sostentamento. Il lavoro, in sé, garantisce sempre meno la possibilità di vivere degnamente e in spazi sufficienti. Questo fenomeno aumenta nelle grandi città in relazione allo specchio dei costi di affitto, i quali, come sostengono gli autori stessi, costituiscono per questa ragione una variabile che è entrata nel calcolo. Le informazioni per una politica più attenta ai problemi legati alla disgregazione del ceto medio e delle classi popolari, nel Rapporto ci sono tutte.
La Germania avrebbe certamente le forze per diventare, in questo senso, un laboratorio del futuro per tutta l’Europa e oltre. Urgono delle decisioni. Ci saranno? Difficile da prevedere.