Leggiamo la Bibbia con il teologo Simone Paganini

Nella linea delle grandi matriarche del popolo d’Israele – Sarah, Rebecca, Rachele, Lea – che non solo hanno adempiuto al loro ruolo di mogli dei più famosi mariti e di madri dei più famosi figli, ma hanno anche contribuito in maniera decisiva allo sviluppo della storia della salvezza – due donne vengono spesso dimenticate. Tuttavia, senza di loro il primo pogrom contro il popolo ebraico di cui narra la Bibbia avrebbe avuto successo.

Il testo letterario all’inizio del libro dell’Esodo è costruito in maniera estremamente artistica. È un racconto in tre scene, che parte da una genealogia che si ricollega al libro della Genesi e ha il suo apice in due tentativi del faraone di distruggere il popolo d’Israele. Entrambi i tentativi falliscono, preparando in questo modo la nascita sorprendente del futuro condottiero del popolo d’Israele, Mosè. L’intero capitolo è caratterizzato da una profonda discrepanza tra il mondo maschile, che comanda, opprime, uccide e distrugge e il mondo femminile, che si prende cura, ha pietà, si commuove e salva.

I primi due personaggi femminili che compaiono all’interno di questo universo violento sono Sifra e Pua, quando si oppongono alla violenza bieca del faraone. Il testo biblico dice che di professione aiutavano le donne al momento del parto. Per questo, il faraone aveva ordinato loro di uccidere ogni bambino degli ebrei appena riconoscessero che questi era un maschietto.

La spiegazione che le due levatrici danno al faraone per giustificarsi di non riuscire a uccidere i bambini, è allo stesso tempo ironica e sarcastica. Ironica perché mostra la superiorità delle donne ebree, che anche nel partorire sono così veloci da non necessitare alcun aiuto. Sarcastica perché le due donne, che svolgono una professione spesso collegata fino all’età moderna con pratiche di stregoneria o di magia, riescono a opporsi al volere del faraone, che in Egitto era considerato alla stregua di un Dio.

In ogni caso, la loro azione salva non solo vite di bambini innocenti, ma mostra ancora una volta come per la storia della salvezza l’apporto di donne coraggiose e delle loro azioni siano elementi fondamentali.

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