In Italia sarà complesso far maturare le premesse atte a risolvere i suoi maggiori problemi in circa due anni e sette mesi. 1000 Giorni, appunto. Secondo la strategia renziana, ovviamente condivisa da una maggioranza parlamentare atipica, entro il marzo del 2017 la Penisola dovrebbe aver cambiato “pelle”. La recessione sarà un ricordo e la ripresa una concreta realtà. Tutto bene a parole; nei fatti la realtà ci sembra assai più complessa.
Intanto, non ci sentiamo d’ipotizzare che l’attuale Esecutivo riesca a tirare avanti per oltre due anni. Col 2015, poiché la riforma della Legge Elettorale sembra non occupare più di tanto i nostri politici, si potrebbe verificare un’ulteriore “svolta”. Necessaria, magari, per garantire la governabilità del Paese.
I 365 giorni del 2015 potrebbero essere decisivi per qualificare il futuro della squadra di Renzi che, sino ad ora ha giocato in “difesa” e neppure nel modo politicamente migliore. Da noi si sono instaurati parametri economico/sociali già giudicati dagli esperti della BCE inidonei a una reale ripresa produttiva e occupazionale del Paese.
Del resto, proprio per non determinare una flessione più generale del problema, le grandi economie, tipo quella tedesca, si sono defilate dalle iniziative Renzi; pur non potendo interferire nelle questioni interne di una Penisola che avrebbe bisogno di tutto ed alla quale è offerto, a caro prezzo, sempre meno. Un’analisi dell’attuale realtà di mercato non conforta il varo dei “1000 giorni”.
Del resto, non basta uno slogan per determinare una concreta inversione di tendenza che, da noi, dovrebbe essere preceduta da un progetto per ridare stimolo alla produttività. L’ottimismo di comodo non convince più nessuno. Quando i progetti restano sempre sulla carta, l’economia resta inchiodata sul Golgota della recessione.
Dato che il fatto non può essere sottaciuto, sarebbe meglio affrontarlo con i mezzi dei quali, realmente, possiamo disporre. Cioè ben pochi. Tutto il resto è spettacolo e neppure di buona lega. Gli italiani hanno bisogno di concretezza e di meno promesse. Dato che farle è semplice, ma mantenerle è, poi, difficile. Del resto, questo è il terzo Esecutivo che vive fuori dalla fiducia popolare. Il Parlamento non rappresenta più i suoi elettori. Sono cambiati i partiti, si sono andati a modificare anche i loro programmi.
L’opposizione è solo formale e le nuove, possibili, alleanze restano confinate al varo di una nuova normativa della quale il termine “Italicum” è totalmente privo di contenuti applicativi. Per tentare di uscire dal tunnel della crisi, ci vorrebbero iniziative differenti; se non nuove, almeno originali. Invece si tira avanti con le solite assicurazioni che si presentano bene, ma dicono poco. I “fatti” e i “misfatti” d’Italia verranno al pettine. Intanto, i 1000 giorni di Renzi sono iniziati.