Il 2 febbraio a Stoccarda, le Acli Baden-Württemberg insieme alla Migrantes hanno presentato l’ultima edizione del Rapporto Migrantes. Un’importante ricerca fatta dalla Migrantes sulla evoluzione della migrazione italiana nel mondo che dal 2006 scatta una fotografia sugli italiani all’estero.

Il rapporto evidenzia come dal 2006 al 2018 la mobilità sia aumentata del 64,7% passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) a più di 5,1 milioni.

Al 1° gennaio 2018 gli italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni. Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’Aire quasi 243mila italiani di cui il 52,8% per espatrio ovvero 128.193 persone.

Dove vanno gli italiani all’estero?

Secondo il dossier, oltre la metà degli expat italiani resta in Europa, mentre gli altri si dividono tra i diversi continenti.

Analizzando i dati si scopre che gli italiani – partiti da gennaio a dicembre 2017 – sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale, ma soprattutto in Paesi dell’Unione Europea (70%), in America (22,2%) e nel Sudamerica (14,7%).

Tra le mete dell’America Latina, nelle prime dieci posizioni ci sono il Brasile (9.016) – che ha superato la comunità italiana in Francia – e l’Argentina (5.458), rispettivamente in quinta e ottava posizione. La Germania (20.007) torna ad essere, quest’anno, la destinazione preferita distanziando, di molto, il Regno Unito (18.517) e la Francia (12.870). Con oltre 6 mila arrivi in meno, il Regno Unito registra un decremento del -25,2%. Probabilmente per colpa dello spettro della Brexit.

Giovani e del Sud: chi sono e da dove vengono gli expat italiani

Quasi la metà (il 49,5%) di chi parte lo fa dalle regioni meridionali (Sud: 1.659.421 e Isole: 873.615); del Settentrione è il 34,9% (Nord-Ovest: 901.552 e Nord-Est: 881.940); del Centro il 15,6% (797.941). Ad andare all’estero sono sicuramente i giovani (37,4%) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più sostanziose si notano dai cinquant’anni in su.

Categoria, questa, che il rapporto definisce «migranti maturi disoccupati», persone rimaste senza lavoro e prive di prospettive in patria. Per loro trasferirsi all’estero è la risposta alla necessità di provvedere alla loro precarietà lavorativa.

Andando nel dettaglio si scopre, inoltre, che il 60,8% di chi parte è celibe o nubile e il 33,2% sposato. Ancora, il 37,4% (quasi 48mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni, mentre i giovani adulti, ovvero le persone tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32mila persone). Un discorso a parte meritano le fasce di età più mature.

Infatti, se l’incidenza nel 2018 è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14.500 circa), è del 7,1% dai 65 anni e oltre (valori assoluti: 5.351 persone per la classe 64-74 anni; 2.744 per la classe 75-84 anni e poco più di mille anziani per chi ha dagli 85 anni in poi).

Pensionati

In particolare gli over 65, definiti “migranti previdenziali”, scelgono mete come Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania. Posti in cui il clima è piacevole, dove è possibile fare una vita più che dignitosa grazie ai prezzi più bassi degli affitti, delle bollette e in generale della spesa alimentare, e dove a volte con il costo delle assicurazioni sanitarie private si riesce a curarsi molto più che in Italia.

Genitori degli expat

Un’ultima analisi riguarda i genitori dei giovani che decidono di lasciare l’Italia, combattuti tra l’ammirazione verso le scelte dei figli, la loro mancanza e il crescente disincanto nei confronti della politica e del futuro del nostro Paese. Madri e padri, sottolinea il rapporto, manifestano aspettative diverse rispetto al ritorno dei figli. La maggioranza dei genitori non augura loro di tornare, soprattutto nel breve periodo, tuttavia non escludono momenti di temporaneo ricongiungimento.

Infine dal documento emergono diversi dati. Dai 422 italiani in Australia portati in centri di detenzione per immigrati irregolari negli ultimi sette anni, all’aumento degli italiani tra senzatetto e persone con problemi psichiatrici a Londra, dalla crescita del numero di studenti di lingua cinese già durante le superiori al crollo del Regno Unito del dopo Brexit.

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