La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: risparmiare!
Forse si è rivolto così il nostro Ministro degli Affari Esteri ai suoi ambasciatori e consoli sparsi per il mondo, scatenando una corsa alle proposte per il risparmio nella gestione della rete diplomatico/consolare.
Alcuni diplomatici si sono sbizzarriti, proponendo le più svariate misure di risparmio, ben attenti a non mettere mai in discussione il proprio ruolo e i propri costi a carico dell’ormai impoverita pubblica amministrazione.
Le proposte che spiovono a Roma vanno dalle più semplici e radicali (chiusura selvaggia dei consolati) alle più fantascientifiche (installazione di colonnine con video chiamati “Totem” e ai quali i paesani all’estero devono rivolgersi in caso di necessità).
Ma la fantasia del corpo diplomatico è come le vie del Signore: non conosce limiti! Qualcuno, infatti, giura di essere a conoscenza di un’ultima proposta di “razionalizzazione e riduzione degli oneri della presenza italiana” giunta niente meno che dall’Australia. Paese ricco di canguri, coccodrilli, koala e uffici postali. Direbbe Di Pietro: e che ci azzeccano gli Uffici postali? Ci azzeccano, ci azzeccano e sapete perché? Semplice. Dall’Australia è giunta la proposta di affidare il prelievo delle impronte digitali e della scansione delle fotografie, per i passaporti ai cittadini italiani ivi residenti, alle poste australiane! Immaginate gli italiani d’Australia andare un momento alla posta, imbucare qualche cartolina, versare qualche sudato dollaro sul libretto di risparmio e poi incollare indice e pollice sul bancone postale per richiedere un passaporto italiano nuovo di zecca. Bersani direbbe : Ohè ragassi! Mettiamo mica la spesa nel marsupio del canguro?
Questa la proposta australiana, che vuole contemporaneamente la chiusura degli uffici consolari di Brisbane e Adelaide, optando per i postini locali (con la faccia tosta di richiedere con i soldi risparmiati l’invio di un ennesimo funzionario che deve seguire certe realtà imprenditoriali e istituzionali e bla, bla, blaa).
E meno male che a Berlino abbiamo un Ambasciatore che si chiama Michele Valensise, altrimenti non ci sarebbe nulla da meravigliarsi se qualcuno decidesse di installare un “bancariello” (piccola teca), nelle filiali dell’Aldi e del Lidl con le stesse funzioni, chiedendo la chiusura dei restanti consolati in Germania ormai obsoleti e superflui davanti a tanto spirito d’ iniziativa mirata alla “razionalizzazione”.
Certo, c’è poco da scherzare, ma di fronte a quest’ultima iniziativa giunta sul tavolo del nostro Ministro degli affari esteri passa veramente la voglia di discutere seriamente sull’impoverimento dell’immagine del nostro Paese, sulla violazione del diritto alla protezione dei dati personali e su un servizio che neanche le magnanime poste australiane farebbero gratuitamente. Non parliamo poi della leggerezza con cui si metterebbe al bando ogni norma di sicurezza personale dei malcapitati utenti. Immaginiamo se potesse mai venire in mente a un ambasciatore australiano l’idea di affidare i dati personali dei suoi connazionali agli uffici postali italiani!
Cose da pazzi e c’è solo da sperare che qualcuno impazzisca per davvero, avanzando l’unica sensata proposta per risparmiare. Sarebbe, infatti, sufficiente richiamare a casa quel piccolo ma costosissimo esercito di diplomatici e funzionari e lasciare sul posto quattro gatti che facciano passaporti e carte d’identità!
Sarebbe sufficiente dire la verità sui Consolati pseudo “capisaldi esteri dell’imprenditoria nazionale” .
Lo sanno pure i tonti che nessun imprenditore ha mai concluso un affare all’estero per il tramite di un consolato.
Ogni tanto i consoli sono invitati al banchetto di festeggiamento di qualche grosso affare, questo è vero. Ma si tratta spesso solo di un gesto d’educazione nei confronti di funzionari, i quali magistralmente sanno saltare su treni già in corsa, che viaggiano veloci e guidati da gente che di affari se ne intende veramente.