“L’immigrazione è responsabilità condivisa di tutti gli Stati membri e tutti gli Stati membri sono chiamati ora a raccogliere questa sfida storica”: così Federica Mogherini – Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea – commentava la nuova Agenda europea sulla immigrazione, presentata dalla Commissione Europea.
Un ottimo lavoro di quadra dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini, del Vicepresidente Frans Timmermans e del Commissario per l’Immigrazione Dimitris Avramopoulos; ciò che appare e sembra esserci è una vera e propria svolta nel segno di una maggiore solidarietà e responsabilità condivisa rispetto a quelle che sembravano le premesse emerse dal Consiglio Europeo del 23 aprile u.s.
La nuova Agenda sull’immigrazione tratta di un programma ambizioso con strategie a breve e lungo tempo basato su quattro pilastri:
1. ridurre gli incentivi all’immigrazione irregolare;
2. aumentare la sicurezza delle frontiere esterne europee;
3. realizzare un sistema europeo comune di asilo efficace;
4. elaborare una nuova politica migratoria legale.
5. L’obiettivo è quello di cambiare l’approccio al problema dell’immigrazione, riconoscere la dimensione europea del fenomeno e la necessità di interventi strutturali oltre le soluzioni meramente emergenziali.
Innanzitutto si triplicano i fondi alla missione Triton: dovrà svolgere non solo un ruolo centrale nel rimpatrio, ma anche e soprattutto nelle operazioni di salvataggio di vite umane, compito non altrettanto potenziato fino ad ora. Triton ed Europol dovranno poi collaborare per smantellare la rete di trafficanti: già lunedì 18 maggio nel Consiglio dei Ministri degli Esteri si è discusso in merito all’adozione di provvedimenti di sicurezza e difesa.
Federica Mogherini ha però sciolto ogni dubbio: non ci saranno interventi a terra in Libia, ma operazioni di intelligence mirata, per colpire le navi sospette, cercando di non compromettere la vita dei migranti. Si è anche sottolineata la necessità di coordinare meglio il controllo alle frontiere esterne e non è esclusa la formazione di una guardia costiera europea, finanziata con mezzi e risorse di tutti gli Stati. Ma i punti più importanti e più discussi dell’Agenda sono quelli che riguardano le questioni del ricollocamento- nodo quote e del reinsediamento dei migranti.
Entro fine anno sarà approvato un piano per mettere in atto il cosiddetto sistema di risposta di emergenza, previsto all’articolo 78 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), ma fino ad ora mai stato attivato: si cercherà di stabilire delle quote di migranti con diritto di asilo per ciascun Paese membro in base a criteri come PIL, popolazione, tasso di disoccupazione, numero di rifugiati già a carico dello Stato.
La Commissione Juncker ha deciso di chiamare gli Stati ad una responsabilità condivisa, ma, com’era prevedibile, non tutti sembrano d’accordo: il Regno Unito potrà beneficiare della clausola opt-oute e non farà parte della distribuzione delle quote, mentre Ungheria, Polonia, Lituania, Slovacchia e Repubblica Ceca già si sono schierati contro ad una politica di redistribuzione.
Entro fine maggio verranno reinsediati in Europa circa 20.000 rifugiati che si trovano ora nei campi profughi di Paesi terzi come Giordania e Turchia. Per questo è stato stanziato un finanziamento di 50 milioni di euro e anche in questo caso la redistribuzione avverrà in base ad un sistema di percentuali per ogni Stato.
Altra questione centrale è quella relativa al sistema comune di asilo politico: la Commissione non ha nascosto l’inefficacia delle previsioni del regolamento Dublino III. Nell’immediato intanto si velocizzeranno le procedure di rimpatrio dei migrati irregolari e verranno inviati nei Paesi di confine degli agenti dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo che dovranno aiutare gli Stati a smaltire le tante richieste, troppo spesso rimaste inascoltate.
Ma soprattutto nel 2016 si metterà in discussione il funzionamento del sistema Dublino: chi ottiene il diritto di asilo dallo Stato di primo approdo dovrebbe godere di uno status giuridico comune in tutti i Paesi membri e si parlerà così di asilante europeo, con pari diritti in tutta Europa. Infine, è previsto un maggiore impegno nella cooperazione con gli Stati terzi di origine e di transito: verranno inviati dei funzionari di collegamento nei Paesi chiave, perché, come ha detto Federica Mogherini, non è pensabile affrontare il problema senza indagarne le cause profonde, dalla povertà all’instabilità per le guerre e la crisi in Libano e Siria.
Gli impegni (e gli ostacoli) sono tanti, ma la Commissione è decisa a portare avanti il suo programma, spalleggiata da Paesi come Italia, Francia e Germania. Sono state fissate scadenze precise e gli Stati membri non possono più rimandare l’assunzione delle loro reciproche responsabilità.
Certo è che per salvarsi l’anima di fronte alla vergogna dei morti nel Mediterraneo, Bruxelles presenta un testo di «raccomandazione» agli stati membri, che dovrà però ancora passare il vaglio del voto del Consiglio (a maggioranza qualificata) ed essere discussa all’Europarlamento.
Le reticenze sono forti. La proposta di Bruxelles contiene non solo un incitamento a definire una politica di asilo comune (resettlement) e l’ipotesi per il 2016 di una revisione del regolamento di Dublino (che obbliga il paese di arrivo ad esaminare la domanda d’asilo), ma si concentra anche sulla lotta all’immigrazione clandestina, la guerra ai trafficanti e la securizzazione delle frontiere esterne.
Con il vertice a Malta, con i paesi di origine della migrazione e quelli di transito, per affrontare le cause della decisione di emigrare e la repressione dei traffici di esseri umani, per la prima volta si è preso atto che della crisi epocale che investe il Mediterraneo e che può essere affrontata solo se tutti i paesi europei agiscono insieme. Il punto fondamentale è che questa nuova politica deve essere messa in atto da subito e non si possono più avere esitazioni; ed anche se alcuni paesi possono rifiutarsi di accogliere i profughi, il documento verrà comunque adottato.