Nella foto: Foto simbolica, foto di © Vicki Nunn auf Pixabay

Non invecchiare mai facendo ringiovanire le cellule

Una società ci crede e ha convinto anche Jeff Bezos, il quale ha investito tre miliardi di euro. A Jeff Bezos (patron di Amazon) lo Spazio non basta più, ora punta sull’immortalità, il sogno di tanti dell’umanità. Si chiama Altos Labs e intende raccogliere investimenti per sperimentare tecniche genetiche e farmacologiche per fare ringiovanire le cellule.

In poche parole, per fare ringiovanire le persone e potenzialmente farle vivere per sempre. Nonostante l’ambizione sia per certi versi fantascientifica, diversi imprenditori credono nell’idea e hanno attivamente investito in Altos Labs, fondata nel 2021. Fra questi ci sono oltre il fondatore di Amazon Jeff Bezos, il miliardario russo Yuri Milner, che deve le sue fortune a Facebook, in cui ha investito già nel 2009, e la Mail.ru, importante gruppo tecnologico che offre vari servizi digitali.

Ad oggi Altos Labs ha raccolto oltre 270 milioni di dollari, secondo il MIT Technology Review, che ha intervistato diverse persone a conoscenza dei piani ed ora con i tre miliardi di Bezos la cifra è stupefacente. Lo scopo di Altos Labs è quello di approfondire le tecniche che permettono di far regredire le cellule e, quindi, di garantire una notevole longevità.

I primi tentativi sono stati effettuati tramite le tecniche ideate da Shinya Yamanaka, premiato nel 2012 con un Nobel alla medicina insieme con John B. Gurono per aver scoperto che aggiungendo quattro geni (Sox2, Oct4, Klf4, and cMyc) era possibile “riprogrammare” le cellule facendole tornare a uno stato embrionale. Altos Labs ha assunto molti esperti proponendo ricchi contratti annuali (si parla di circa un milione di dollari all’anno). Fra questi c’è Juan Carlos Izpisùa Belmonte, biologo spagnolo che nel 2016 sperimentò con la tecnica scoperta da Yamanaka su alcuni topi di laboratorio.

Ciò permise effettivamente di far ringiovanire le cellule; ma poiché i geni e i virus usati per introdurli nel sistema sono potenzialmente cancerogeni provocò anche la nascita di alcuni teratomi, tumori dei tessuti embrionali. Per questo, fin dalla scoperta di Yamanaka, risalente al 2006, si stanno cercando altri modi meno pericolosi per ottenere lo stesso risultato.

Il ringiovanimento delle cellule potrebbe contribuire a rallentare l’avanzamento di malattie degenerative come il morbo di Parkinson. Apparentemente Altos Labs non è nata con l’ambizione di riuscire a proporre un prodotto commerciale o di generare ricavi, ma solo di fare della “grande scienza”, di fare ricerche “solo sulla base della curiosità”. Un ricercatore che ha confermato che andrà a lavorare per la sede di Altos Labs nel Regno Unito, Manuel Serrano, ha sottolineato che, come parte di una società privata, “abbiamo la libertà di essere audaci e di esplorare”.

Lo scopo del lavoro di Altos Labs è di “comprendere il ringiovanimento”, secondo Serrano. È ancora presto! Per Serrano, però, “non è realistico” usare la tecnica di Yamanaka in uno scenario clinico: “Implicano l’introduzione di geni, alcuni dei quali oncogeni. È difficile da far passare attraverso il filtro delle agenzie regolatorie”.

Secondo Alejandro Ocampo, professore all’Università di Losanna in Svizzera, “il problema della riprogrammazione è che non solo ringiovanisce le cellulare, ma cambia anche la loro identità: per esempio, trasformare una cellula della pelle in una cellula staminale”. Per questo, “è troppo pericoloso provare questa tecnologia sulle persone per ora”, sebbene Ocampo evidenzi come di fatto la tecnologia abbia mostrato di ringiovanire le cellule: “Non c’è un’altra tecnologia che ci riesca”. Per ora, comunque, non ci sono risultati tangibili che lascino pensare che qualche azienda sia vicina ad allungare la vita delle persone o degli animali senza effetti collaterali e nessuno, nemmeno le aziende direttamente coinvolte e finanziate, si aspetta risultati concreti tanto presto.

Ma la riprogrammazione cellulare: cos’è?

Si tratta di una tecnica innovativa che comporta un intervento specifico sul DNA, ovvero sul programma biologico di base. Tale intervento consiste nel riportare il nucleo di cellule somatiche differenziate a una condizione indifferenziata, senza intaccarne le funzionalità. In pratica, significa riportare le cellule allo stato iniziale di salute.

Non tutti sono d’accordo però, e per alcuni ricercatori questa tecnica è ancora troppo presto per applicare la tecnologia di riprogrammazione cellulare all’organismo umano. Sempre Alejandro Ocampo, collaboratore di Izpisúa Belmonte, ammette che la riprogrammazione funziona negli esperimenti di laboratorio, tanto che è possibile riportare una cellula di un ottantenne allo stato di una di un quarantenne. Ma la chiave per rallentare l’invecchiamento potrebbe trovarsi in una tecnica molto più semplice studiata da ricercatori israeliani: l’ossigenoterapia in una camera pressurizzata.

L’invecchiamento fa paura a tutti, non tanto per una questione anagrafica, quanto perché l’avanzare degli anni porta inevitabilmente disturbi fisici e mentali. Quindi, visto che è impossibile evitarlo, si può pensare a rallentarlo. L’idea di trovare una possibile cura per contrastare l’invecchiamento, è stata a lungo il Santo Graal della biologia anti-aging e se oggi alcune tecnologie emergenti stanno offrendo ottimi risultati per il futuro della scienza medica, a sorpresa, la chiave per rallentare l’invecchiamento potrebbe trovarsi in una tecnica semplice e antica.

Ed è proprio quella che avrebbe trovato un pool di ricercatori israeliani, guidato dal professor Shai Efrati dell’Università di Tel Aviv, il quale ha sintetizzato il risultato della sua ricerca con questa dichiarazione: “Stiamo andando indietro con il tempo”. Spiegando meglio: il rallentamento avverrebbe grazie alla possibilità di invertire il processo di invecchiamento biologico dell’essere umano somministrando ai pazienti l’ossigenoterapia in una camera pressurizzata.

Nello studio pubblicato nello scorso novembre sulla rivista Aging, viene dimostrato come sessioni di ossigenazione iperbarica abbiano portato a due risultati senza precedenti negli esseri umani finora. Il primo riguarda l’allungamento dei telomeri, le estremità dei cromosomi che contengono Dna, la seconda che si riducono le cellule senescenti, ovvero quelle cellule “vecchie” che nel tempo perdono la loro funzione fisiologica. Il trattamento con l’ossigeno pertanto fermerebbe o addirittura invertirebbe i processi di invecchiamento.

Per lo studio sono stati coinvolti 35 volontari sani di età sopra i 64 anni, i quali hanno ricevuto 60 sessioni iperbariche di un’ora e mezza l’una, cinque volte a settimana, per tre mesi. Gli scienziati hanno raccolto i campioni di sangue dei soggetti prima del trattamento, dopo il primo e il secondo mese della sperimentazione e due settimane dopo la fine della sperimentazione.

Nessuno dei pazienti ha avuto cambiamenti nello stile di vita, nella dieta o nei farmaci durante lo studio, eppure i risultati hanno mostrato aumenti significativi nella lunghezza dei telomeri delle loro cellule, tra il 20% e il 38% a seconda dei diversi tipi di cellule, e una diminuzione del numero delle loro cellule senescenti tra l’11% e il 37% a seconda del tipo di cellula. Si tratta della prima volta in cui risultati del genere vengono osservati sugli esseri umani.

Studi precedenti, infatti, avevano dimostrato che una corretta alimentazione ed esercizio fisico costante possono contribuire a preservare la lunghezza dei telomeri, ma finora non era mai stato trovato alcun modo per allungarli: “I ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di sviluppare interventi farmacologici che consentano l’allungamento dei telomeri – spiega il professor Efrati – Il nostro protocollo Hbot (acronimo di Hyperbaric Oxygen Therapy) è stato in grado di raggiungere questo obiettivo, dimostrando che il processo di invecchiamento può essere invertito a livello cellulare-molecolare e questo fornisce alla comunità scientifica una nuova base per comprendere l’invecchiamento”.

In passato, le ricerche del team sui risultati della terapia iperbarica, avevano già dimostrato il miglioramento delle funzioni cerebrali danneggiate da età, ictus o lesioni cerebrali. I risultati dell’ultima ricerca, però, equivalgono, a livello delle cellule del sangue, a un “salto nel tempo” di ben 25 anni indietro. E anche se l’idea di trascorrere molte ore al giorno in una camera pressurizzata potrebbe immaginarsi come abbastanza fastidioso, chissà che ne valga la pena.

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