L’Ue ha compiuto «progressi evidenti nella compressione del rischio sistemico», e questo è avvenuto grazie a «un impegno comune » delle istituzioni di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte. Mario Draghi, presidente della Bce, mostra il volto di un’Europa che non si è affatto rassegnata al tracollo della moneta unica e, con essa, dell’intero progetto della “casa comune”.
Dinanzi alla commissione Affari monetari dell’Europarlamento, il capo dell’Eurotower ha svolto un’analisi serrata della situazione in cui si trovano l’Eurozona e l’Ue nel suo insieme. Si è detto convinto che nei prossimi vertici (tre appuntamenti fra ottobre e dicembre) i 27 capi di Stato e di Governo dell’Unione sapranno riaffermare la irreversibilità dell’euro, agendo di conseguenza per una integrazione più marcata. Sulla stessa linea sembrano muoversi il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, quello della Commissione José Manuel Barroso (nella foto) e quello dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.
Quest’ultimo, dopo il via libera al nuovo fondo salva-Stati (Esm) giunto l’8 ottobre dai 17 ministri finanziari di Eurolandia, ha parlato di «momento storico»: in sostanza i Paesi che utilizzano la stessa valuta, in accordo con l’intera Unione Europea, si sono attrezzati di un mezzo necessario per andare incontro agli Stati in situazione di instabilità finanziaria e alle banche, operando a stretto contatto con la Banca centrale europea, con una potenza di fuoco (700 miliardi) finalmente adeguata per reggere gli urti dei mercati. Del resto, come ha riconosciuto ancora Juncker, il meccanismo europeo di stabilità „non nasce come uno strumento a sé stante“: nelle sedi Ue sono infatti in itinere nuove decisioni (dall’unione bancaria a quella di bilancio, fino al completamento dell’unione economica anche mediante un rafforzamento del livello politico e istituzionale) che, se raggiunte, dovrebbero mettere in sicurezza bilanci statali e finanze europee, aiutare i singoli Paesi membri a intraprendere strade virtuose sui conti interni, rilanciare – questa è la sfida decisiva – l’economia reale, le imprese, il lavoro, mediante investimenti e azioni indirizzati alla crescita.
L’ultimo appuntamento di rilievo è stato fissato per il 18 e 19 ottobre scorsi con il Consiglio europeo specialmente dedicato all’unione bancaria e ai casi della Grecia (proprio il 9 ottobre la cancelliera tedesca Merkel è volata ad Atene per porre le basi di un dialogo risolutivo con il Governo ellenico) e della Spagna. Restano numerosi obiettivi da centrare: la governance condivisa, un bilancio pluriennale Ue adatto a reggere gli impegni futuri dei 27, una tassa sulle transazioni finanziarie… Un percorso accidentato e lungo, carico di insidie, ma – alla luce degli ultimi sviluppi – quantomeno fattibile, purché non manchi la volontà politica di compierlo.