Nella foto: Franco Battiato ©Foto di rabendeviaregia - wikimedia

Ionia 23 Marzo 1945, Milo 18 Maggio 2021: questo l’arco di tempo che raccoglie come tra due parentesi la storia di Franco Battiato

Il tempo, inteso in questo senso, è pura arbitrarietà, una convenzione dataci dal fatto che ci siamo abituati a misurare il tempo con orologi e calendari. Ma una quantificazione del tempo non ci aiuta a comprendere l’opera di un uomo, tantomeno il suo valore. Il tempo umano batte un altro tempo. Quello di Franco Battiato non è stato né un tempo frenetico, seppure alcuni suoi brani, di tanto in tanto, azzardino anche percorsi musicalmente meno meditativi, né orizzontale. Il suo andare è stato un andare verticale, in profondità, lentamente e incessantemente verso qualcosa che bisogna avere il coraggio di cercare, qualcosa che qui definirei in modo molto vago come una riunificazione con la totalità delle cose, con la propria origine e meta al medesimo istante.

Il Battiato doppio

Non penso di fare un torto alla sua opera, se dico che di Battiato ne sono esistiti perlomeno due. Uno essoterico-popolare e l’altro esoterico. Proprio come Platone. Il Battiato essoterico è stato quello che tutti quanti abbiamo conosciuto attraverso quei brani che lo hanno consacrato come una star tra le tante. L’altro è stato il Battiato che si sono azzardati ad ascoltare soprattutto coloro, i quali non si accontentavano di una linea armonica maggiore o minore, ma cercavano tra gli accordi aggiunte, maggiorazioni o diminuzioni. Il secondo Battiato ha poi rafforzato l’intensità esoterica della propria opera, facendo salire sulla carrozza dei suoi sentieri musicali Manlio Sgalambro nel ruolo di paroliere.

Parlare di un Battiato essoterico e di uno esoterico, potrebbe far pensare ad una classificazione della sua opera, secondo la quale l’essenza di questa stessa dovrebbe celarsi anzitutto nella parte esoterica. In realtà non è questo ciò che intendo. Battiato, musicalmente, era un eclettico, uno che si serviva di tutto ciò che gli era utile affinché passasse un determinato messaggio. Era al contempo elettronico e classico, gesuita, benedettino e francescano, occidentale ed orientale, patriota e del mondo. In questo senso era anche appunto commerciale e underground al contempo.

Ma è davvero possibile definire la sostanza di un’opera talmente vasta?

Definire significa sempre delimitare e dunque scegliere e poi escludere. Ma se volessimo pensare ad un’essenza dell’opera musicale di Franco Battiato io penso che questa risiederebbe anzitutto in un messaggio spirituale, sul quale egli è ritornato in diverse occasioni. In un’intervista rilasciata a Gianni Mollicca, alla domanda quale fosse la canzone che più lo rappresentasse, ha risposto riferendosi a Le nostre anime, la quale, partendo dalla memoria di un amore trascorso in un passato non precisato, si spinge ad esprimere la speranza in un trascendimento delle anime al di là del tempo e dello spazio, in un altro mondo in cui dimora esclusivamente la pienezza dell’amore.

Un brano dunque quasi escatologico

Spiritualità e trascendimento, meditazione e tentativo di oltrepassare i propri limiti spazio temporali, si mescolano in alcuni suoi brani costantemente in un rapporto tra l’io e l’altro, il quale, divenendo dialogo, prossimità, sensualità e sacrificio, diventa segno che rimanda all’Altro con la A maiuscola. Battiato, raramente o forse anche mai dice Dio, ma canta dell’Inviolato, al quale offrire lode in un’esistenza che sa mettere alla prova e sa far soffrire sino alla cecità. L’Inviolato che ci svela quanto arido e sterile sia l’inferno – un’immagine che fa capire quanto profonda sia la comprensione che Battiato ha del concetto del Male – è anche Colui che si disvela nei versi de L’ombra della luce, una profonda preghiera che mette a nudo tutta la fragilità dell’esperienza umana, i cui picchi di intensità altro non sono che ombre dinnanzi alla forza della Luce. Come ne Le nostre anime anche in Ti vengo a cercare e ne La cura Battiato da spazio all’esclusività di relazioni che divengono il campo da gioco di momenti strutturali nella vita spirituale dell’essere umani. Nel primo brano, l’interlocutore del protagonista del brano diviene l’occasione ultima di una crescita interiore, la cui essenza è racchiusa nel semplice quanto assoluto verso „perché sto bene con te, perché ho bisogno della tua presenza“. Questo tu, alla ricerca del quale il protagonista si pone con bisogno viscerale, è la causa finale di un’esperienza di pienezza che il protagonista fa, senza mai perdere di vista la necessità del trascendimento – un trascendimento, che culmina nella ricerca dell’Uno “al di sopra del bene e del male”. Nel famoso brano La cura, concetto che nella visione di Battiato è certamente distante da quello di Sorge presente in Heidegger (il concetto di cura è diventato patrimonio del linguaggio filosofico italiano, da che in particolare Pietro Chiodi ha tradotto Sein und Zeit di Martin Heidegger) il protagonista del brano si fa immagine di un amore privo di condizioni, portando la carica erotica del trascendimento proprio della ricerca spirituale indicata nel brano precedente ad incontrarsi con l’essenza agapica dell’amore come dono gratuito e totale. Amore, dunque, come aver cura di un altro da sé senza che questo sia tenuto a ricambiare il gesto.

Si potrebbe andare avanti per pagine e pagine e via ancora pagine, parafrasando delle liriche che oramai sono divenute patrimonio della letteratura sia italiana che mondiale. Purtroppo lo spazio qui concesso non lo permette. Quel che non si è potuto dire ci rimanda ai silenzi e ad un familiare senso di solitudine, quella che si prova quando qualcuno che ha fatto la differenza si congeda dal mondo. Nel caso di Franco Battiato si tratta di silenzi e solitudine che continueranno ad interrompersi attraverso il suono di quella sua vocalità posata che ci richiama ancor oggi alle liturgie monastiche, un temporale rimando all’eternità. E probabilmente è questo il patrimonio più prezioso che Battiato ci lascia in eredità: l’invito ad ascoltare il silenzio e ad amare la solitudine negli spazi di tempo che intercorrono tra brani che festeggiano la vita umana come relazione e ritorno all’unità originaria.

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