Foto di ©Teatro alla Scala

L’opera russa all’apertura della stagione alla Scala

l 7 dicembre c’è stata la prima di Boris Godunov per la regia di Kasper Holten al Teatro alla Scala di Milano: lo spettacolo e la ricezione (tutte le repliche sold out) ha dimostrato, in una situazione politicamente tesa, che la cultura non ha confini e non può essere denigrata per questioni politiche. La cultura può avere un impatto sulle realtà politiche dei paesi, ma non dovrebbe essere repressa da situazioni politiche scomode o sfavorevoli.

L’accettazione del pubblico del Teatro alla Scala di Milano ne è una chiara dimostrazione.

Non è la prima volta che l’opera in quattro atti viene presentata al Teatro alla Scala. La prima volta fu nel 1909 e Luca Chierici, nel suo saggio incluso nel programma, traccia il percorso delle rappresentazioni dal 1909 al 2002. Per chi non conoscesse l’opera, il programma di sala fornisce tutti gli strumenti necessari per scoprire l’opera ed i suoi interpreti a 360 gradi.

Nell’opera lirica di Modest Petrovič MusorgskijBoris Godunov diventa Zar di tutte le Russie dopo l’uccisione dello Zarevic Dmitrij Ivanovič, figlio di Ivan il Terribile avvenuta in circostanze misteriose. Il fantasma è presente, muto per tutta la durata. Un monito muto, onnipresente, in bilico tra rimorso e monito.

Un giovane monaco, Grigorij, dopo una fuga rocambolesca dal monastero, si fa passare per lo Zarevic Dmitrij e riesce a sposare Marina Mniszech, una nobile polacca; dopo aver convinto il re di quel paese della legittimità del suo matrimonio, il falso Dmitrij organizza l’invasione della Russia da parte delle truppe polacche. Boris Godunov, assillato da sensi di colpa e in preda ad allucinazioni, precipita nella follia e muore, designando il proprio figlio Fëdor come successore.

Il tutto si sviluppa attraverso un racconto, trasposto mirabilmente nella scenografia di Es Devlin che si integra perfettamente con le visioni di Jonas Bogh Lihting Designer) e Luke Halls (Video Designer): c’è una tela che racconta, che rimane onnipresente: il racconto non finisce mai e quando sparisce visivamente lascia spazio alla narrazione orale. Non può essere vita senza narrazione, reale o fantastica che sia. Si arriva perfino al punto in cui la narrazione subconscia prende il sopravvento e sfalsa la realtà. Ida Maria Ellekilde dimostra una profonda conoscenza dell’epoca, vestendo tutti gli artisti (cori inclusi) in costumi storici. L’orchestra della Scala, diretta da Riccardo Chailly, non solo ha accompagnato le performance di Ildar Abdrazov, Lilly Jorstad, Anna Denisova, Agnieska Rehlis, Norbert Ernst, Alexey Markov, Ain Anger, Dmitry Golovnin, Stanislav Trofinov, Alexander Kravets, Maria Barakova, Yaroslav Abaimov, Oleg Budaratsiy, Roman Astakhov e Vasily Solodkyy ma è stata protagonista alla pari della performance. Niente primedonne, bensì un ensemble di altissima qualità che ha vissuto la storia narrata.

Spaventati dalla durata di uno spettacolo di 3 ore? Non ce n’è ragione. Ci sono i sottotitoli in italiano anche se, dopo averci guardato 2-3 volte, si preferisce guardare i protagonisti in scena: la forza narrativa è così forte, anche senza saper parlare fluentemente il russo

La reazione? Monumentale. Un viaggio in un mondo lontano nella storia e nel tempo che inizia nel Cortile del monastero di Novodevič’i e termina a Mosca, una sala del Cremlino, che mette in evidenza la fragilità umana.

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