Rimango quindi senza fiato nel vedere in quale cul de sac la politica ha infilato le speranze di milioni di europei, di allora e di oggi. Non si tratta solo del fatto che essa politica non produca più teste pensanti come Mitterrand, De Gasperi o Schumann. Non si tratta solo del fatto che le politiche europee, oggi, si limitano alla misura del diametro dei piselli; non si tratta del fatto che, a questo scopo, vengono imbarcati a Bruxelles flotte di funzionari incravattati e lucidati, con fior di stipendi e macchine di servizio, tutti quanti scarti delle segreterie dei partiti.
Non si tratta neppure del fatto che l’impotenza della politica stia producendo ovunque gruppi e gruppuscoli antieuropei, antieuro, antintegrazione, antitutto. Non si tratta, infine, neppure del fatto che i governi vedano tutto questo e se ne freghino. La cosa più grave mi pare un’altra. Molta gente comune, oltre qualche governo, comincia a chiedersi: perché ci stiamo in Europa? Conviene davvero?
Il fatto che in Grecia il dibattito sulla fuoriuscita dalla zona euro sia in crescita sembra non preoccupare nessuno. La Grecia entrò all’epoca in area Euro falsificando i conti. Tutti lo sapevano ma nessuno si preoccupò di dire una parola. Poi ci fu la cosiddetta ondata speculativa e la Grecia fu costretta a presentare i conti. Ora ha chiesto un prestito ai fratelli europei più grandi, i quali lo hanno concesso, sapendo benissimo che i greci non ce l’avrebbero fatta a pagarlo. E infatti i greci non ce la fanno. E adesso? La soluzione di mettere in vendita bond europei per raccogliere danaro fresco è stata scartata dai fratelli grandi, i quali hanno una qualche ragione per pensare che, quello dei Bond europei, sia un trucco per far pagare il debito greco ad altri. Benissimo.
Ma adesso che si fa? Che succederebbe se la Grecia fosse costretta ad uscire dalla zona euro per recuperare il debito con l’inflazione? E se dopo la Grecia dovessero uscire gli altri Stati insolventi del club dei Pigs, cioè dei porci, detta in inglese (Portogallo, Irlanda -o Italia?-, Grecia appunto e Spagna?). Oltre la Grecia, anche Irlanda e Portogallo hanno un bel debito da pagare ai fratelli grandi. Ce la faranno? Qualche dubbio, soprattutto per il Portogallo, che vive soprattutto di agricoltura e turismo, c’è. In Italia, per scongiurare il pericolo greco, e anche sotto la pressione dei fratelli grandi, il ministero del tesoro si è messo a fare una politica dei tagli rabbiosa, a prato inglese, senza ditinguere i buoni dai cattivi, le spese di investimento da quelle di sperpero.
Ha tagliato tutto, fuorché i costi della politica, che sono cresciuti invece del 40% in dieci anni. Non ha toccato le provincie, enti inutili che gravano molto sul bilancio dello Stato, ma che raccolgono il personale di scarto dei partiti. Non ha toccato quello che poi potrebbe tornargli utile sul piano elettorale. Questa politica del tutto o niente, che farebbe venire i sudori freddi a qualsiasi economista serio, ha invece raccolto i plausi dei fratelli grandi europei, perché la riduzione di spesa c’è comunque stata. Ma la domanda rimane. E adesso? Dove stiamo andando?