Il movimento di protesta antislamico e anti profughi „Pegida” (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes), iniziò dall’autunno 2014 a organizzare manifestazioni antislamiche a Dresda: una sorta di settimanale passeggiata pacifica con cartelli. Le manifestazioni incontrarono sempre più consenso perché strumentalizzavano le ansie dei cittadini comuni. Nella prima, dell’ottobre 2014, furono 350 i partecipanti, incontratisi soprattutto usando i social media come motore di aggregazione. Il 10 novembre i manifestanti erano già circa 1700. Una settimana dopo, il 17 novembre, il numero era cresciuto fino a 3200. Il 24 novembre si trovarono a Dresda contro l’islamizzazione dell’Occidente oltre 5.500 persone. Il primo dicembre il numero ancora salito a circa 7.500. Il 15 dicembre, le piazze di Dresda hanno visto circa 15.000 persone sotto i cartelli di Pegida. Una crescita preoccupante che testimonia, tra l’altro, l’inquietudine di molti di fronte a spettacoli orrendi come quelli che il cosiddetto Stato islamico in Siria propone quasi quotidianamente ai media di tutto il mondo.
Il Pegida di Dresda, a cui sono seguiti velocemente –fino ad ora- il Bogida a Bonn e il Dügida a Düsseldorf, non è ovviamente soltanto un movimento spontaneo. Dietro, muovono le fila ben più scaltri agitatori che vengono dalle fila del Neonazismo. Il presidente del Consiglio Interculturale, Jürgen Micksch, parla apertamente di un “movimento razzista”: “I responsabili di questo movimento non sono patrioti, bensì razzisti!” -tuona in un comunicato, anche se aggiunge: “Sarebbe sbagliato definire tutti i manifestanti come razzisti. Molti tra essi hanno soltanto paure che proiettano nelle minoranze. A Dresda, meno dell’1% della popolazione è musulmano.”
D’altra parte, lo sappiamo: le paure si sviluppano soprattutto di fronte a ciò che ci è ignoto. Questo però non deve indurre a sottovalutarle. Tra l’altro, le efferatezze del citato Stato islamico le alimentano quasi ogni giorno. Questi orribili spettacoli hanno tra l’altro costretto, negli ultimi anni, le associazioni democratiche islamiche in Germania ad uscire allo scoperto e a distanziarsi pubblicamente dalla violenza, secondo il motto: “Quello non è il vero islam”. Lo ricorda il presidente del Consiglio dei musulmani in Germania, Aiman Mazyek, il quale, in una intervista a Radio Berlin Brandeburg del dicembre scorso afferma: “I musulmani in Germania si sono dissociati da anni dalle manifestazioni del radicalismo islamico in una dura condanna”.
A proposito di Pegida, aggiunge – “Essa non è necessaria per protestare contro queste violenze. Sono gli stessi musulmani a protestare!“.
Questa disponibilità – relativamente recentea convivere con i valori occidentali della tolleranza è un segnale estremamente positivo; un segnale raccolto tra gli altri anche dal presidente del Consiglio degli ebrei in Germania, Josef Schuster, il quale, in una intervista a Die Welt afferma: “La paura del terrore islamico viene strumentalizzata per diffamare una intera religione”.
A proposito di Pegida, aggiunge Schuster: “Il movimento non può essere assolutamente sottovalutato. In esso si mescolano neonazisti, partiti di estrema destra e cittadini che ritengono di poter esternare il loro razzismo e il loro odio per gli stranieri!”
Intanto, nella settimana di Natale sono stati quasi 18mila i manifestanti a Dresda. Nelle ultime “passeggiate” si è addirittura attuato una sorta di turismo pro Pegida. Molti sono venuti da fuori. Sul palco c’era come sempre Lutz Bachmann, il “Maister” e fondatore (condannato a tre anni e mezzo nel 1995 per effrazione, fuggito poi in Sudafrica, tornato nel 1997 per riconsegnarsi alla giustizia, ricondannato nel 2009 per possesso di droga). Bachmann ha introdotto nel suo discorso una sorta di maledizione contro i giornalisti. Il peggiore sarebbe un collega di NDR che ha messo in onda un servizio intervistando alcuni adepti di Pegida. Anche le trasmissioni di RTL vengono pubblicamente maledette. La tiritera antigiornalistica fa venire in mente da vicino il movimento pentastellato italiano di Beppe Grillo. Ma l’area politica sembra piuttosto quella che si riconosce nel lepenismo, nel Front National, anche se manca, al momento, un leader realmente carismatico e di estrazione borghese, come Marine Le Pen; un leader in grado di traghettare il movimento nella politica che conta.
“Il fatto è però –dice in una intervista a Die Welt il politologo Hajo Funke, fino al 2010 docente alla Freie Universität di Berlino- che in Germania esistono di nuovo le condizioni per un movimento di massa favorevole ad un estremismo di destra. Tale movimento – continua Funke – non è più soltanto circoscrivibile ad attivisti di gruppi neonazisti, bensì è formato da normali cittadini tedeschi che dall’area moderata si spostano verso l’estremismo”. Funke parla di comprensibili paure nei confronti del terrorismo che porta ad un generale risentimento contro l’Islam. Anche il flusso dei profughi genera ansie, secondo il politologo. “Troppi problemi non vengono spiegati politicamente e quindi generano insicurezza”.
Intanto, però, il movimento cresce in misura esponenziale e si trasmette in altri Länder. Prossimo obiettivo dichiarato: la Baviera, la quale, secondo informazioni del settimanale Focus, sarebbe il Land con più risentimento contro gli stranieri, in particolare contro l’Islam.
La fuoriuscita dell’elettorato del ceto medio preoccupa naturalmente la politica. La quale non pensa certo di “spiegare politicamente i problemi” come vorrebbe Hajo Funke, bensì di recuperare l’elettorato perso. Da qui viene la parziale giustificazione del movimento da parte del ministro Schäuble, che a dicembre ha generato non poche critiche anche all’interno del suo stesso partito. “La politica deve ascoltare e argomentare“ – dice Schäuble. Di fatto però la politica lascia il cittadino senza orientamento e alla mercé di quello che sembra lo slogan migliore al momento. Il successo di Pegida, in fondo, sta tutto qui.