Mauro Montanari, direttore di questo giornale, diceva „grazie“ al presidente Wulff per il coraggio e l’onestà del suo discorso del 19 ottobre 2010 davanti al Parlamento turco. In quella sede il Presidente tedesco, dopo aver già suscitato scalpore, asserendo che l’Islam è parte della Germania, affermava davanti alla classe politica di quel Paese che anche il Cristianesimo è parte della società turca.
Parole forti e coraggiose, con la richiesta del diritto alla parità di trattamento, pari dignità, rispetto e protezione. Con Christian Wulff, la Germania ha goduto effettivamente di una ventata di freschezza alla Presidenza della Repubblica federale, dopo l’era Köhler così spigolosa, priva di spontaneità, rigida, un poco antipatica e dopo l’aria tanto composta dei suoi predecessori. Wulff fu eletto in via straordinaria. Il 31 maggio 2010 scoppiava, infatti, un bel botto con le dimissioni di Horst Köhler dopo essere stato criticato aspramente (soprattutto dal Leader dei Verdi Jürgen Trittin) per le sue dichiarazioni sulla necessità di difendere il benessere dello Stato e le sue vie commerciali anche con le armi. Per un intero giorno la Germania respirò un’aria di piombo.
Poi venne Christian Wulff, bello con una moglie attraente, versione teutonica di Jacqueline Kennedy. Tutti felici, tutti contenti e poi il passaggio brusco, a dicembre dell’anno passato, dai servizi sull’eleganza di Donna Bettina Wulff alle critiche aspre per un mutuo a condizioni agevolate offerto ai Wulff da una famiglia di banchieri, amica della coppia presidenziale. Mezzo milione di Euro per finanziare l’acquisto della casa. Questo mezzo milione gli era stato però prestato prima in via privata e poi commutato frettolosamente in credito bancario in un’operazione poco trasparente. Insomma un semplice scambio di favori tra amici, anche se con in ballo un bel mezzo milione di Euro. Un semplice favore; però Christian Wulff è il Capo dello Stato tedesco.
E il capo dello Stato non può accettare agevolazioni e favori per niente e da nessuno. Questa è la concezione, almeno quella prussiana, del modo di essere al servizio dello Stato. E il primo servitore dello Stato è proprio il suo Capo. A questo punto, in nome della libertà di stampa, soprattutto gli iperattivi del “Bild Zeitung”, sono andati a scavare pure nelle vacanze estive, autunnali e invernali della famiglia Wulff. Eh sì, perché il meglio del giornalismo investigativo tedesco ha pure scoperto che i Wulff hanno fatto le vacanze varie volte ospiti, e quindi a spese di qualche loro amico imprenditore. E anche questa nuova scoperta mette maggiormente in cattiva luce il Presidente incalzato dai partiti all’opposizione (moralisti in prima fila i Verdi e la Spd) a fare chiarezza su questa nuova sconcertante scoperta.
A questo punto sia ben chiaro che nulla d’illegale sia venuto a galla. Le critiche al comportamento del Presidente sono rivolte all’inopportunità del suo comportamento. Un’infervorata “richiesta di chiarezza” è stata ovviamente cacio sui maccheroni per i partiti all’opposizione che Wulff alla presidenza della Repubblica proprio non lo volevano (furono necessarie ben tre turni elettorali all’Assemblea nazionale prima di racimolare i voti necessari). La stessa opposizione si aspettava dal presidente Wulff almeno una specie di pubblico “mea culpa” soprattutto durante il suo messaggio di fine anno.
Il caro Presidente si è reso invece ulteriormente antipatico agli occhi dei suoi critici, eludendo l’argomento e limitandosi agli auguri di rito sotto l’albero di natale. E parte nuovamente Bild e tutto il carrozzone mediatico, accusando Wulff di non dare soddisfazione all’esigenza di chiarezza del popolo germanico, ora infastidito dalla sua tattica del salame, al momento in cui forniva all’opinione pubblica chiarimenti a fettine, una dopo l’altra. A questo punto succede qualcosa che di tedesco ha veramente ben poco: salta fuori la notizia che il 13 dicembre (Santa Lucia deve avergli offuscato la vista) il Presidente ha telefonato al Capo redattore del Bild e non trovandolo al telefono gli ha lasciato un messaggio focoso sulla sua segreteria telefonica, minacciando di sciogliere ogni collaborazione con quella testata se si fosse permessa di pubblicare storie speculative sulla sua famiglia.
Ma v’immaginate una telefonata dalla Presidenza della repubblica con un Presidente all’altro capo accecato dalla rabbia? Un invito a maccheroni e carne per l’indignato quotidiano Bild (quel Bild Zeitung che Günter Wallraff già denunciò e smascherò come perfetta macchina del fango) che costernato si erge ora a difesa della “libertà di stampa” minacciata telefonicamente dal presidente Wulff. Solo il quattro gennaio, il Presidente ha finalmente annesso davanti alle telecamere delle tv nazionali di avere sbagliato telefonando al Bild, ma ha anche difeso il suo diritto di accettare un credito legalmente agevolato, come avrebbe fatto ogni altro cittadino. Non è finita qui. Si parla ormai apertamente di dimissioni. Dimissioni che sarebbero fatali per la Cdu/Csu e Liberali, che per la seconda volta in pochi mesi vedrebbero un loro candidato sgombrare la poltrona presidenziale.
Dimissioni che più per disonestà, dovrebbero essere richieste per la goffa ingenuità di uno che affida il suo disappunto alla segreteria telefonica del Bild.