Una ricerca su come i libri di scuola tedeschi presentino la questione della migrazione e della integrazione è stata promossa dal delegato del governo federale sulla questione, Aydan Özoğuz; la ricerca porta a dei risultati per molti versi incoraggianti, anche se con alcune (forse non poche) eccezioni. Intanto diciamo che i libri di geografia sociale o, meglio, i Sozialkündenbücher, portano perlopiù una immagine chiara di una Germania come luogo di immigrazione, nel quale trovano patria persone di origine diversa.
L’interculturalità è quindi un tema presente in moltissimi libri scolastici e questo riflette anche il concreto dato di fatto che, nelle scuole tedesche, circa un terzo degli scolari sotto i 15 anni ha un passato migratorio. Di questi, circa l’80% sono nati in Germania ed hanno la semplice nazionalità tedesca.
È chiaro, quindi, che questa realtà deve rispecchiarsi nei contenuti dei libri di testo e nei piani di insegnamento. I libri scolastici, infatti, sono portatori non soltanto di contenuti scientifici o letterari, ma anche, nella loro forma, di messaggi sociali che vanno al di là dei contenuti specifici. Ciò nondimeno, alcuni libri riportano l’immigrazione più come un problema che come una soluzione, anche se poi l’integrazione viene descritta come la soluzione. Insomma in alcuni libri vince piuttosto una visione monoculturale integrativa piuttosto che una multi-interculturale.
Semmai il punto, poi, è che spesso non si sa esattamente cosa si intenda per ‘integrazione’. In questi, ad esempio, le migrazioni vengono associate più o meno direttamente a qualcosa di socialmente negativo o inquietante, come la criminalità o la povertà. L’impressione finale che si dà al bambino o allo scolaro è che la questione è comunque problematica o negativa e dalle migrazioni bisogna in qualche modo difendersi. In particolare, in alcuni libri, viene rappresentata un’orda incontrollata di migranti assetati di sostegno sociale e di appartamenti a buon prezzo che, dall’Europa dell’est, arriveranno in Germania nel prossimo futuro. La tecnica di alimentare le paure inconsce non è molto diversa da quella di certo giornalismo; ma molto più efficace perché si rivolge a persone in uno stato di formazione, per le quali il libro di testo è una fonte più che autorevole di rappresentazione della realtà.
In un libro di testo di una Realschule di Berlino troviamo ad esempio: „La continua accettazione di una immigrazione incontrollata fa paura a molti tedeschi, che guardano con preoccupazione verso oriente. Arriverà da laggiù una nuova ondata di immigrati poveri. Molti comuni non sanno già oggi come procurarsi spazi abitativi per i profughi. Particolarmente difficile è la situazione nelle grandi città, dove gli appartamenti sono comunque pochi“. Il messaggio di questo libro del 2003 è piuttosto chiaro e non certamente subliminale.
Ogni scolaro/a che lo legge ha chiara la visione della realtà che gli viene proposta e sa che deve avere paura di questa “immigrazione incontrollata”. Ancora più chiari sono i messaggi mediati da alcuni libri di testo bavaresi. “Non sono i cittadini in Germania che si estinguono, bensì i tedeschi. Quasi un cittadino su dieci in Baviera è straniero”. O ancora: “A causa della sua scarsa capienza, la Germania non è adatta ad essere terra di immigrazione”. Esistono poi una serie di valutazioni in linea con la Willkommenskultur, che sono positive soltanto grazie alla utilità degli stranieri per la risoluzione della questione demografica ed economica. “Essi (gli stranieri) pagano le tasse e i contributi sociali come tutti i lavoratori tedeschi e danno un importante contributo per il nostro comune benessere”.
Queste valutazioni in linea con la Willkommenskultur sono molto diffuse in maniera trasversale in tutti i libri nei vari gradi di istruzione, e contengono in maniera subliminale, una valutazione negativa per l’immigrazione di profughi da zone di fame o di guerra. Come stranieri sono poi spesso segnalati indiscriminatamente neri e islamici, compresi coloro che hanno un passaporto e una cittadinanza tedesca e che vivono da molto tempo in Germania. Questi gruppi vengono rappresentati talvolta al di fuori del “noi” nazionale di appartenenza, e ciò con il rischio concreto che siano o si sentano anche al di fuori del “noi” del gruppo classe. Non sono al di fuori del “noi” nazionale invece i figli di cittadini svedesi o nordamericani.
Il gruppo europeo del sud, come quello italiano o spagnolo, sta ancora in una linea di confine indefinita, una sorta di zona grigia, tra il “noi” e gli “altri”. Interessante poi anche il fatto che spesso nei testi scolastici l’integrazione viene dipinta come compito principale dei migranti, e non come luogo di incontro interculturale, peraltro obbligato, visto che la popolazione con passato migratorio è parte integrante del quadro demografico del Paese. Dice per esempio un libro berlinese di politica: “La migrazione è una maledizione o una benedizione?”, dimenticando appunto che la migrazione è un dato di fatto e che la storia non torna indietro. Nella pratica, molto è stato fatto a partire dagli anni Settanta o dalle teorie della Leitkultur, ma ancora molto rimane da fare. Lo studio è stato organizzato dal Georg-Eckert-Institut (GEI) in collaborazione con il Zentrum für Bildungsintegration an der Stiftung, università Hildesheim.