Risale a qualche settimana fa la notizia di chiudere alcuni Consolati italiani in Svizzera ed in altri Paesi (si parla di 36 sedi all’estero). Decisione presa, dicono al Ministero degli Esteri, “per ridurre le spese statali”. Il che dimostra, se ne avevamo ancora di bisogno, l’incapacità statale di amministrare equamente i soldi dello Stato. Certo, la crisi economica in Italia rende necessario ridurre il debito pubblico, come richiesto anche dall’Unione Europea. C’è però un altro modo per riuscirci: diminuire le uscite statali e gli sprechi. Senza penalizzare gli emigrati e, nella Confederazione Elvetica, danneggiare le sedi consolari, come quella di San Gallo che ha una storia centenaria e serve anche agli Italiani residenti nel vicino Principato del Liechtenstein.
Per ottenere un ripensamento in merito alla chiusura dei Consolati, Mauro Spallaccini, presidente della Colonia Libera Italiana di Neuchâtel, ha raccolto moltissime firme e suggerito al Ministro degli Affari Esteri di abbassare “le paghe degli ambasciatori” che godono di uno stipendio lordo di oltre 200mila euro all’anno, cui si sommano le indennità (più di trentamila) e di assumere personale locale, “come fanno Germania e Francia”. Richiesta consegnata alla Bonino l’11 settembre, in occasione della sua visita a Neuchâtel per incontrare Burkhalter. Non avendo ottenuto risposta, giorni fa anche il Comites di San Gallo ha inviato un’identica petizione al presidente del Consiglio, Enrico Letta, e al Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, mentre si svolgevano diverse Assemblee informative e manifestazioni di protesta, con larga partecipazione di connazionali, organizzate dal Comites in varie località della circoscrizione consolare.
La Farnesina, convinta che il nostro Paese dipenda sempre di più dall’im-portazione di energie e materie prime, intende puntare sui Paesi emergenti: da qui la decisione di aprire tre nuovi consolati ad Ashgabat, capitale del Turkmenistan, a Chongqing in Cina e a Ho Chi Minh in Vietnam. Ne è conseguita la volontà, per contenere i costi, di chiuderne diversi, 3 dei quali in Svizzera (San Gallo, Neuchâtel e Wettingen), ove attualmente sono 9, e in altri Stati nei quali emigrarono, a suo tempo, gli Italiani, oramai – secondo il Ministero degli Esteri – più che integrati. Come, del resto, ha fatto la Confederazione Elvetica tra il 2007 e il 2012.
In effetti, i Consolati costano “1,7 miliardi annui di euro”, cifra che si abbasserebbe non di poco se, come suggerisce il succitato Spallaccini, si assumesse in loco “l’80% del personale, dato che “gli impiegati ricevono indennità importanti se arrivano dall’Italia”. Il che farebbe “cadere tutte le voci di costo che riguardano le indennità”. E si ridurrebbero notevolmente i chilometri che gli Italiani qui residenti dovrebbero fare per raggiungere il Consolato cui risultano iscritti, con conseguente aumento di esborsi finanziari, perdita di tempo e di giorni di ferie, se lavoratori dipendenti. Come accaduto, nel 2011, quando furono chiuse le sedi di Losanna, che ora dipende da Ginevra, e Coira, inglobata nel Consolato di San Gallo, che attualmente serve i seguenti Cantoni: San Gallo, Appenzello Interno ed Esterno, Turgovia, Grigioni e Principato del Liechtenstein, con una utenza totale di circa 56.000 emigrati. Inoltre l’edificio consolare, di proprietà dello Stato italiano, ha una storia centenaria, ma rischia di rimanere chiuso e di guastarsi, come già avviene con quello di Bellinzona, della quale si ignora tuttora la sorte. A dispetto delle proclamate “riduzioni delle spese”, e trascurando il costo del deterioramento del patrimonio immobiliare all’estero, come avvenuto anche ad Amburgo.
Per ora la chiusura è slittata, per effetto di controversie da parte di alcuni senatori del Pd contrari alla riduzione, anch’essa in programma, di qualche Istituto di cultura. Decisione che sta mettendo in allarme gli addetti ai lavori. Che pensano solo ai loro notevoli stipendi. Come, del resto, fanno tutti i politici ed i burocrati nazionali. I quali, piuttosto che ridurre i notevoli benefici di cui godono, preferiscono infliggere tasse ai residenti in Italia o costringere a costosi viaggi gli immigrati per andare in Consolato. Dice niente che la Rai, mantenuta dallo Stato, pur avendo già 13 mila dipendenti, 1.700 dei quali giornalisti, abbia deciso di assumerne altri cento il cui costo ricadrà sulle tasche dei contribuenti? Che già pagano migliaia di euro annui per i 300 dirigenti.
Non va meglio a Roma dove, solo nello scorso mese di dicembre, sono stati pagati 266 vitalizi, per un totale di 19 milioni 631.004 euro, ad ex consiglieri regionali non in età di pensione e con meno di dieci anni di mandato, alcuni dei quali intascano 2 o più pensioni, pur essendo magari indagati per corruzione e spese personali fatte con soldi pubblici. Senza contare – come già rilevato in un precedente articolo – l’enorme costo della Presidenza della Repubblica, nonché dei Parlamentari e dei Ministri, che spesso sommano pensioni e retribuzione. Uno spreco vergognoso che ha portato ad una fiscalità eccessiva con ciò che ne è conseguito, alla non soluzione della crisi nazionale e che ora spinge ad abolire alcuni Consolati. Provvedimenti e decisioni che alimentano solo l’antipolitica dei cittadini. Ed il conseguente assenteismo elettorale.