L’atteggiamento di superiorità tecnologica dell’auto “made in Germany” ha ostacolato sinora una sollecita soluzione dello scandalo “dieselgate”. A Stoccarda dal primo gennaio sono già scattati i primi divieti di circolazione per le auto diesel Euro 4 e presto anche altre città, a partire da Francoforte, Bonn e Colonia ne seguiranno l’esempio. Vw, Bmw e Daimler hanno reagito troppo tardi al dieselgate iniziando a produrre auto elettriche, ma l’obiettivo pare essere quello di una motorizzazione ibrida, elettrico/diesel o elettrico/benzina. Non è molto credibile la Volkswagen, il gruppo più colpito dallo scandalo, quando afferma di aver già in programma per il 2040 la fine della vendita di auto con motore diesel. In futuro nelle grandi città vedremo soltanto auto elettriche mentre sulle autostrade, come già in tutti gli altri Paesi europei, anche in Germania sarà presto in vigore il limite di velocità a 120 Km/h.

Un episodio importante nella storia dell’industria automobilistica tedesca è stato nel 1993 la presentazione della Smart nella sede centrale della Daimler-Benz a Stoccarda. Fu in quest’occasione che nel corso nella conferenza stampa, l’inviato di un giornale tedesco chiese al direttore generale del gruppo, Edzard Reuter, come mai la “grande Mercedes” avesse potuto decidere la produzione di una così piccola automobile, una Micro Compact Car come fu definita allora da chi l’aveva progettata e realizzata. La risposta di Reuter fu immediata e convincente: “Semplicemente perché alla Mercedes abbiamo motivo di temere che a Bonn (ndr: allora sede provvisoria della capitale tedesca) prossimamente possa insediarsi un governo deciso a proibire a una persona sola di spostarsi in una grande città a bordo di un’autovettura con un motore da 3000 di cilindrata”. In quegli anni in Germania non si parlava ancora molto del problema d’inquinamento dell’ambiente causato dall’emissione del velenoso NOx (ossido di azoto) dei motori diesel. Al contrario, l’apparato propagandistico dell’industria automobilistica tedesca non perdeva occasione per definire il propulsore diesel come un motore “pulito”. Fu così che alla fine, a furia di sentirlo dire, se ne convinsero tutti e anche molti tra i manager Volkswagen fino al 2015 non si resero conto che si trattava, invece, di una prerogativa del tutto inventata o per meglio dire fasulla. Tanto fu che alla fine i responsabili del reparto stampa e pubblicità del gruppo Volkswagen decisero di lanciare negli Usa una campagna promozionale sul tema diesel pulito per una maggiore diffusione del propulsore patentato nel 1892 a Berlino dall’ingegner Rudolf Diesel. Fu un fatale errore, come oggi tutti sappiamo, anche perché il motore diesel nel paese di Henry Ford non aveva tradizione e, oltretutto, gli esperti automobilistici americani, al contrario dei loro colleghi europei, avevano sempre nutrito al riguardo non poca diffidenza.

Difficoltà ambientali

Tornando alla piccola Smart, a venticinque anni dalla sua presentazione a Stoccarda con motore a scoppio si è molto evoluta ed è già oggi acquistabile anche in versione elettrica e dal prossimo anno soltanto in quest’ultima versione. Se la Smart all’inizio , in virtù delle sue ridotte dimensioni, poteva essere considerata come un mezzo in grado di risolvere i problemi del traffico in termini di volume dei centri città, oggi la “Smart fortwo” EQ Electric Drive si presenta soprattutto come un’auto che offre il massimo del rispetto ambientale tra tutte le vetture elettriche che l’industria automobilistica tedesca ha incominciato a produrre in serie: l’Audi E-Tron, la BMW iX3, la Mercedes EQC e la VW ID. Sono queste le prime vere e proprie auto elettriche tedesche già acquistabili, alle quali nei prossimi anni seguiranno molte altre. Soprattutto la VW ID nel suo formato Golf sembra avere tutte le premesse per dare in Germania uno stimolo decisivo alla mobilità elettrica. Un po’ tardi, qualcuno potrebbe obiettare, perché il gruppo Volkswagen di Wolfsburg è ancora piuttosto lontano dall’aver saldato il conto del “dieselgate”, la quasi incredibile truffa industriale del secondo dopoguerra automobilistico. Negli Usa con circa 600mila auto diesel vendute la Volkswagen ha già pagato un conto salatissimo, qualcosa come trenta miliardi di dollari. In Europa sino a oggi VW ha pagato in tutto soltanto cinque miliardi di euro, una cifra irrisoria se si pensa che le vetture diesel VW in circolazione sono circa 13 milioni, di cui nessuno sa dire con precisione quali gravi danni abbiano arrecato all’ambiente e ai cittadini. Molti altre richieste di danni saranno presentate alla Volkswagen dai vari tribunali europei, nei quali inizieranno prossimamente le cause promosse dagli avvocati che rappresentano gli automobilisti truffati. Fortunatamente anche in Germania negli ultimi mesi sia il governo federale, sia quelli dei Länder, sono andati assumendo un atteggiamento più deciso nei confronti della presuntuosa industria automobilistica tedesca. Grazie al cielo, è il caso di dire, perché i cittadini hanno un sacrosanto e inalienabile diritto a un sano ambiente, un obiettivo che deve avere assoluta priorità sui bilanci dell’industria automobilistica.

Arroganza Volkswagen

Gli errori nella vita si pagano e sarà così per il gruppo Volkswagen il quale sotto la regia del manager Martin Winterkorn, dimessosi nel 2015 dalla direzione VW a causa del dieselgate, ha barato per anni sulle prerogative ambientali del motore diesel. Per oltre un decennio, il gruppo Volkswagen ha dato ad intendere all’opinione pubblica mondiale che il motore diesel ad autoaccensione era in grado di assicurare alla Volkswagen un’imbattibile supremazia mondiale nei confronti della concorrenza estera, americana, giapponese o cinese ritenuta non in grado di competere con le caratteristiche ambientali del motore diesel tedesco. Negli ultimissimi giorni del 2018 siamo stati testimoni, a oltre tre anni dallo scandalo del “dieselgate”, di una quasi incredibile polemica tra il Ministero federale dei Trasporti di Berlino e il vertice Volkswagen sulle caratteristiche delle modifiche tecniche che dovranno ora essere apportate alle automobili diesel norme Euro 4 e 5 in modo che i loro proprietari possano continuare ad usarle nelle zone centrali delle molte città tedesche che prossimamente saranno chiuse al traffico delle auto diesel. Non soltanto non è ancora del tutto chiaro a chi spetti finanziare le modifiche tecniche, giacché la Volkswagen, quale indiscussa causa del problema, intende pagarle soltanto in parte (massimo 3000 euro) e soltanto a certe condizioni. Non è, infatti, per nulla chiaro a chi spetti dare la garanzia sulle modifiche qualora consumi e prestazioni del motore non fossero più quelle originarie, oppure qualora dovessero sorgere inaspettati problemi tecnici. La strategia del gruppo Volkswagen sembra essere quella di alimentare dubbi e incertezze tra gli automobilisti i quali di fronte alle incognite di una complicata messa a punto tecnica potrebbero essere indotti a svendere le loro auto diesel, molto richieste a quanto pare nei mercati dell’Europa dell’est. Tale svendita sarebbe generosamente compensata dai forti sconti che il gruppo Volkswagen in questo momento d’incertezza sui grandi mercati è disposto a praticare nella vendita di nuove auto, diesel o benzina. In altri parole, dall’ottica Volkswagen il tutto si risolverebbe in una colossale vendita promozionale. Per il momento bisognerà attendere l’esito delle due iniziative legali avviate per indurre l’industria tedesca a risarcire il prezzo pagato dagli automobilisti per le auto diesel truccate: quella della società MyRight dell’avvocato americano Michael Hausfeld – la “Musterfestllungsklage” di cui abbiamo parlato nel numero di dicembre del Corriere d’Italia – e quella della Deutsche Umwelthilfe DUH (Difesa dell’Ambiente), l’organizzazione di Jürgen Resch che accusa il governo della cancelliera Merkel di avere più interesse per l’industria dell’auto che per la salute dei cittadini tedeschi. Resch è già riuscito a ottenere diversi divieti di circolazione per le auto diesel in diverse grandi città tedesche.

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