Il viaggio del Papa in Cile e Perù preceduto da disordini e proteste. Poveri, diritti umani e ambiente. Una tappa verso il Sinodo sull’Amazzonia

Era iniziato in salita il viaggio del Papa in Cile e in Perù, con gli incendi ad alcune chiese cattoliche e lettere di minaccia, con l’occupazione della Nunziatura a Santiago, dove le proteste per i costi del viaggio si sono sommate al ricordo delle reticenze della Chiesa negli anni della dittatura di Pinochet. Un campo minato nel quale Papa Francesco si è mosso ascoltando le vittime della dittatura, incontrando gli indios Mapuche e i popoli indigeni, sia in Cile che in Perù. Paesi nei qualii sono forti le discriminazioni sociali, la crescente povertà di settori della popolazione, le questioni della corruzione e difesa dell’ambiente.

Il Pontefice è andato nei due Paesi sudamericani, ancora segnati dalle ferite delle dittature, come pellegrino di riconciliazione e di speranza. Non si è sottratto alle contestazioni, incominciando a Santiago, capitale della Repubblica cilena, dove ha espresso “dolore e vergogna per gli abusi sui minori”, compiuti anche da sacerdoti e monsignori, esortando ad “impegnarci perché ciò non si ripeta”.

Poi ha invitato ad ascoltare le suppliche dei bisognosi, impegno che “assume grande valore in questa Nazione dove la pluralità etnica, culturale e storica esige di essere custodita da ogni tentativo di parzialità o supremazia, mettendo a rischio “la capacità di … una sana apertura al bene comune”. Frase detta alla Presidente Michelle Bachelet, figlia di un Generale ucciso dopo il golpe di Pinochet.

La capacità di ascolto di chi soffre significa attenzione ai disoccupati, ai migranti “che bussano alle porte di questo Paese in cerca di miglioramenti”, ai giovani da “proteggere dal flagello della droga”, agli anziani e ai bambini, agli indigeni, onde rispettarne i diritti e salvaguardarne la cultura. Necessario, perciò, ostacolare “l’irruzione del potere economico contro gli eco-sistemi naturali, e quindi contro il bene comune dei nostri popoli”.

Una “saggezza dei popoli che può risultare di grande sostegno”, in quanto “da loro possiamo apprendere che non c’è vero sviluppo in un popolo che volta le spalle alla terra e a tutto quello che vi è connesso”. E fa comprendere che una nazione, disinteressata ai problemi del territorio e dei suoi abitanti, non può svilupparsi. Sapienza che il Cile possiede e può far ridurre “la concezione meramente consumistica dell’esistenza”.

Al Parque O’Higgins, periferia di Santiago, durante l’omelia ha fatto sue le parole di “quel grande Pastore (Card. Raul Silva Henriquez), che, nel 1977, disse: ‘Se vuoi la pace, lavora per la giustizia’ E se qualcuno ci domanda: ‘Cos’è la giustizia?’; o se per caso pensa che consista solo nel ‘non rubare’, gli diremo che esiste un’altra giustizia: quella che esige che ogni uomo sia trattato come uomo’. Cardinale che aveva invitato i fedeli a “tessere un fu-turo di pace”, cioè “ad andare incontro a chi si trova in difficoltà, a chi non è stato trattato come persona, come un degno figlio di questa terra”. Cioè “vincere grandi o sottili meschinità e ambizioni, che nascono dalla pretesa di crescere e farsi un nome, di acquistare prestigio a spese degli altri… L’operatore di pace sa che non basta dire: non faccio del male a nessuno, perché, va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il bene. Costruire la pace … stimola la nostra creatività per dar vita a relazioni capaci di vedere nel mio vicino non un estraneo, uno sconosciuto, ma un figlio di questa terra”. Evidente, in queste parole di papa Bergoglio, il riferimento alle frasi di Donald Trump su Haiti ed El Salvador, da lui definiti “paesi cesso”. Concetto papale, nettamente in contrapposizione con le idee liberali del Capo di Stato americano e di Pedro Pablo Kuczynski, Presidente del Perù, seconda tappa del viaggio del Papa, dichiaratosi ovviamente contrario al fatto che il Pontefice parlasse di diritti umani. Inoltre al Papa della “enciclica “Laudato si’” sta molto a cuore anche la salvaguardia del creato. Per la prima volta un Pontefice ha messo piede in Amazzonia, prima tappa verso il Sinodo speciale da lui convocato proprio sull’Amazzonia per l’inizio del 2019.

Questi i temi salienti del ventiduesimo viaggio internazionale di Papa Francesco, del quale i mass media hanno riportato di più le contestazioni iniziali e alcuni fatti marginali, come lo stupefacente matrimonio, compiuto in aereo che lo portava in Perù, tra lo steward Carlos, di 41 anni, e l’hostess Paula, di 39, fino allora coniugati solo civilmente. Durante il volo, erano andati da Bergoglio a chiedere una benedizione, ed avevano detto di volersi sposare con rito religioso, magari da lui “in futuro”. Il Pontefice ha reagito, chiedendo “Volete sposarvi? Siete sicuri? Vi sposo subito”. Tra la sorpresa e la gioia di tutto equipaggio.

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