Toni Ricciardi, deputato PD eletto nella Circoscrizione Estero – Ripartizione Europa, sul suo lavoro in Parlamento e le leggi a cui sta lavorando
Barcellona, Monaco di Baviera e Francoforte, sono le città che nel fine settimana di metà settembre il deputato PD, eletto all’estero Toni Ricciardi, ha toccato per sostenere la campagna di raccolta firme volta a indire il referendum abrogativo contro l’Autonomia differenziata. Lo abbiamo incontrato a Monaco.
Perché l’Autonomia differenziata riguarda anche gli italiani che vivono all’estero?
Già oggi c’è difficoltà ad attingere alle risorse per le politiche degli italiani all’estero ma con l’Autonomia differenziata queste politiche potrebbero diventare tecnicamente una delle 23 materie che ogni regione potrà gestire autonomamente. Questo significa creare una parcellizzazione anche delle comunità, cioè i veneti chiederanno i soldi alla regione Veneto, i campani alla Campania ecc.; questo rischia di mandare a carte e quarantotto la già flebile rappresentanza, le rivendicazioni e i diritti da garantire agli italiani all’estero. Un altro elemento, non secondario, è che quando si farà il referendum, la partecipazione degli italiani all’estero, in particolar modo in Europa, può essere determinante per il raggiungimento del quorum.
Da poche settimane ha ottenuto un risultato rilevante anche se l’iter non è concluso. È passata alla Camera una legge, di cui Lei è estensore, di finanziamento ai Consolati per migliorare i servizi. I fondi messi a disposizione dalla legge sono 4 milioni di euro, all’anno. Passerà in Senato, secondo Lei?
In realtà sono il primo firmatario, quello che l’ha scritta, poi per come funziona la politica metto insieme più pezzi, cerco cioè alleanze sulla proposta, partendo dal presupposto che sono all’opposizione. Senza aver convinto la maggioranza di governo non portavo a casa nulla. Con questa legge è la prima volta, da quando esiste il voto degli italiani all’estero, che arrivano delle risorse non provenienti da leggi di bilancio e da milleproroghe. Quindi si tratta di una legge ordinaria e di una legge promossa dall’opposizione e approvata. Da poco è iniziato l’iter di discussione in Commissione esteri del Senato e sono abbastanza fiducioso che nell’arco dei prossimi mesi venga approvata definitamente.
Come verranno distribuiti questi fondi, 4 milioni di euro all’anno?
Il criterio è a grandi linee: più passaporti rilascia un consolato, più risorse ottiene. Le risorse sono destinate a efficientare ancor meglio il servizio. Questa non è la legge migliore, l’ho detto anche in aula durante la dichiarazione di voto. Sono dovuto sottostare a delle forme di compromesso, però ho preferito la legge possibile alla legge migliore, altrimenti gli italiani all’estero non avrebbero portato a casa nulla. Si tenga presente che sono alla prima legislatura e sono passati solo due anni dalle elezioni.
Ci arrivano spesso in redazione lamentele sui servizi consolari perché i tempi di attesa sono lunghissimi. Secondo Lei quali altre misure si potrebbero prendere per migliorare l’efficienza dei servizi consolari?
Ho un’altra proposta di legge sulla quale comincerò a lavorare appena chiusa questa e che è legata all’età, cioè a partire dal settantesimo anno di età non ci dovrebbe essere più bisogno del rinnovo del documento, questo sia su scala nazionale che all’estero. Questo impatta moltissimo sui servizi consolari, per esempio in una città come Monaco si tratta del 30-35% di carico in meno, perché in Europa soprattutto abbiamo una presenza radicata, strutturata nel lungo periodo e se si riesce ad abbattere il carico per gli ultra settantenni, a parte le dovute eccezioni, si abbattono di molto le liste di attesa. Questa non è una mia invenzione ma in Spagna è legge da anni, sono modelli già esistenti. Accanto a questa, depositerò nella legge di Bilancio, e per la seconda volta, la richiesta di avvio della convenzione Patronati Maeci (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), perché noi abbiamo bisogno di micro-interventi migliorativi. Immaginare di creare la legge quadro che cambi il mondo non è possibile.
Che cos’è la convenzione Patronati Maeci?
Si tratta di una convenzione pronta da dieci anni. Il Maeci è pronto a farla partire a costo zero. Per quanto mi riguarda sto sensibilizzando i patronati dicendo loro di cominciare ad acquisire il servizio, la competenza, poi si vedrà. C’è tutto un mondo che ruota attorno ai servizi consolari, che sono i patronati, i Comites, che potrebbero notevolmente dare una mano con la stesura, il controllo dei documenti, perché sono un’interfaccia riconosciuta dallo Stato. Ci sono già realtà che lavorano così, penso al Comites di Dortmund che si è segnalato per efficienza. Bisogna mettere a regime le buone pratiche immaginando di fare lavoro di collaborazione.
Lei già in campagna elettorale parlava di far diventare i Comites dei consigli comunali, per la loro prossimità alla gente, perché sono votati dalle persone.
A proposito del voto, la prima cosa che farò sarà abolire l’inversione dell’opzione (se vuoi votare devi presentare domanda n.d.r.), che è uno scandalo e sono molto dispiaciuto che nessuno prima di me ci abbia messo mano. E non mi si venga a dire che bisogna tagliare i soldi perché per la democrazia e sul voto non si tagliano mai, perché sarebbe l’anticamera per il taglio della rappresentanza politica all’estero.
Passiamo a un altro tema centrale per gli italiani all’estero, l’IMU, la tassa sulla seconda casa. Un tema che tocca il portafoglio, tema ricorrente e mai definitivamente risolto. Come lo sta affrontando?
Sono entrato in Parlamento per fare questa cosa. Sto seguendo una procedura ordinaria, ovvero una proposta di legge incardinata in commissione. Io chiesi e scelsi di stare in Commissione Finanze non a caso. Di solito gli eletti all’estero stanno nella Commissione Esteri, io volevo stare nella Commissione Finanze, proprio per affrontare questo tema. Il tema IMU non viene trattato in termini di esenzione, perché non abbiamo bisogno di diritti speciali ma di equiparazione: cioè agganciare il requisito all’iscrizione AIRE, non alla proprietà italiana. Facciamo un esempio: ho preso una casa in Toscana e ho l’indirizzo AIRE del paese in cui sono registrato anagraficamente. Della casa in Toscana pagherò l’IMU perché seconda casa, ma su quella in Campania, del mio paese di provenienza no. Si deve poter cancellare questa ingiustizia di una persona che ha ereditato una casa o di un emigrante storico che in 40 anni si è fatto la casa e che ci va tre settimane all’anno e ci deve pagare pure molte tasse. Questa persona deve essere tutelata. Se poi qualcuno ha la capacità economica di prendere casa altrove, è altra cosa. Ma intanto stiamo arrivando in dirittura di arrivo su una cosa che non si è mai fatta perché è sempre stata trattata in termini emendativi in leggi di Bilancio. In passato si cercava l’esenzione che ammontava a 100 milioni di euro. Fu fatta in passato ma senza copertura e con mille proroghe. Questa proposta invece prevede l’agganciamento all’indirizzo AIRE. Ho lavorato per trovare sette colleghi di sette partiti diversi per abbinare la loro proposta alla mia; io sono il relatore e il primo firmatario del testo base e adesso ci manca il parere della commissione Bilancio e penso che, molto lentamente, potremmo arrivare al traguardo.
E se i partiti di maggioranza rivendicheranno la nuova legge sull’IMU?
Sto spingendo affinché facciano la legge. Io non debbo rivendicare, io debbo fare. Sulla proposta di legge sull’IMU, sul testo c’è scritto C 956, Toni Ricciardi. Sono in Parlamento pur avendo un mestiere (storico delle migrazioni all’università di Ginevra) che mi piace tanto e guadagnavo pure di più. Ho la passione per la politica e la faccio da 20 anni. Se le elettrici ed elettori confermeranno la fiducia in me, bene, altrimenti tornerò a fare il mio lavoro. O sei in grado di dare risposte o la crescente disaffezione proseguirà e maggiore sarà la disaffezione e maggiore sarà il rischio che qualcuno a Roma dica: “Sai che c’è, togliamo la rappresentanza all’estero”. Sono sempre stato contrario alle Bicamerali per gli italiani all’Estero alla ghettizzazione, in realtà i problemi degli italiani all’Estero si discutono nelle commissioni competenti. Pretendo di essere trattato alla pari del mio collega eletto in Liguria, in Sicilia o in Abruzzo. Quando discuto con i miei colleghi discuto come se stessi rivendicando soldi per la 21° regione d’Italia. Il problema è che lo faccio da una posizione minoritaria perché in Europa su 3.600.000 iscritti AIRE, siamo solo tre deputati e un senatore. La rappresentanza è squilibrata e comunque va anche tenuto presente che non siamo la priorità del Paese.