Per il suo ventesimo anniversario, il musical di Michael Kunze e Jim Steinman ritorna a Vienna, nel Ronacher. Ad interpretare Chagall, il padre della giovane Sarah (scelta dal Conte Krolok), è l’italianissimo Nicolas Tenerani, in scena fino a Giugno 2018

Come è nata questa avventura vampiresca?
In Italia, ahimè, l’offerta nel panorama del musical (e dell’arte in generale) è alquanto limitata. Per cui, in maniera molto scettica, perché io non parlavo tedesco, circa 4 anni fa, ho deciso di inviare la mia candidatura per email. Quando mi hanno chiesto se parlassi tedesco sono stato sincero, e ho risposto di no. Loro mi hanno detto chiaramente che cercavano qualcuno che parlasse tedesco a mi hanno suggerito di prepararmi. Così, imparando tutto a memoria, sono riuscito a superare le varie fasi delle selezioni e ad ottenere il ruolo. Così è nata la mia avventura tedesca. In questi anni ho avuto anche la possibilità di rendermi conto quale peso venga dato alla cultura e, dai tedeschi, ho imparato che la cultura è anche business. In Italia, paese ad hoc per la cultura, manca ancora questa visione della cultura come business.

Secondo te non è una contraddizione? E le conseguenze?
Lo è. Sembra un luogo comune, ma noi, in Italia, potremmo vivere, tranquillamente, della nostra cultura. Purtroppo questo non avviene. Come conseguenza io, e molti altri ci trans feriamo all’estero. Io, in Germania, un paese che mi ha accolto a braccia aperte e che, da 4 anni, continua a darmi lavoro senza sosta. Verso l’Italia provo il classico sentimento di amore-odio: Amore perché è la mia patria, odio perché vorrei starci, ma non ci sono le condizioni che mi permettano di farlo. Anche se, lo ammetto, la speranza che un giorno possa succedere, rimane. Essere parte di questo cast al Ronacher è una gran bella avventura. Ho colleghi di altissimo livello artistico e lavorarci insieme è un piacere. Sempre soddisfacente lavorare con chi l’arte, ce l’ha nel DNA.

Rientrare per…
…essere parte di una produzione artistica di alto livello, come quelle che sto facendo in Germania. Devo però anche dire che, fin quando sono stato in Italia, sono stato sempre coinvolto in progetti molto interessanti. La cosa che un po’ mi spaventa dell’Italia è la continuità. In Germania ci sono musical, come «Il Re Leone» in scena da vent’anni, mentre in Italia le tournee sono al massimo di 3-4 mesi. Spero solo che con le nuove leggi per la promozione della cultura possa cambiare qualcosa. Il mio sogno sarebbe quello di poter vivere del mio lavoro nel mio paese.

Anche tu sei in scena da un po’ di tempo. Quando è nato l’amore per la musica e per il teatro?
Già all’età di 4 anni, mentre gli altri voleva fare il calciatore o l’astronauta, io volevo fare l’attore. Quando poi, alle scuole superiori, ho incominciato a fare teatro con la mia professoressa di letteratura, mi sono reso conto e convinto della fattibilità del mio sogno. Successivamente, quando sono stato a Bologna, a vedere il musical «Gigi» con Gianluca Guidi ed Ernesto Calindri che, a 90 anni, ballava sul palco il tap tap, mi sono reso conto che era proprio quello che io volevo fare nella mia vita. Nel frattempo, con Gianluca Guidi siamo diventati amici e ancora oggi, quando lo vedo, lo ringrazio per avermi fatto capire, attraverso quello spettacolo, cosa volessi fare della mia vita.

Lavoro e vita privata: come vanno insieme le due cose?
La vita privata, a volte, è il sacrificio da pagare. Il mio cuore, e la mia testa, sono completamente assorbite dal mio lavoro. Avrei voglia di condividere il tutto con una persona, ma, attualmente non è possibile, perché l’idea che io poi sia in giro in tournee, sembra far paura.

Ora, per un po’ di tempo, sarai a Vienna ad interpretare Chagall nel «Tanz der Vampire». E dopo?
Mi piacerebbe rientrare in Germania se i progetti che sto tenendo d’occhio, andranno in porto. Sono grato alla Germania perché questa nazione mi ha accolto e lo ha fatto senza battere ciglio e impuntarsi sull’iniziale ostacolo linguistico. Mi sono sentito tutelato dal primo giorno di lavoro e sempre rispettato. Se, in Italia, dici di essere attore, ti viene subito chiesto di dire il tuo «vero mestiere», quasi, come se fare l’attore fosse un hobby per ricchi. In Germania questo, finora, non mi è mai successo.

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