Sarà il 23 giugno il giorno dell’Indipendence day ed il giorno dell’inizio di una catena di nuove nazioni per uscire dall’Europa? Il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea: Referendum Brexit, vince il “sì” con il 51,89%; il primo degli sconfitti è David Cameron, il premier che ora viene spinto alle dimissioni dal vincitore Farange e Boris Johnson.
Il Premier inglese e leader dei Tories David Cameron, detto “Dave” (diminutivo dispettoso), all’età di 49 anni voleva a tutti i costi che il suo paese rimanesse nell’Unione europea, cioè secondo taluni
“una provincia di un impero pilotato dalla “Deutschland über alles” e governato da una burocrazia non eletta (la Commissione europea) ormai responsabile per il 60% delle leggi operative nei 28 paesi dell’Ue, dove il parlamento europeo è una torre di Babele in cui si espongono ogni tanto 751 strapagati eurodeputati, eletti sì, per modo di dire, ma senza alcun potere vero; un impero che ha condannato – grazie all’euro ma non solo – gran parte dei suoi cittadini alla miseria a tempo indeterminato – un impero il cui obiettivo dichiarato – tanto folle come pericoloso – è l’unione totale dell’Ue sia economica che politica. Cameron, tutto questo lo sa benissimo ma ha deciso che la Gran Bretagna deve rimanere lo stesso parte di questo impero “marcio e maledetto” perché – ha il coraggio di dire – sarebbe peggio lasciarlo. Proprio lui, un Tory, perbacco”!
Dall’inizio, a marzo, della campagna per il referendum fino a oggi, Lady Thatcher, il più grande leader dei Tories del 20° secolo dopo Sir Winston Churchill, si sarà rivoltata nella tomba almeno una volta ogni santo giorno. La scelta di Dave – detto anche “Dodgy Dave” (Dave l’ingannevole) per le sue verità scivolose come il mercurio e per il suo vizio di fare la gatta morta con imprenditori poco presentabili – di mettersi alla testa di Remain (la campagna per rimanere nell’Ue) è stata molto strana vista la sua provenienza da una benestante famiglia tradizionale e la sua costosa educazione classica.
Come il suo principale avversario Tory in questa campagna epocale, Boris Johnson – Cameron ha studiato a Eton – il più prestigioso college privato al mondo. Chiunque avrebbe pensato che un uomo così, cioè, un English Gentleman doc, avrebbe fatto di tutto per difendere la Gran Bretagna e non l’Unione europea. Fra l’altro, uno dei principi di base del partito conservatore è – appunto – la difesa della libertà dell’individuo dalla tirannia dello Stato. Sicuramente, la stragrande maggioranza degli inglesi – non solo del Partito conservatore ma di tutti colori – vuol far parte di un mercato unico europeo e basta, ma mai al mondo degli Stati Uniti d’Europa. L’Ue, però, è già andata ben oltre un mercato unico e gli inglesi hanno visto la miseria causata dalla moneta unica e il caos della crisi dei migranti e hanno visto l’impotenza dell’Ue al riguardo. E ora vogliono soprattutto un governo nazionale e democratico (del Parlamento inglese eletto) e non un governo sovranazionale e antidemocratico (della Commissione europea non eletta).
Sì, ci sarà un periodo di turbolenza dopo la vittoria di Brexit come già è avvenuto con il crollo delle borse asiatiche e della sterlina appena giunta la notizia della vittoria dei sì, ma nessuno può sapere quale sarà l’effetto economico nel lungo andare. Innanzitutto, la Gran Bretagna, fondata secoli fa sul commercio globale, esporta a tutt’oggi molto di più verso i paesi fuori dell’Ue che verso l’interno. Ma dentro l’Ue non può neanche firmare per conto suo accordi commerciali con nessuno – lo può fare solo la Commissione europea. Bisogna ricordare che nel 1992, la stessa gente – tutti presunti esperti – prevedeva una catastrofe se la Gran Bretagna fosse uscita dall’Erm (gli Accordi europei di cambio), cioè la prova generale per l’euro, secondo il quale ogni moneta europea doveva affiancare il marco tedesco. Alla fine, con i tassi d’interesse inglesi saliti alle stelle nel vano tentativo di affiancare la moneta tedesca, il governo inglese era stato costretto a tirare fuori la sterlina dall’Erm.
Ma – nonostante il parere degli esperti – non accadde nulla di catastrofico. Anzi. Si ebbe un boom economico che sarebbe finito solo con il grande crollo del 2008. All’epoca, Cameron – guarda caso – era consigliere speciale del Cancelliere delle scacchiere Norman Lamont. Ecco perché secondo gli inglesi sarebbe stato “peggio se fossero passati i no, una vittoria per la dittatura di Bruxelles e per i tedeschi, ovvero, una sconfitta per la libertà. Ovunque”.
Da qui una riflessione dei governi europei, proprio perché all’indomani della Brexit già dalla Francia ai Paesi Bassi si ripropone la volontà di uscire dall’UE voluta dagli euroscettici come la francese Le Pen e l’olandese Wilders…. e in Italia?