Nella foto: Dr. Francesca Pellegrini. Foto archivio privato

“Cosa c’è di più bello di non fare sentire dolore a un paziente quando è sotto i ferri?” Intervista alla Dr. Francesca Pellegrini

L’anestesista è una figura cruciale nel mondo della medicina. È un professionista dedicato al benessere dei pazienti durante gli interventi e non solo. Ne parliamo con la dottoressa Francesca Pellegrini (nella foto) di Monaco di Baviera, che in quest’intervista ci racconta le sfide e le soddisfazioni che caratterizzano la vita di un’anestesista, ruolo spesso sottovalutato ma cruciale per il benessere dei pazienti.

Dottoressa Pellegrini, perché e quando ha deciso di fare l’anestesista?

È stato come un colpo di fulmine! Mi sono iscritta a Medicina decisa a diventare una pediatra. Al sesto anno però ho frequentato il corso di Emergenze e mi sono subito resa conto che quella sarebbe stata la mia strada. Diventare anestesista-rianimatrice mi avrebbe permesso di trattare in acuto tutti gli organi del nostro corpo, non solo in caso di trauma, ma anche in terapia intensiva. Cosa c’è di più bello di non fare sentire dolore ad un paziente quando è “sotto i ferri”? Ancora oggi -e sono passati 25 anni da allora- provo una certa soddisfazione a fare i vari blocchi analgesici pre-operatori e vedere che, nonostante quello che succede al di là dei “telini” durante l’intervento chirurgico, la frequenza cardiaca del paziente rimane stabile senza aumentare.

Fa più paura perdere coscienza o essere operati?

Se lo chiede a me è sicuramente essere operati, ma alcuni pazienti vivono con una certa ansia l’anestesia perché temono di non svegliarsi più. Proprio per questo è importante che l’anestesista rassicuri il paziente durante la visita anestesiologica pre-operatoria, senza comunque minimizzare i rischi ed eventuali complicanze legate sia al tipo di intervento che alle comorbidità del paziente.

Ed i bambini?

Sinceramente i bambini non sono un problema, ma i loro genitori, talvolta, manifestano in modo palpabile la loro ansia e agitazione. Proprio per questo è importante che l’anestesista che ha fatto la visita pre-operatoria sia presente in sala operatoria durante l’intervento perché garantisce ai genitori un ulteriore senso di sicurezza.

Spesso i chirurghi sono famosi, mentre gli anestesisti spesso non lo sono, ad esclusione dell’emergenza Covid quando era l’anestesista ad essere in prima fila. A suo parere l’anestesiologia è mutata, si è ampliata nel corso degli ultimi anni?

Purtroppo la figura dell’anestesista continua a non essere riconosciuta come dovrebbe. D’altronde se si chiede ad un paziente come si chiamava il suo anestesista, raramente se lo ricorda. Diverso è per il chirurgo. L’anestesia è in continua evoluzione e grazie alla farmacologia e ai nuovi farmaci a disposizione riusciamo sempre più a raggiungere l’obiettivo con minori effetti collaterali.

Differenze Italia-Germania?

Ritengo ci sia una differenza nella diagnostica: non voglio generalizzare e baso il parere sulla mia esperienza. In Italia i medici visitano ancora i pazienti facendo un esame obiettivo, in Germania i pazienti vengono mandati direttamente o a fare una TAC o una RMN.

Quali sono i rapporti con il chirurgo e con altre specialità?

Certamente un rapporto di collaborazione è fondamentale. Lavorare come team e condividere le criticità sia prima dell’operazione che durante garantisce un buon esito.

Da anni in Germania si lamenta la carenza di personale, il famoso “Fachkräftemangel.” Questa lacuna c’è anche nel suo ambito e come si manifesta?

Sinceramente per il momento non ho percepito questa carenza nell’ambito medico.

Guardando dati recenti, in Germania la sua specialità è leggermente più ambita dalle donne medico. Perché?

Probabilmente perché questa specialità permette una certa flessibilità negli orari, molto dipende, inoltre, se si lavora nel pubblico o nel privato. Personalmente lavoro nel privato e nel mio gruppo ci sono giovani mamme che lavorano solo alcuni giorni alla settimana e non fanno guardie.

Come concilia la vita professionale con la sua vita familiare?

Da quando mi sono trasferita a Monaco di Baviera riesco a conciliare la vita familiare con la professione perché non lavoro durante i fine-settimana e dopo le ore 16 un collega mi dà il cambio. In Italia ho lavorato per 10 anni in un ospedale universitario ed è stato veramente difficile dedicare tempo per la mia famiglia. Riconosco, comunque, che è stato un periodo dove ho imparato molto.

Cosa consiglierebbe ad un giovane che vorrebbe diventare anestesista?

Il consiglio più utile è sicuramente di studiare, di tenersi aggiornato e di fare esperienze all’estero. Io ho seguito il mio terzo anno di specialità all’UCSF a San Francisco ed è stata una esperienza indimenticabile, non solo dal punto di vista formativo, ma anche di vita.