Nella foto: Tubature per la costruzione del Nordstream2. Foto di ©Gerd Fahrenhorst, wikimedia

L’Ue punta a ridurre dell’80% già entro quest’anno la sua dipendenza dal gas russo. Sarà una corsa contro il tempo ma, probabilmente anche la prova più dura per la compattezza europea nella crisi ucraina. A dominare il vertice dei leader Ue di Versailles il 10 e 11 marzo ci saranno innanzitutto il dossier energia e la strada per rompere la dipendenza dalla Russia. Una strada in salita, per la quale Commissione Ue ha varato il pacchetto ‚RepowerEu‘. L’obiettivo dichiarato è ridurre dei 2/3 la dipendenza dall’energia russa entro l’anno, e gli strumenti indicati sono diversi. Ma su uno, in particolare, il rischio spaccatura è dietro l’angolo: gli eurobond per finanziare le spese energetiche. L’ipotesi è portata avanti da alcuni Stati membri, Francia su tutti. „Non è un piano della Commissione“, è la chiusura tracciata dal vice presidente dell’esecutivo europeo Frans Timmermans.

Il ‚toolbox‘ – la cassetta degli attrezzi – varato da Bruxelles arriva nel giorno in cui Usa e Gran Bretagna fanno un passo avanti decisivo nelle sanzioni contro Mosca decretando l’embargo per petrolio e gas russi. Da giorni la misura fa da convitato di pietra alle riunioni brussellesi ma continua a non decollare. La riunione degli ambasciatori Ue convocata in mattinata ha parlato di nuove sanzioni ma non sull’energia. Dopo la Germania anche l’Olanda si è detta scettica. Su un punto, però, c’è accordo pressoché unanime: l’autonomia energetica europea non è un opzione ma una necessità. Non a caso, nella bozza della Dichiarazione di Versailles, i leader Ue concordano „nell’obiettivo dell’eliminazione della dipendenza da petrolio, gas e carbone russi.

Tagliare i 2/3 dell’importazioni da Mosca „è difficile ma è possibile“, è stata la promessa di Timmermans. ‚RepowerEu‘ prevede la diversificazione delle forniture, con maggiori importazioni di Gnl e gasdotti da fonti non russe, l’aumento dei volumi di produzione e di import di biometano e idrogeno rinnovabile, misure per l’interconnessione superando le strozzature nelle reti europee. L‘ Ue apre anche a un nuovo quadro temporaneo sugli aiuti di Stato per aiutare imprese colpite dalla crisi energetica e dà luce verde ai governi che vorranno tassare gli aiuti straordinari che i produttori di energia elettrica hanno realizzato nella crisi. 

L’obiettivo, ha spiegato la commissaria Kadri Simson, è che gli Stati Ue riempiano gli stoccaggi di gas „almeno al 90%“ entro il 1 ottobre di ogni anno. Incluso il corrente corrente. Ed è la Commissione a proporsi come coordinatrice, anche attraverso acquisti comuni. Basterà? Le cancellerie europee ci scommettono ma non troppo. Parallelamente si muovono, come l’Italia, con accordi bilaterali per sopperire alla mancanza di gas russo. E aumentano il proprio pressing su una riforma del mercato elettrico che preveda un price cup (un tetto temporaneo) al prezzo in tempi di crisi. Su questo punto l’esecutivo europeo ha aperto. Ma è sull’eurobond che, finora, la Commissione tiene il punto. L’idea di una sorta di fondo Sure da utilizzare non contro la disoccupazione ma per la crisi energetica si è fatta largo all’Eliseo e non dispiacerebbe all’Italia. Si tratterebbe di bond comuni emessi da Bruxelles per sostenere le spese non solo energetiche ma anche nella difesa degli Stati Ue. Del resto, energia e difesa – assieme a fondamenta economiche adeguate – sono i tre pilastri su cui si reggerà la Dichiarazione di Versailles. La Commissione, per ora, frena.

A Versailles i leader Ue proveranno ancora una volta la strada del compromesso. Cercando, tra l’altro, di tutelare la transizione ecologica. Sulla proroga dell’uso del nucleare, non a caso, Timmermans ha spiegato che „gli Stati sono liberi di scegliere“ a patto che rispettino le regole di riduzioni delle emissioni. Il Green Deal, per il vice presidente della Commissione, resta non emendabile. Tanto che, per ridurre la dipendenza da Mosca, Timmermans si è spinto a dare un suggerimento: ridurre di un grado la temperature dei termostati delle case europee.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, intanto, Joe Biden alza il tiro e dopo aver affossato il Nord Stream 2 inasprisce la guerra energetica con Mosca colpendo „la maggiore arteria dell’economia russa per dare un altro potente colpo alla macchina da guerra di Putin“ contro l’Ucraina. Dalla Casa Bianca, indossando una cravatta con i colori ucraini, il presidente ha annunciato un ordine esecutivo che vieta l’import in Usa di petrolio, gas e carbone russi, oltre a nuovi investimenti americani diretti o indiretti nel settore energetico di quel Paese, mentre tutte le major si sono già ritirate (ultima la Shell). „Putin non vincerà, potrà conquistare alcune città ma non un intero Paese“, ha ammonito il commander in chief, sottolineando che ora, grazie all’onda d’urto delle sanzioni, il rublo „vale meno di un penny“. Una mossa emulata da Londra, che si è impegnata ad azzerare le sue forniture di gas e petrolio dalla Russia già entro la fine del 2022, mentre secondo i media giapponesi anche Tokyo sta studiando una misura analoga.

Mosca ha risposto subito con la minaccia di una rappresaglia: „In caso di un embargo petrolifero, abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1“, tagliando così l’approvvigionamento dell’Europa, ha avvisato il vicepremier russo Aleksandr Novak. Poi lo zar ha gelato tutti firmando un decreto che dà mandato al governo di stilare entro due settimane una lista di Paesi per i quali saranno vietati i movimenti di export e import di prodotti finiti e materie prime „per salvaguardare la sicurezza della Russia“.


„Se Putin taglia la consegna di fonti energetiche, la Germania è preparata“, ha replicato il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. Ma è proprio questo lo scenario più temuto da molti Paesi europei, in primis Italia e Germania. Per questo anche nel nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca che la Ue sta mettendo a punto non ci sarebbero le forniture di energia russa. Del resto l’Unione europea dipende dalla Russia per il 40% del suo gas e per il 30% del suo petrolio. 

Per l’America – Paese esportatore netto di energia – lo stop è invece un gesto più che altro simbolico, anche se rischia di esacerbare le pressioni inflazionistiche, con il petrolio che vola a 128,38 dollari al barile e la benzina che schizza a 4,17 dollari al gallone, superando i primati del 2008. Il petrolio russo rappresenta solo il 3% delle importazioni statunitensi totali di greggio nel 2021. Se si includono gli altri prodotti petroliferi, la quota di import russo sale all’8%. Washington invece non importa gas da Mosca. La Gran Bretagna, dal canto suo, nel 2021 ha acquistato petrolio russo per 5,3 miliardi di dollari, per una quota pari al 13,4% delle importazioni totali petrolifere.

Per questo Biden ha cercato di minimizzare gli effetti di una mossa sostanzialmente unilaterale che sembra dividere il fronte occidentale, spiegando comunque di aver preso questa decisione in „stretta consultazione“ con alleati e partner. „Gli Stati Uniti sono in grado di fare questo passo per la loro forte infrastruttura energetica domestica e riconoscono che non tutti i nostri alleati e partner sono ora nella posizione di unirsi a noi“, ha sottolineato. „Ma siamo uniti nel lavorare insieme per ridurre la nostra dipendenza dall’energia russa e mantenere una crescente pressione su Putin, prendendo nello stesso tempo misure per limitare l’impatto sui mercati energetici globali e proteggere le nostre economie“, ha aggiunto, riferendosi alla decisione di attingere alle riserve petrolifere strategiche. „Difendere la libertà avrà un costo anche per i consumatori americani, soprattutto alla stazione di servizio, ma farò di tutto per minimizzare l’aumento dei prezzi“, ha promesso. Per far fronte al calo del petrolio russo sul mercato mondiale, il presidente confida non solo nell’aumento della produzione interna americana ma anche in altri Paesi alleati come l’Arabia Saudita e ostili come Iran (con cui sta negoziando l’accordo nucleare) e Venezuela.

Inizialmente esitante per il timore di un ulteriore aumento dell’inflazione che incombe sulla sua presidenza, Biden ha giocato d’anticipo sul Congresso, dove era già stata raggiunto un accordo bipartisan per l’embargo petrolifero russo. Congresso che sta lavorando anche per impedire a Mosca di vendere le sue riserve di oro per aggirare le sanzioni e prevenire il collasso dell’economia russa.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here